di Jonathan Cook

Si può quasi avvertire il sudore carico di paura che gronda dai pori delle emittenti televisive e dei post sui media sociali mentre alla fine diventa chiaro alla nostra élite politica e mediatica che cosa significa realmente il coronavirus. E non sto parlando della minaccia posta alla nostra salute.

Una visione del mondo che ha cancellato ogni altro pensiero per quasi due generazioni sta giungendo al crollo. Non ha risposte per la nostra attuale emergenza. C’è una specie di tragico karma nel fatto che tanti maggiori paesi – intendendo maggiori economie – siano oggi governati dagli stessi uomini meno equipaggiati ideologicamente, emotivamente e spiritualmente per occuparsi del virus.

Ciò sta emergendo con forza dovunque in occidente, ma il Regno Unito è un caso di studio particolarmente rivelatore.

Il can per l’aia

E’ emerso nel fine settimana che Dominic Cummings, il demone ideologico dietro il buffonesco primo ministro britannico Boris Johnson, è stato centrale nel ritardare la reazione del governo britannico al coronavirus, in effetti dirigendo la Gran Bretagna lungo il percorso italiano (brutto) del contagio anziché lungo quello (buono) della Corea del Sud.

Secondo servizi mediatici del fine settimana, Cummings ha inizialmente bloccato l’intervento governativo, sostenendo dell’epidemia in arrivo che “significa che qualche pensionato morirà, troppo brutto”. Tale approccio spiega l’aver menato il can per l’aia per diversi giorni e poi gli altri giorni di esitazione che solo ora stanno arrivando a una soluzione.

Questo succedeva due settimane fa. Mille erano già morti in tutto il mondo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stava già pregando i governi di imporre il distanziamento e di condurre “test, test, test”. Questa grossolana negligenza del governo di Johnson non dovrebbe mai essere dimenticata né perdonata.

Cummings, ovviamente, nega di aver mai fatto quella dichiarazione, denunciando l’affermazione come “diffamatoria”. Ma lasciamo da parte le formalità. C’è qualcuno che davvero – davvero – crede che non sia stato il primo pensiero di Cummings e di metà del gabinetto quando posti di fronte all’imminente contagio che sapevano avrebbe smontato una teoria economica e sociale che avevano dedicato intere carriere politiche per trasformare in un culto di massa? Una teoria economica dalla quale – per felice coincidenza – derivano il loro potere e i loro privilegi di classe.

E, poco ma sicuro, questi falchi monetaristi stanno già diventando finti socialisti per annacquare le prime settimane della crisi. E ci sono ancora molti mesi da passare.

Abbandonata l’austerità

Come ho predetto nel mio ultimo post, il governo britannico ha abbandonato la settimana scorsa le politiche d’austerità che erano state il riferimento dell’ortodossia del Partito Conservatore per più di un decennio e ha annunciato una prodigalità di spesa per salvare imprese prive di attività nonché membri del pubblico non più in condizioni di guadagnarsi da vivere.

Dalla crisi finanziaria del 2008 i Conservatori hanno tagliato all’osso la spesa sociale e per l’assistenza, creando una grande sottoclasse in Gran Bretagna, e hanno lasciato autorità locali al verde e incapaci di coprire il buco. Nell’ultimo decennio il governo Conservatore ha giustificato il suo approccio brutale con il mantra che non c’era nessun “magico albero degli zecchini” per aiutare in tempi di difficoltà.

Il libero mercato, sostenevano, era la sola via fiscale responsabile. E nella sua infinita saggezza il mercato aveva deciso che l’un per cento – i milionari e miliardari che avevano precipitato l’economia in quel crollo del 2008 – avrebbe reso ancor più oscenamente ricchi quelli che lo erano già.

Nel frattempo il resto di noi avrebbe visto il drenaggio dei propri salari e delle proprie prospettive affinché l’un per cento potesse accumulare ancora altra ricchezza in paradisi fiscali isolani dove noi e il governo non potremmo mai mettere le mani.

Il “neoliberismo” è divenuto un termine mistificante usato per re-immaginare l’ultimo stadio del capitalismo societario non solo come un sistema razionale e giusto, ma come il solo sistema che non comportava gulag o file per il pane.

Non solo i politici britannici (compresa gran parte del Partito Laburista parlamentare) hanno aderito a questo, ma lo stesso hanno fatto tutti i media industriali, anche se il “liberale” Guardian si è molto occasionalmente e molte inefficacemente torto le mani riguardo a se fosse ora di rendere un po’ più premuroso questo turbo-capitalismo.

Solo illusi, pericolosi “settari” di Corbyn la pensavano diversamente.

Una favola opportunistica

Ma improvvisamente, pare, i Conservatori hanno scoperto dopotutto quel magico albero degli zecchini. Era lì da sempre e apparentemente pieno di frutti pendenti in basso che al resto il di noi era permesso di condividere.

Non occorre essere un genio come Dominic Cummings per capire quanto terrificante sia questo momento per il sistema. La storia che ci hanno raccontato per quarant’anni o più riguardo alle dure realtà economiche sta per essere sbugiardata come una favola opportunistica. Ci è stato mentito e preso lo capiremo con grande chiarezza.

