Fronte di liberazione del Tigray (Tplf) verso Addis Abeba

Francesco Cecchini

Il Fronte di liberazione del Tigray (Tplf) ha conquistato le città di  Dessie e di Kombolcha nella regione del Amhara a 400 km da Addis Abeba. Stati Uniti e Unione europea hanno sollecitato “tutte le parti” a cessare le ostilità e ad avviare colloqui per un cessate il fuoco, ma il generale Tsadkan Gebretensae, membro del comando centrale del Tplf, ha escluso la possibilità di negoziare  con il governo etiopico, in quanto conflitto sarrebe prossimo alla conclusione. Con la vittoria del Tplf, naturalmente.

Inoltre anche l’   Oromo Liberation Army (Ola) sta pianificando un’avanzata sulla capitale etiope di Addis Abeba. L’   Ola è l’   ala militare del Fronte di Liberazione Oromo. I leader del gruppo perseguono l’indipendenza dell’Oromia, la regione più densamente popolata dell’Etiopia. I combattenti dell’ Ola sono attualmente posizionati a nord e ad est di Addis Abeba e stanno cercando di circondare la città. Lo scorso agosto i leader tigrini e quelli oromo hanno firmato un accordo per condurre azioni congiunte contro il governo etiope per rovesciarlo. Lo ha confermarlo il portavoce del Fronte popolare di liberazione del popolo del Tigray, Getachew Reda, dichiarando che le forze tigrine hanno una alleanza strategica con le unità dell’Esercito di liberazione dell’Oromo. Il leader oromo, Kumsa Diriba, in un’intervista all’Associated Press ha dichirato che “l’unica soluzione ora è rovesciare questo governo con le armi, parlando la lingua che vogliono sentire”.

Una situazione che ha portato il primo ministro etiope Abiy Ahmed a dichiarare uno stato d’ emergenza di 6 mesi e a rivolgere un drammatico appello alla nazione. Da buon Premio Nobel per la Pace ha dichiarato: “Usate qualsiasi tipo di arma per bloccare la spinta distruttiva, per capovolgerla e seppellirla”. Una vera e propria esgerazione con toni da guerra civile per fomentare odi tribali. Di fronte all’  avanzata del Tplf anche il governo regionale Amhara ha dichiarato lo stato di emergenza, sospendendo le normali attività di tutte le istituzioni, imponendo il coprifuoco a partire dalle 20, e invitando a concentrare attività, risorse finanziarie, veicoli e armi, pubbliche e private, in quella che ha definito “la campagna di sopravvivenza” contro la minaccia posta dal Tplf.

 Il fatto più grave è il dramma che stanno vivendo i popoli etiopi, una grave crisi umanitaria. Secondo l’Onu, sono oltre due milioni le persone sfollate a causa del conflitto e circa 400.000 quelle che vivono in condizioni di carestia nel Tigray. “Le ostilità in corso nel nord dell’Etiopia stanno bloccando la fornitura di aiuti umanitari a centinaia di migliaia di persone”, ha ammonito nel suo ultimo rapporto di pochi giorni fa l’   ufficio Onu per gli aiuti umanitari (Ocha). Se “nel Tigray, la situazione umanitaria continua a peggiorare a causa delle restrizioni imposte alla consegna degli aiuti attraverso l’unico percorso che attraversa la regione Afar, da Semere a Macallè”, altrettanto sta avvenendo nelle regioni Afar e Amhara, ha sottolineato l’   Ocha, “perché il conflitto sta interessando più località, causando sfollamenti su larga scala, blocco dei mezzi di sussistenza e insicurezza alimentare”.

Un rapporto, frutto di collaborazione dell’   Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite con la Commissione etiope per i diritti umani creata dal governo, è stato pubblicato un giorno prima dell’ anniversario di un anno di guerra. Tra i risultati dell’  indagine: diversi campi militari etiopi sono stati usati per torturare le forze del Tigray catturate o civili sospettati di sostenerle. Altri sono stati detenuti in “luoghi segreti” e campi militari in tutto il paese, con detenzioni arbitrarie in molti casi. Le forze del Tigray hanno arrestato alcuni civili di etnia Amhara nel Tigray occidentale nei primi giorni della guerra con l’accusa di sostenere i militari, e in alcuni casi li hanno torturati. Michelle Bachelet, l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani  ha affermato:  “Il conflitto del Tigray è stato caratterizzato da un’estrema brutalità. La gravità e delle violazioni e degli abusi che abbiamo documentato ha  responsabili in tutte le parti. . Continuano le segnalazioni di abusi come di esecuzioni sommarie nel Tigray”.

Immagine di un etiope torturato

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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