riceviamo e pubblichiamo

di Franco Astengo

Rispetto alla tragedia palestinese l’assenza di iniziativa da parte dei democratici e dei progressisti europei (non osiamo pronunciare la parola “sinistra”, né tanto meno “socialisti”) appare assolutamente indicativa di un vuoto che a sinistra non si analizza e, molto più semplicemente, non si sta cercando di colmare.

Paradossalmente ma non troppo, su questo tema cruciale appare molto più netto lo scontro interno ai democratici USA, laddove sia Sanders sia Ocasio Cortez hanno espresso punti di analisi sulla base dei quali può aprirsi un fronte particolarmente importante, mentre l’amministrazione USA (su questo punto perfettamente “continuista”) prosegue nel fiancheggiare e foraggiare la destra israeliana e le sue pulsioni sopraffattrici in chiave razzista.

In Europa, su tutto questo, rimangono silenzi e improvvide sortite come quella di Letta accanto al centro – destra ( errore, se vogliamo chiamarlo così, che non sarà possibile obliare nonostante i goffi tentativi di rimedio).

Certo si sentono nobili voci isolate con qualche manifestazione di dissenso verso la macelleria israeliana ma manca non solo un coordinamento ma proprio l’apertura di una riflessione sulla politica estera italiana ed europea.

Da molto tempo la politica estera rimane il “buco nero” del sistema politico italiano: un “buco nero” che rimane una delle cause più importanti delle evidenti difficoltà del sistema e della stessa democrazia.

Una assenza di politica estera che si sta sviluppando ed evidenziando proprio nel momento in cui si rinnova l’idea di una ripresa del ciclo atlantico in un quadro generale di mutamento profondo nella visione geopolitica e di nuovi livelli di scontro nella dimensione planetaria.

Insomma: la tragedia palestinese evidenzia ancora di più il vuoto, la vera e propria afonia (verrebbe quasi da affermare :”un’afonia di pensiero”) come si cercava di definire all’inizio.

Per una sinistra da ricostruire che voglia anche essere erede di una gloriosa visione internazionalista ci troviamo dunque di fronte a una questione di smarrimento di identità e di perdita di capacità di espressione di egemonia, nel quadro complessivo che andrebbe delineato su uno dei punti fondamenti di una linea strategica come quello riguardante proprio la politica estera.

Serve definire una proposta inserita in una visione che tenga finalmente conto del passaggio in corso da anni dal globalismo alla geopolitica.

Una proposta che esamini sul serio la condizione attuale degli organismi sovranazionali, rifletta sui diritti dei popoli, alzi lo sguardo sulla complessità dei temi in discussione e si proponga anche il recupero di antiche opzioni ancor oggi valide come quella delle proposte di disarmo, della funzione mediatrice nei conflitti, degli accordi multilaterali o bilaterali, dell’appoggio alle iniziative pacifiste.

In questo quadro appare evidente che le iniziative possibili di appoggio al popolo palestinese passano attraverso un’autonomia strategica dalla ripresa del ciclo atlantico da parte di una sinistra capace di declinare un’identità sovranazionale e di definire una visione strategica a dimensione europea.

Di AFV

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