Riceviamo e pubblichiamo


di Franco Astengo

Il tema è delicato e per certi versi addirittura spinoso ma è necessario entrare nel merito.

In premessa mi preme affermare la piena consapevolezza che formulata adesso un proposta di rilegittimazione del Parlamento (e quindi dell’intero sistema politico) attraverso la celebrazione di elezioni da svolgersi ovviamente a tempo opportuno può ben essere confutata con l’accusa di astrattezza ed eccesso di politicismo.

Purtuttavia ritengo che il tema della legittimità democratica nei termini previsti dalla forma di governo parlamentare prevista dalla nostra Costituzione rappresenti, dopo quella sanitaria, l’emergenza principale che siamo chiamati ad affrontare anche precedendo quella economica.

La pensarono così del resto anche i partiti del CLN che, all’indomani del 25 aprile, si misero al lavoro e in meno di un anno le italiane (per la prima volta) e gli italiani votarono per le elezioni comunali e il 2 giugno 1946 per il referendum e l’Assemblea Costituente.

Andando allora per ordine.

Sulle colonne del “Corriere della Sera” Massimo Franco , pur scusandosi per l’inopportunità del momento, pone chiaro l’interrogativo: i contrasti emersi tra PD e M5S nella stesura del decreto riguardante i prestiti alle imprese non sono altro che un anticipo dello scontro su chi dovrà avere in mano il rubinetto dei soldi nella fase della ricostruzione.

In questa occasione, infatti, il confronto è avvenuto sul ruolo della Cassa depositi e prestiti (in mano grilline) e il Ministero (in mani PD): questo elemento è apparso chiaro rispetto alla questione dello scorporo o meno della SACE da CDP e ha trovato conferma nelle parole del Presidente del Consiglio allorquando esponendo le linee (non ancora completamente definite) del provvedimento ha sottolineato come SACE sarebbe rimasta nel “perimetro” di CDP.

Come ha fatto Massimo Franco mi scuso anch’io perché il momento non appare certo il migliore per affrontare certi argomenti che possono apparire da “bassa cucina dell’autonomia del politico” ma va detto chiaro che lo scontro tra M5S e PD, in questo caso, è un puro scontro di potere sull’adesso e sul dopo e null’altro, non c’è dietro alcuna pretesa ideologica e/o programmatica.

In gioco c’è appunto esclusivamente a chi andrà la paternità politica dell’erogazione dei fondi verso le imprese, un “classico” nella filosofia del M5S di pura estrazione democristiana.

Un’operazione quella del “rubinetto” che, in altri settori come quelli dei bonus individuali e del reddito di emergenza, al M5S piacerebbe si trasformasse addirittura in “helicopter money”.

Il confronto tra i partner di governo si sta anche misurando con i temi del rapporto con l’Europa: il movimento 5 stelle intende archiviare il Mes, restando così in sintonia con l’opposizione di destra, mentre il PD rimane favorevole a utilizzarlo preventivando che non si pongano condizioni e sia sommato all’emissione degli eurobond.

L’articolo di Franco, esaminata la debolezza del governo e la fragilità dell’unità raggiunta per fronteggiare l’emergenza, si chiude con un prudente interrogativo sul dopo.

Dal mio punto di vista cercherò, invece, di essere molto più netto considerato anche che in questa sede non toccano compiti di orientamento dell’opinione pubblica ma si cerca di avanzare una qualche piccola pretesa soltanto sul piano dell’analisi politica.

Dunque, in precedenza all’esplosione della crisi sanitaria (della quale beninteso non si delineano ancora contorni di fuoriuscita) si poteva esprimere grande preoccupazione per l’insieme della evidente fragilità del sistema.

Una fragilità che si ravvisava nell’insufficiente capacità complessiva delle forze politiche di orientare e proporre soluzioni che, nella complessità della fase,non fossero altro che semplicisticamente demagogiche.

Una fase che fino a qualche mese fa appariva caratterizzata principalmente dal processo in atto di fuori uscita dalla globalizzazione e dalla conseguente impennata di peso e di presenza politica delle forze sovraniste .