E’ per questo che questa settimana il politico Conservatore Zac Goldsmith, un figlio di un miliardario recentemente elevato alla Camera dei Lord, ha descritto come “idiota” chiunque abbia la temerarietà di diventare un “criticone in poltrona” di Boris Johnson. Ed è per questo che l’onorata “giornalista politica” Isabel Oaskeshott – già al Sunday Times e ospite regolare del programma Question Time della BBC – si è dedicata a Twitter per applaudire Matt Hancock e Johnson per il loro sacrificio di sé e la loro dedizione al servizio del pubblico nell’affrontare il virus:

Riservate un pensiero questa mattina al segretario alla sanità @MattHancock che oggi ha quella enorme responsabilità e lavora da matti per cercare di aiutare la nazione a superare questo. I giudizi che lui e @BorisJohnson devono formulare ogni ora sono difficilissimi.

Preparatevi. Nelle prossime settima un numero sempre maggiore di giornalisti risulterà simile ai soldati della stampa della Corea del Nord, con peana all’”amato leader” e richieste che noi ci fidiamo che lui sa cosa deve essere fatto nella nostra ora del bisogno.

Salvataggi

L’attuale disperazione della classe politica e mediatica ha una causa reale, una che dovrebbe preoccuparci tanto quanto lo stesso virus.

Dodici anni fa il capitalismo ha vacillato sull’orlo dell’abisso, con i suoi difetti strutturali rivelati a chiunque si prendesse il disturbo di guardare. Il crollo del 2008 ha quasi mandato in fallimento il sistema finanziario globale. E’ stato salvato da noi, dal pubblico. Il governo si è immerso in profondità nelle nostre tasche e ha trasferito il nostro denaro alle banche. O, meglio, ai banchieri.

Abbiamo salvato i banchieri – e i politici – dalla loro incompetenza economica mediante salvataggi che sono stati di nuovo mistificati passandoli sotto il nome di “alleggerimento quantitativo”.

Ma non siamo stati noi a essere ricompensati. Non siamo diventati proprietari della banche o avuto una qualche partecipazione significativa in esse. Non abbiamo neppure avuto controllo in cambio del nostro enorme investimento pubblico. Una volta salvati da noi, i banchieri sono tornati ad arricchire sé stessi e i loro amici precisamente nello stesso modo che aveva incagliato l’economia nel 2008.

I salvataggi non hanno corretto il capitalismo, ne hanno rimandato più a lungo l’inevitabile collasso.

Il capitalismo è strutturalmente guasto. La sua dipendenza da consumi in continua espansione non può rispondere alla crisi ambientale necessariamente conseguente a tali consumi. E le economie che sono fatte “crescere” artificialmente, contemporaneamente all’esaurimento delle risorse, alla fine creano bolle gonfiate di nulla, bolle che presto scoppieranno.

Modalità sopravvivenza

In effetti il virus è esemplificativo di uno di tali guasti strutturali: un preallarme della più vasta emergenza ambientale e un monito che il capitalismo, intrecciando avidità economica con avidità ambientale, ha assicurato che le due sfere collassassero in tandem.

Pandemie come questa sono la conseguenza della nostra distruzione di habitat naturali: allevare bestiame per hamburger, piantare alberi di palma per dolci e biscotti, tagliare boschi per mobili da montare. Gli animali sono spinti in una prossimità sempre più stretta, forzando malattie. E poi in un mondo di voli a basso costo la malattia trova un transito facile e rapido a ogni angolo del pianeta.

La verità è che in un tempo di collasso, come questo, lungo un decennio, al capitalismo rimane solo “magici alberi degli zecchini”. Il primo, alla fine del primo decennio del 2000, è stato riservato alle banche e alle grandi imprese, l’élite della ricchezza che oggi gestisce i nostri governi come plutocrazie.

Il secondo “magico albero degli zecchini”, necessario per far fronte a quello che diventerà un pedaggio economico sempre più disastroso causato dal virus, ha dovuto essere ampliato per includere anche noi. Il cerchioo della beneficienza è stato allargato non perché il capitalismo improvvisamente si curi dei senzatetto e di quelli che dipendono dai banchi alimentari. Il capitalismo è un sistema economico amorale mosso dall’accumulazione del profitto per i proprietari del capitale. E non siamo né voi né io.

No, il capitalismo è ora in modalità sopravvivenza. E’ per questo che i governi occidentali, per una volta, cercheranno di “salvare” anche segmenti del loro pubblico, restituendo loro parte della ricchezza comune che è stata tolta in molti decenni. Questi governi tenteranno di celare un po’ più a lungo il fatto che il capitalismo è del tutto incapace di risolvere la stessa crisi che ha creato. Cercheranno di comprare la nostra continua deferenza a un sistema che ha distrutto il nostro pianeta e il futuro dei nostri figli.

Non funzionerà indefinitamente, come Dominic Cummings sa fin troppo bene. Ed è per questo che il governo Johnson, nonché l’amministrazione Trump e le sue sagome in Brasile, Ungheria, Israele, India e altrove, stanno redigendo leggi draconiane d’emergenza che avranno un obiettivo di più lungo termine che non quello immediato di prevenire il contagio.

I governi occidentali concluderanno che è ora di puntellare il sistema immunitario del capitalismo contro i loro stessi cittadini. Il rischio è che, data l’occasione, tratteranno noi, non il virus, come l’epidemia reale.

Cook ha vinto il Premio Speciale Martha Gellhorn per il Giornalismo. I suoi libri comprendono “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake Middle East” (Pluto Press) e “Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair” (Zeb Books). Il suo sito web è www.jonathan-cook.net.

da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/our-leaders-are-terrified-not-of-the-virus-of-us/

Originale: www.jonathan-cook.net

Traduzione di Giuseppe Volpe

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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