Si faceva chiamare Rod Richardson, ma era un poliziotto che per anni ha vissuto da infiltrato nel movimento No Global. Le autorità inglesi rubarono l’identità a un bambino morto nel 1973 per effettuare l’operazione di spionaggio
Un elmetto da rocciatore, un paio di occhiali simili a quelli utilizzati per le immersioni subacquee, una maschera antigas e un fazzoletto rorro intorno al collo. Se esistesse un “manuale del perfetto black bloc” probabilmente indicherebbe di conciarsi in questo modo per resistere alle manganellate della polizia e ai gas lacrimogeni. Di black bloc si cominciò a parlare nel luglio del 2001, da quelle contestazioni al G8 di Genova che fecero il giro del mondo. Per anni nelle fila del movimento antagonista si è detto che in quelle giornate erano certamente presenti infiltrati della polizia nelle fila dei contestatori, tesi che però sono state spesso smentite oppure bollate come “complottiste”. Ebbene, che nelle fila dei manifestanti ci fossero anche agenti di polizia è oggi ufficiale. Il “black bloc” descritto in apertura di questo pezzo si chiamava Rod Richardson, era un poliziotto infiltrato che assunse l’identità di un bambino morto e visse sotto copertura tra i movimenti anarchici inglesi per almeno quattro anni. Ad ammetterlo, per la prima volta dopo 16 anni, è stata la stessa polizia inglese messa alle strette da una commissione parlamentare d’inchiesta.
Chi era l’agente infiltrato nei black bloc Rod Richardson
Come spiega Il Secolo XIX tra i manifestanti del “blocco nero” erano certamente presenti anche dei provocatori delle forze dell’ordine e la storia di Rod Richardson è emblematica. Il sospetto è un agente – di cui non è noto il vero nome – abbia rubato l’identità a un bambino nato il 5 gennaio del 1973 e morto lo stesso giorno. Il Guardian ha rintracciato i genitori del piccolo: “Riteniamo che un ufficiale di polizia abbia rubato l’identità del bimbo – ha testimoniato l’avvocato della famiglia Jules Carey davanti alla commissione – e che sia stato impiegato sotto copertura almeno dal 2000 al 2003″. Che l’infiltrato sia passato anche da Genova nel 2001 lo dicono alcune fotografie e le testimonianze dei “compagni” dell’epoca. Una delle immagini che ne rivelano la presenza ritrae Richardson di fronte a un’auto in fiamme in corso Italia. Da quell’incendio scaturì una delle molte cariche della polizia, che spesso prendevano di mira le aree pacifiche del corteo ignorando del tutto i membri dei black bloc. Attivisti politici dell’epoca hanno raccontato come “Rodders”, questo il soprannome del finto insurrezionalista, era noto nella galassia del “movimento anticapitalista” come un ragazzo particolarmente “sprezzante nel violare la legge e affrontare i poliziotti negli scontri di piazza”. Per gli ambienti della sinistra che parteciparono alle contestazioni di Genova era impossibile sospettare che fosse un agente sotto copertura.
Il video mostrato al processo per pestaggi al G8 di Genova
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Per la prima volta da 16 anni, dunque, vi è la certezza che agenti stranieri si infiltrarono nel movimento italiano. Resta ora da capire – almeno nel caso di Rod Richardson – quale fosse la sua vera identità e cosa fece effettivamente al G8 di Genova, in particolare se si spinse a commettere reati e chi coordinasse il suo lavoro investigativo. Domande alle quali potrebbe tentare di dare una risposta la Procura di Genova se deciderà di approfondire il caso.