Oggi il livello di preoccupazione è diverso e molto più accentuato sia sul piano economico, sia su quello della tenuta democratica.

Una preoccupazione che si colloca all’interno del gigantesco meccanismo di angoscia collettiva che stiamo vivendo.

A livello europeo lo scontro tra Nord, Est e Sud, si è molto inasprito e riguarda le scelte da compiere per fronteggiare l’emergenza.

Intanto sul piano interno va ricordato come questo governo sia nato da operazione trasformista solo successivamente ratificata dal Parlamento .

Operazione trasformista di rilevanti proporzioni nella quantità numerica del passaggio di campo (compiuto, infatti, addirittura dal partito di maggioranza relativa e non ai suoi danni come era avvenuto in passato) e guidata da un Presidente del Consiglio capace di transitare da una parte all’altra dello schieramento politico senza mai essere stato eletto da nessuna parte.

Certamente va ricordato e sottolineato come l’operazione trasformista avvenuta nell’estate scorsa avesse trovato una valida giustificazione perché attuata allo scopo di sventare un tentativo di destra teso a ridurre i margini di agibilità democratica, avanzando addirittura una richiesta di “pieni poteri”.

Tutto ciò però non toglie l’evidenza di una debolezza strutturale di quell’operazione che, in caso di crisi verticale nel rapporto con l’opinione pubblica che potrebbe verificarsi proseguendo la necessità di continuare nell’emergenza con provvedimenti restrittivi, potrebbe anche portare a una vera e propria implosione del quadro politico .

A quel punto non potrebbe essere esclusa l’apertura di varchi per avventure autoritarie.

Tanto più che ci si sta muovendo da qualche settimana sul filo delle garanzie costituzionali.

Un pericolo che potrebbe accentuarsi quando ci sarà da avviare una fase diversa da quella strettamente “straordinaria” come quella che stiamo vivendo.

Sarà bene allora che non ci si misuri nuovamente con l’eventualità di promuovere un’altra “manovra di palazzo” magari finalizzata all’avvento di qualche super – tecnico di lusso.

Mi rivolgo allora a quelle compagne e quei compagni con cui si sta lavorando, attualmente da distanza, per un progetto di ricostruzione a sinistra.

Vi rivolgo una domanda secca: non sarà eresia chiedere che si svolga un passaggio elettorale, al momento in cui sarà realistico pensare all’apertura di una fase di prospettiva della ricostruzione?

L’obiettivo dovrebbe essere quello d eleggere un Parlamento capace di ripristinare quella “centralità” prevista dalla Costituzione.

Un nuovo Parlamento la cui elezione dovrebbe avvenire attraverso l’adozione di un sistema proporzionale.

Soltanto il sistema proporzionale può consentire un preciso confronto attraverso una esposizione plurale di diversità programmatiche con lo scopo di fornire un risultato sul piano dei rapporti di forza tale da consentire in Parlamento la formazione di un governo fondato su di un grado di rappresentatività reale e concreta, così come risulterebbe egualmente rappresentativa l’opposizione.

Il rischio che stiamo correndo oggi è quello di un deficit di rappresentatività.

Un rischio, quello del deficit di rappresentatività, ben indicato del resto dall’alto tasso di volatilità elettorale riscontrato nel corso degli ultimi turni parziali di elezioni regioni e amministrative .

Alto tasso di volatilità elettorale che ha reso ormai del tutto incerta la stabilità dei risultati elettorali delle diverse forze politiche.

Deficit di rappresentatività che non può altro che tradursi in un ulteriore deficit di democrazia.

Potrà allora essere possibile da sinistra reclamare questa vera e propria necessità di legittimazione del sistema preparandoci a fronteggiare l’attacco della destra nella maniera più adeguata senza ripararci dentro anfratti manovrieri?

Una domanda che rivolgo a tutti voi ben consapevole delle difficoltà e delle incognite del caso: eppure mi pare si tratti di un percorso di proposta politica che meriterebbe di essere discusso a fondo.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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