Buongiorno, caro Boffi, non ho ancora avuto modo di ringraziarla per avermi consigliato Titus Kammerer: le mie nuove scarpe sono davvero eccellenti.

I tavolini del Café Odeon sulla Limmatquai sono quasi tutti occupati in quella bella mattina di marzo. James Joyce, entrando insieme all’amico Frank Budgen, ha subito notato il viceconsole austriaco che sta parlando con tre uomini che invece non conosce. Due li ha già visti nel locale, ma tutti in città prima o poi passano per l’Odeon. Quel caffè gode di una sorta di extraterritorialità nella neutrale Zurigo: è il luogo delle trame, degli incontri segreti, degli affari riservati. In fondo – come insegna Poe – il nascondiglio più inaccessibile deve essere sotto gli occhi di tutti.

C’è anche Giulio quella mattina all’Odeon. Il signor Klemper deve trattare l’acquisto di un’importante partita di pelli di daino e ha voluto che il suo contabile lo accompagnasse. Giulio non conosce l’uomo con cui sta parlando Lenin, che non si è accorto del compagno italiano.

Frank, chi sono quei tre con il viceconsole austriaco? Tu conosci tutti qui in città.

Quello più giovane è Fritz Platten, è socialista. 

Un tuo camarade. Vi chiamate così, vero? E poi?

Uno non lo conosco. Quello con il pizzetto l’ho visto a un paio di riunioni, credo sia russo.

Budgen sa bene che quello è Lenin, ma preferisce non dirlo a Joyce. Quell’incontro con il viceconsole austriaco, che sa essere un agente del controspionaggio, è una cosa di cui preferisce non parlare con l’amico, che di politica capisce poco e che tende a chiacchierare troppo.

Ma dimmi, non devi raccontarmi del nuovo episodio dell’Ulisse?

Certo, caro Frank, ho avuto una splendida idea per l’incontro tra Bloom e Nausicaa.

In quelle prime settimane del 1917 le notizie che arrivano dalla Russia sono frammentarie e confuse, ma Lenin intuisce che finalmente sta succedendo qualcosa nel suo paese. Il popolo è stanco della guerra ed è pronto, almeno a Pietrogrado, a combattere. Deve andare, non può lasciare che la nuova repubblica sia in mano ai borghesi e che la rivoluzione la facciano i menscevichi.

Il problema è come arrivare. Il viaggio via mare lungo la rotta del nord che fanno le navi dell’Intesa richiede troppo tempo, bisogna circumnavigare tutta la Scandinavia, e c’è il rischio di essere colpiti dai sottomarini tedeschi. E poi i compagni svedesi hanno capito che i governi di Londra e Parigi non sono disposti a aiutarlo, preferiscono il governo di Lvov. L’ideale sarebbe passare per la Germania: in pochi giorni sarebbe a Stoccolma e da lì a Pietrogrado il viaggio è sicuro. L’unico problema è riuscire a ottenere il permesso del governo tedesco. Per fortuna Parvus ha ancora dei rapporti con la Germania.

Compagno Aleksandr, benvenuto a Zurigo.

Parvus è arrivato nella grande stazione e Platten è andato a prenderlo. Per ora è meglio che non si incontri direttamente con Lenin.

Come sta Vladimir?

È impaziente di partire. Tu che notizie porti?

Il Kaiser ha dato il permesso al viaggio. Sono qui per prendere gli ultimi accordi con il viceconsole austriaco, che gestirà l’operazione per conto del governo tedesco.

Ma non può attraversare la Germania con l’esplicito consenso di Guglielmo: al suo arrivo sarebbe considerato un traditore.

Lo sapevamo fin dall’inizio che questo è l’aspetto più pericolo del viaggio. I tedeschi vogliono che Vladimir vada in Russia e che da lì riesca, in qualche modo, a trattare la pace. Così potranno concentrare tutte le loro truppe sul fronte occidentale.

Noi non dovremmo entrare in queste beghe dei governi borghesi.

