Afghan Taliban fighters and villagers attend a gathering as they celebrate the peace deal signed between US and Taliban in Laghman Province, Alingar district on March 2, 2020. The agreement was signed in Doha, Qatar, by US Special Representative for Afghanistan Reconciliation Zalmay Khalilzad -- the chief US negotiator in the talks with the Taliban -- and Mullah Abdul Ghani Baradar -- the Taliban's chief negotiator. Secretary of State Mike Pompeo witnessed the signing. (Photo by Wali Sabawoon/NurPhoto via Getty Images) (Photo by Wali Sabawoon/NurPhoto via Getty Images)

Parte prima

Una gran parte del mondo politico e culturale italico non stimava del tutto negativo il massacro degli abitanti dell’Afghanistan da parte degli Usa e dell’Occidente (presenti più di mille soldati italiani) in quanto avrebbe posto fine al dominio tribal-feudale e maschilista dei Talebani, islamisti fanatici, rivelando una concezione coloniale e razzista, così persistente in Italia come in tutto l’Occidente.

Purtroppo per questi civilizzatori, per gli Usa è un nuovo Vietnam e per l’Occidente un’ennesima sconfitta in Asia che, a passi sempre più tenaci, si avvia a ritornare agli Asiatici.

Si stima che l’85% del territorio sia sotto il controllo dei Talebani, oramai giunti presso Kabul che controlla solo alcune cittadine, tra l’altro, poste sotto assedio. L’afghan national army è di fatto in rotta, sbandato. Migliaia di soldati rispondono all’appello dei Talebani e si uniscono ai vincitori, mentre ad Herat, nell’Afghanistan occidentale, si era tenuta la cerimonia del ritiro del contingente italiano dal Paese, a venti anni dall’inizio della guerra americana, cui il Bel Paese ha partecipato con migliaia di soldati. Presente il nostro ministro della guerra Lorenzo Guerini.

“Quante vite ancora, quante migliaia di americani, di nostre figlie e di nostri figli siete disposti a rischiare?” Accorato appello del buon Presidente Joe Biden, tanto amato dalle sinistre italiane per bene perché giudicato, in contrapposizione al rozzo Trump, campione di pacifismo. In effetti già ad aprile, Biden aveva annunciato il ritiro che si dovrebbe ultimare l’11 settembre. Di fatto, molte delle più importanti basi sono state evacuate, tanto che si stima che il ritiro dei soldati potrà concludersi entro agosto. Evidente il tentativo presidenziale di occultare la sconfitta militare con le lacrime, con quel gran sentimento di pietà che ha caratterizzato la storia yankee lungo i secoli.

E’ un momento di enorme portata storica. L’asse del dominio politico e militare planetario subisce una svolta determinante in direzione di una presenza sempre più consistente dell’Asia nella geopolitica internazionale, in cui nuove realtà si affacciano autorevolmente mentre l’Egemone statunitense perde pezzi in ogni angolo del pianeta, in una generale caduta di carisma e di credibilità, a favore di una concezione multipolare della governance…

Risulta evidente che i paesi aderenti alla SCO, ovverossia Shanghai Cooperation Organization (tra l’altro, Cina, Russia, India, Pakistan, Iran) hanno maggiori possibilità perché il loro antico sogno che la questione afghana abbia una soluzione asiatica sia finalmente adempiuto … e dovranno ben lavorare con i Talebani sul piano diplomatico, come auspicato in particolare dalla Cina perché vi sia compattamento politico in una regione che richiama politicamente ed economicamente i paesi del centro-Asia (Tagikistan, Kirghizistan…), particolarmente interessati alla questione afghana.

La via della seta risulta così fattibile, grazie al corridoio economico Cina-Pakistan che coinvolgerebbe lo stesso Afghanistan che potrebbe dotarsi finalmente di elettricità, di autostrade, di scuole e di ospedali naturalmente a cura dell’ex Celeste Impero che in cambio potrebbe ottenere dai Talebani la fine delle scorrerie terroriste nello Xinjiang.

Via della seta che, attraverso l’Iran e presumibilmente con la complicità dell’inaffidabile alleato Nato, la Turchia, punta decisamente verso il Mediterraneo e l’Europa.

Di Antonello Boassa

Contro le guerre imperiali innanzitutto, contro le guerre valutarie e del debito, contro le politiche neoliberiste. Contro lo sfruttamento dei lavoratori e dei popoli, contro la devastazione del pianeta, in difesa dello stato sociale e della libertà e dell'uguaglianza sociale di tutte e di tutti, in difesa del mondo animale, Antonio scrive anche per L'Interferenza

Un pensiero su “L’AFGHANISTAN E’ PERSO PER GLI STATES CHE NON RINUNCERANNO A PROVOCARE E A DESTABILIZZARE”

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