A significare che il movimento e il Partito comunista italiano sono stati, nel corso del ‘900, un fantasma che si è aggirato per il Paese tutto, che ne non ne ha trascurato alcun angolo, che è uscito dalla descrizione ectoplasmatica di Marx ed Engels nel “Manifesto” per diventare qualcosa di effettivamente tangibile in ogni dove, tornano ancora oggi le rimembranze di alcuni direttori di giornali di destra che pensano di poter costruire il paragone tra “l’oro di Mosca” del PCI e la vicenda attuale sui rapporti tra esponenti della Lega e la Russia. Si evocano anche i compagni ormai scomparsi: sarà il sole, ma qualcuno lo riferisca ai direttori dei giornali di destra… che purtroppo il compagno Armando Cossutta è morto e che, comunque, se il PCI aveva finanziamenti dal PCUS, nei tempi della Guerra fredda, non mancavano di certo le sovvenzioni economiche dall’altra parte dell’Atlantico alle forze di governo. Assistere alle trasmissioni estive di politica interna è a tratti esilarante perché vengono fuori così tante castronerie e si intersecano tempi e modi della politica che nulla hanno a che fare tra loro con una disinvoltura che è un po’ la cifra del pressapochismo con cui oggi si trattano i fatti e li si trasformano in propaganda, in falsità, mentre il “sentito dire” diventa protagonista principe e principale dei dibattiti squinternati che si tengono principalmente sui “social network”. Persino le chiacchiere “da bar” sono diventate molto più serie di quelle che trovano la loro perversa spirale di batti e ribatti nei “post” che si susseguono e che, per il 90%, sono esclusivamente insulti e nulla hanno a che fare con la voglia di dialogare e di approfondire davvero politicamente o socialmente un tema di attualità. Lo sapevamo tutti che i due grandi blocchi, le due cosiddette “superpotenze” sostenevano chi gli era più vicino: era un gioco tattico che si teneva non solo nell’Italia del dopoguerra, iniziato con il piano Marshall, proseguito con Gladio (di cui si seppero le oscure trame solo dopo la caduta del Muro di Berlino…) mentre nella fragile democrazia repubblicana ogni tanto scoppiava qualche bomba in una piazza, su un treno… mentre si applicava la “strategia della tensione”. Stando ai fatti, i comunisti italiani che si sono riconosciuti nel patto Costituzionale non hanno mai tentato alcun assalto al potere al di fuori delle vie cosiddette “legali” e questo ha suscitato nel corso della vita del PCI e anche di formazioni come il PDUP, lo PSIUP e DP (nonché nella vasta galassia extraparlamentare formata da Lotta Continua, Potere operaio, ecc.) un acceso dibattito proprio sulle modalità per giungere al potere e trasformare la società. Mentre lo spettro del comunismo veniva agitato dai tanti appartenenti alla P2 e ad altre forme organizzate di eversione anticostituzionale e antirepubblicana, proprio i comunisti in Italia hanno protetto la democrazia da tentativi di colpi di Stato che avrebbero spostato a destra tutto l’asse portante della Carta fondamentale del Paese: si voleva fare della Repubblica Italiana una repubblica presidenziale, con leggi speciali, con un pieno controllo dell’informazione da parte dell’esecutivo e con le forze armate non più ispirate allo spirito democratico della Costituzione ma a ben altri spiriti, maligni, fonte di autoritarismo, di un fascismo strisciante che ancora viveva nella Spagna di Francisco Franco e che si mostrava in tutta la sua brutalità nel Cile del generale Pinochet. Altro che “oro” e “soldi da Mosca”. Se oggi ancora non è stata smantellata la Costituzione, nonostante i ripetuti tentativi anche “da sinistra” (ammesso che si possa considerare tale il PD) di cambiarne essenzialmente la seconda parte, quella del rapporto tra i poteri e dell’equipollenza tra gli stessi, è proprio grazie alla resistenza postbellica che i comunisti hanno messo in pratica con le lotte operaie e sindacali che allora erano vissute non solo come garanzia dei propri diritti di classe e tutela del posto di lavoro o delle pensioni ma soprattutto come cardine della vita democratica del Paese, come strumento di difesa della Repubblica vera e propria. I lavoratori, i proletari di allora, che coscienza critica e di classe ne avevano, sapevano di essere una forza e avevano per questo investito molto del loro tempo libero nella lotta sindacale e in quella politica. Non è possibile dunque fare nessun accostamento tra i rapporti di ieri del PCI con la Russia sovietica e ciò che oggi accade tra il sovranismo italiano e quello moscovita: sono cambiati letteralmente i tempi e nessun parallelismo è possibile se non cadendo nel ridicolo e nell’antistoricismo, degno solo di chi guarda gli eventi con la lente del pregiudizio anticomunista, plaudendo poi ai nuovi tentativi di autoritarismo che imperversano in questa povera, disgraziata Italia.