riceviamo e pubblichiamo

Il 10 luglio 1941 decine di migliaia di soldati italiani iniziavano il loro viaggio per partecipare alla guerra di aggressione nazifascista all’URSS, iniziata da Hitler con l’entusiastica adesione di Mussolini.

Era una guerra programmaticamente ed esplicitamente di sterminio, condotta in un’atmosfera esaltata in cui anticomunismo e razzismo antisemita e antislavo si mischiavano in una miscela infernale.

Una violenza inaudita si scatenava sui i popoli dell’URSS che seppero resistere, pagando un prezzo altissimo, fino alla sconfitta del nazifascismo.

La partecipazione dell’esercito italiano a questa infame aggressione è stata coperta nei decenni successivi da una rimozione devastante per la stessa coscienza civile del nostro paese. La giusta pietà per tanti soldati italiani mandati a morire in una guerra assurda è stata usata per coprire le responsabilità storiche non solo dei vertici fascisti ma anche delle alte sfere militari, di settori ampi della società italiana. Lo stereotipo degli italiani brava gente, giustamente denunciato dal compianto Del Boca, è stato usato, anche in questo caso, in modo non innocente per evitare di indagare sui crimini che le truppe italiane compirono tra il 1941 e il 1943, in particolare contro i prigionieri di guerra, contro la popolazione civile, nella repressione del grande movimento partigiano sorto nelle zone occupate dell’Urss.

Agli ufficiali italiani individuati come criminali di guerra -con accuse circostanziate- fu garantita l’impunità. L’avventura militare in Unione Sovietica viene, nel senso comune, rappresentata solo come una penosa ritirata.

È arrivato il momento di dire una parola chiara. Ci giunge, una volta tanto, uno stimolo interessante dalla Germania: ricordando il 22 giugno l’inizio della aggressione hitleriana il presidente tedesco Steinmeier, ha detto parole significative, riconoscendo una memoria non adeguata di quella tragedia e soprattutto l’enorme ruolo dell’Armata Rossa e dei popoli dell’URSS nella liberazione dal nazifascismo. La protesta dell’ambasciatore del governo nazistoide di Kiev conferma la rilevanza dell’intervento. Sarebbe opportuno che anche le massime autorità istituzionali italiane, a partire dal Presidente della Repubblica, riflettessero in questi giorni su questo tragico anniversario.

Di AFV

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