No all’ India, no al Pakistan, vogliamo un Kashmir libero.


Francesco Cecchini


Assieme ai popoli kurdo, mapuche e saharawi anche il popolo kashmiri non ha ancora una patria indipendente.
Il Kashmir non è né India, né Pakistan, ma i due paesi lo credono proprio e ogni tanto si mostrano i denti e si mordono. Circa quattro mesi fa soldati di entrambe le nazioni si sono presi di mira lun laltro lungo la frontiera instabile nel Kashmir, uccidendo almeno sei civili, ferendone altri, distruggendo case e provocando la fuga di migliaia di persone. I combattimenti sono ripresi di notte fino allalba nella cosiddetta linea di controllo che divide il territorio himalayano del Kashmir tra i due rivali dotati di armi nucleari. Le tensioni sono aumentate da quando martedì scorso un aereo indiano ha attraversato il Pakistan , portando avanti quella che lIndia ha definito un attacco preventivo contro i militanti o terroristi accusati di un attentato suicida del 14 febbraio nel Kashmir controllato dallIndia che ha ucciso 40 soldati indiani. Il Pakistan ha reagito, abbattendo un jet da combattimento MiG-21 mercoledì e arrestato il suo pilota, che è stato restituito in India venerdì in un gesto di pace.
Le notizie del giorno sono le seguenti.
Donald Trump, dopo aver incontrato a fine giugno il presidente dell’India Modi e ultimamente quello del Pakistan, Imran Khan,si è offerto di mediare tra Pakistan e India, sulle loro controversie sul Kashmir Naturalmente Trump non mette in discussione il fatto che il Kashmir vuole l’indipendenza. Sia India che Pakista si trovano sulla Nuova Via della Seta che Donald Trump vuole ostacolare.
Il governo indiano giovedì scorso ha inviato altri 25.000 membri delle forze di sicurezza in Jammu e Kashmir, nonostante il governatore Satya Pal Malik abbia dichiarato che tutto era normale. Questi 25.000 si aggiungono ai 10.000 già presenti. Alla faccia della normalità. Lo scopo più che far fronte ad eventuali attacchi de Pakistan, per quelli ci sono esercito ed aviazioni e quello di un maggior controllo militare dei movimenti che vogliono l’indipendenza.
La violenza di quei giorni di febbraio, marzo scorsi settimana è stata la più grave del lungo conflitto latente dal 1999, quando lesercito pakistano ha inviato a Kargil militari nel Kashmir controllato dallIndia . Pakistan e India sin dalla loro indipendenza dal dominio britannico nel 1947 hanno combattuto due delle loro tre guerre sul Kashmir . LIndia accusa il Pakistan di armare e addestrare i ribelli e mandarli nel Kashmir controllato dallIndia per lanciare attacchi contro obiettivi governativi. Il Pakistan nega laccusa, dicendo che fornisce supporto morale e diplomatico ai Kashmiri che lottano per il diritto allautodeterminazione. Gruppi ribelli hanno combattuto il dominio indiano dal 1989 e richiedono che il Kashmir sia un paese indipendente. Il sentimento anti-India è profondo nella regione, e la maggior parte delle persone sostiene la causa dei ribelli contro il governo indiano e partecipa anche a manifestazioni di piazza contro il controllo indiano.
Va detto, però che il movimento per l’indipendenza non è omogeneo. Il Jammu Kashmir Liberation Front (JKLF) ha una posizione corretta; con una lettera ad Antonio Guterres, segretario generale dellONU, ha chiesto un referendum per l’indipendenza. La lettera scritta da Zafar Khan, responsabile degli affari diplomatici del JKLF, ha fatto riferimento alle ricorrenti azioni militari in corso tra Pakistan ed India che costituiscono una minaccia di guerra su vasta scala tra i due paesi sulla disputa del Kashmir pericolosamente aggiunte a una situazione già instabile, non solo per venti milioni di kashmirima per lintera regione dellAsia meridionale e oltre. Il pericolo è una guerra nucleare tra India e Pakistan. Una posizione, come dicevamo, corretta, ma il Jammu Kashmir Liberation Front (JKLF) ha sede a Londra e non è molto presente in Kashmir.

Mappa del Kashmir, diviso tra India, Pakistan e Cina

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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