È solo grazie a queste che tu chiami “beghe” che riusciremo a portare Vladimir in Russia. E poi non è Lenin, ma il popolo russo che vuole la pace, e i russi ci saranno grati quando gliela avremo data.

Come sai, Vladimir è molto puntiglioso. Ha detto che il vagone dovrà essere semplice, di seconda classe, con panche di legno, e ha preparato questa lista delle trenta persone che viaggeranno con lui.

Dopo aver salutato Joyce, il viceconsole austriaco comincia a parlare.

Per il vagone, signor Uljanov, non ci sono problemi: sarà come lei ha richiesto. Partirete direttamente da qui: le autorità della Confederazione sono già state informate. Non sono entusiaste della cosa, ma non faranno problemi. Viaggerete solo di giorno. Con voi ci saranno alcuni soldati tedeschi. Nessuno potrà salire o scendere dal treno, il vagone sarà considerato come territorio russo. Voi non potrete comunicare con la popolazione tedesca dai finestrini.

Non voglio ci siano soldati nel nostro vagone.

Questo non è negoziabile.

Allora il treno sarà diviso in due da un confine. Nella parte tedesca ci saranno i vostri soldati e noi staremo in quella russa. E nessuno potrà superare quel confine.

Sta bene. Mi spiace solo che così voi dovrete rinunciare a uno dei due bagni. E questa è la lista di chi salirà sul treno. Abbiamo fatto alcune modifiche a quella che ci ha fatto avere.

Lenin scorre veloce la lista che gli porge l’austriaco. Perché devono esserci anche tre menscevichi e sei bundisti?

Lei non è l’unico che sta trattando con il governo tedesco. E credo sia interesse anche suo non apparire troppo coinvolto con il Kaiser.

Accetto, ma nella lista dovrà esserci anche Zinoviev, che voi avete tolto.

Per me l’uno vale l’altro. Quando ho riscritto la lista mi sono premurato solo della signora Armand. So che lei ci tiene.

L’ultima cosa, nel treno non si dovrà fumare.

Come vuole, per fortuna io non dovrò mai fare un viaggio con lei. Aspettate un momento. Il viceconsole si alza e si dirige verso l’uomo che è appena entrato. Maestro Busoni, come sta? Ho saputo che sta lavorando a un nuovo lavoro teatrale. Sono davvero impaziente di vederlo.

Meyer è tornato al tavolino. Bene, caro signor Uljanov. Credo che a questo punto abbiamo definito tutto. Per quello che riguarda la parte finanziaria credo che dovrò discuterne con il signor Parvus. Comunicherò direttamente a lui la data in cui partirete.

Adelaide, oggi a pranzo Vladimir mi ha detto che partiremo lunedì.

So che è la cosa giusta, cara Nadja, che è quello che devi e vuoi fare, ma sono triste. Mi mancherai. Sei stata una vera amica in queste settimane in questa città straniera.

So come ci si sente a essere sola. Una parte di me vorrebbe stare qui. Per il lavoro alla scuola, per la tua amicizia, per godere di una parvenza di normalità. Ma, sposando come Lenin, sapevo che questa sarebbe stata la mia vita.

Certo non ti mancherà la puzza.

Le due amiche finalmente ridono.

Mi ha detto che sul treno ci sarà anche lei. Che a questo non poteva rimanere più qui e che a Pietrogrado serviranno tutti i compagni più attivi e motivati. Mi ha detto che è finita. 

Ce la farai, Nadja. Ce la farete.

Sarebbe bello se potessi venire anche tu a Pietrogrado.

Magari un giorno… È tornata la signora Kammerer, vieni, andiamo a dirle della partenza.

Nadja è in piedi, osserva quella stanza che tra qualche giorno sarà solo un ricordo. Adelaide le afferra la mano. Andiamo?

Grazie Adelaide, è troppo borghese se piango?

continua… 

per chi se le ha perse, ecco la “puntate precedenti“…

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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