Il 2021 si chiude nel continente americano con un netto cambio politico verso sinistra ed un duro colpo ai presidenti e alla politica della destra filostatunitense ma il 2022 potrebbe essere ancora più importante.
Alle vittorie ottenute in Perù, Honduras e Cile (sommate a quelle in Nicaragua e Venezuela, e precedentemente di Messico, Argentina, Bolivia e Guyana) i sondaggi dicono che anche Colombia e Brasile potranno aggiungersi alla lista dei paesi che intendono porre fine alle politiche ultraliberiste e di sudditanza nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, delle multinazionali e degli Stati Uniti d’America.

La Colombia e il suo futuro nelle elezioni

I colombiani andranno alle urne il 13 marzo, per rinnovare le due Camere del Congresso.
Successivamente, il 19 maggio ed il 19 giugno (in caso di ballottaggio) eleggeranno il nuovo presidente del Paese.
Al momento, ci sono circa 40 candidati per sostituire la posizione attualmente ricoperta dal presidente della destra ultra filostatunitense Iván Duque, la Colombia è il Paese con più basi militari statunitensi sul suo territorio di tutto il continente (10 quelle ufficialmente dichiarate).

Al momento, secondo i sondaggi, i candidati con più possibilità di raggiungere la presidenza della Colombia sono il candidato delle sinistre Gustavo Petro (42,1% delle intenzioni di voto) , l’ex sindaco di Medellín Sergio Fajardo (18,9%), l’ex sindaco di Bucaramanga Rodolfo Hernández (13,8%) e al quarto posto il candidato del partito Centro Democratico attualmente al governo, Óscar Iván Zuluaga (12,7%).

Brasile

In Brasile, il 2 ottobre ci sarà una mega-elezione, in cui saranno eletti il presidente, il vicepresidente, i nuovi rappresentanti al Congresso nazionale, i governatori e i vicegovernatori statali, le Assemblee legislative statali e la Camera legislativa del Distretto Federale.

Al momento, i candidati principali sono il presidente di ultradestra Jair Bolsonaro e l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva (2003-2010), del Partito dei Lavoratori (PT), che non ha ancora confermato la sua candidatura.

Ad essi si aggiunge anche il candidato dela destra Sergio Moro, che è stato ministro della Giustizia di Bolsonaro dopo essere stato il pubblico ministero e il giudice che ha dapprima accusato e poi condannato Lula mandandolo in prigione, in seguito Moro è stato messo sotto accusa per il ritrovamento di intercettazioni telefoniche nelle quali, insieme ad un giudice federale, conplottavano per incastrare e condannare lo stesso Lula.
Altri candidati sono: João Doria, attuale governatore di destra dello stato di San Paolo, Rodrigo Pacheco senatore del Partito Socialdemocratico (PSD), l’ex deputato Ciro Gomes, del Partito Democratico Laburista (PDT), il senatore Alessandro Vieira (Cittadinanza), Senatore del Mato Grosso do Sul Simone Tebet (Movimento Democratico Brasiliano), il vice di Minas Gerais André Janones (Avante); Luiz Felipe D’Ávila (Novo), e Leonardo Pericle (Unità Popolare).

Secondo vari sondaggi elettorali, se Lula si presentasse, in questo momento vincerebbe al primo turno contro qualsiasi candidato e senza bisogno di dover ricorrere al ballottaggio.
L’ultimo sondaggio che conferma questa tendenza è stato pubblicato a metà dicembre dall’Institute of Intelligence in Research and Consulting (IPEC), Lula otterrebbe il 48% delle intenzioni di voto, rispetto al 21% concesso all’attuale presidente Bolsonaro e il 6% attribuito a Sergio Moro (in Brasile un candidato diventa presidente al primo turno anche se ottiene un vantaggio di oltre 20 punti sul secondo candidato).

Rete solidarietà rivoluzione bolivariana

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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