Flame and smoke rise fron Crimean Bridge connecting Russian mainland and Crimean peninsula over the Kerch Strait, in Kerch, Crimea, Saturday, Oct. 8, 2022. Russian authorities say a truck bomb has caused a fire and the partial collapse of a bridge linking Russia-annexed Crimea with Russia. Three people have been killed. The bridge is a key supply artery for Moscow's faltering war effort in southern Ukraine. (AP Photo)

L’intensificarsi dei bombardamenti russi in territorio ucraino rappresenta la prevedibile reazione alle azioni terroristiche condotte dall’Ucraina e dai suoi burattinai occidentali ai danni della Russia.

Dopo aver presentato in maniera trionfale i presunti successi delle operazioni militari ucraine, la stampa occidentale ha nuovamente palesato il suo doppio standard criminalizzando i bombardamenti russi in territorio ucraino. Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi otto mesi dall’inizio dell’operazione militare speciale, è infatti che il politicamente corretto ci impone di piangere unicamente i morti causati dai bombardamenti russi, che evidentemente hanno più valore rispetto alle migliaia di morti che l’esercito di Kiev e le milizie neonaziste ucraine hanno causato sin dal 2014.

A questo si aggiungono le operazioni terroristiche condotte contro la Russia dall’Ucraina e dai suoi burattinai occidentali con sede a Washington. Gli atti di terrorismo, è bene sottolinearlo, non possono essere messi sullo stesso piano delle operazioni belliche convenzionali, e rappresentano una maniera subdola e vigliacca di colpire il nemico, oltre che una forma di escalation che non può portare altro se non ulteriore distruzione. Ricapitolando, sono almeno quattro i principali atti di terrorismo dei quali è stata vittima la Russia a partire da agosto:

1) l’omicidio di Dar’ja Dugina, sul quale persino gli Stati Uniti non sembrano avere piu dubbi circa il coinvolgimento diretto dell’Ucraina;
2) il ricatto nucleare della centrale di Zaporož’e, continuamente bombardata dagli ucraini, con rischi per la sicurezza dell’intero continente europeo;
3) il danneggiamento dei gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2, dei quali ancora non si conoscono con certezza i colpevoli, sebbene tutti gli indizi portino ad individuare i mandanti negli Stati Uniti;
4) in ultimo, il recente attentato al Ponte di Crimea – noto anche come Ponte di Kerč’ -, per il quale i responsabili hanno ancora una volta sede a Kiev.

Se la responsabilità ucraina sui primi due punti oramai non viene più messa in dubbio da nessuno che abbia buonsenso, le colpe dell’Ucraina e degli Stati Uniti stanno diventando sempre più evidenti per quanto riguarda gli altri due casi. In riferimento agli attentati contro i due gasdotti che collegano la Russia alla Germania, ha preso la parola anche il presidente Vladimir Putin: “Come sapete, ai rappresentanti russi non è consentito indagare sulle cause delle esplosioni e della distruzione dei sistemi internazionali di trasporto del gas che passano attraverso il fondo del Mar Baltico, ma conosciamo tutti il ​​beneficiario finale di questo crimine“, ha affermato il leader della Federazione Russa, facendo chiaro riferimento ai grandi vantaggi che gli Stati Uniti potranno tranne da questo evento.

Sergej Kuprijanov, portavoce ufficiale della Gazprom, ha ricordato, in un’intervista rilasciata al canale televisivo Rossija-24, che un tentativo di sabotaggio da parte della NATO avvenne già nel novembre del 2015: “È necessario ricordare gli sviluppi del gasdotto Nord Stream che erano già stati registrati in precedenza. Questo caso è ben noto. Il 6 novembre 2015, il veicolo subacqueo senza pilota per lo smaltimento delle mine della NATO, Seafox, venne trovato durante l’ispezione visiva programmata del gasdotto Nord Stream 1. Si trovava nello spazio tra i gasdotti, chiaramente vicino a uno dei tubi“, ha ricordato Kuprijanov. “La NATO disse che il veicolo per lo smaltimento delle mine era andato perso durante le esercitazioni. Ma un ordigno esplosivo da combattimento si è rivelato trovarsi esattamente sotto il nostro gasdotto“.

Tali azioni hanno portato, non a torto, le autorità russe a definire l’Ucraina uno Stato terrorista. A ribadirlo è stato, tra gli altri, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov: “L’Ucraina non dovrebbe essere uno Stato terrorista che terrorizza la sua propri cittadini“, ha detto il massimo diplomatico russo in un’intervista rilasciata ieri alla rete televisiva Rossija-1. “Non dovrebbe essere un Paese al quale viene permesso tutto e la cui impunità supera tutti i confini e porta all’omicidio di giornalisti, personaggi politici e deputati della Verchovna Rada (il parlamento di Kiev, ndr)”. Secondo il ministro, la Russia non può permettere che i cittadini ucraini che si considerano russi o di lingua russa siano privati dei propri diritti: “Non si tratta solo dei residenti del Donbass, ma di come i nazionalisti ucraini trattano i cittadini pacifici, come sta accadendo ora in quelle aree della regione di Charkov e in parti della regione di Zaporož’e in cui sono entrati“.

Alla luce delle attività terroristiche portate avanti dal governo ucraino con il sostegno degli Stati Uniti e della NATO, non deve sorprendere che la Russia abbia deciso di intensificare i bombardamenti sul territorio di quel Paese. Il 10 ottobre, il presidente Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia ha lanciato un massiccio attacco contro le strutture energetiche, il comando militare e i centri di comunicazione ucraini. Come riportato dal ministero della Difesa russo, l’attacco è stato sferrato con armi di precisione a lungo raggio contro i centri di comando, le comunicazioni e le strutture energetiche dell’esercito ucraino. Secondo quanto riportato dalla stampa russa e confermato dal ministero dell’Energia ucraino, quasi il 30% delle infrastrutture energetiche ucraine è stato oggetto di attacchi missilistici negli ultimi due giorni.

Allo stesso tempo, il conflitto non sembra destinato a cessare a breve tempo, visto che gli Stati Uniti continuano a giocare alla guerra sulla pelle di russi e ucraini: “Sentiamo dichiarazioni ufficiali dell’attuale amministrazione e dell’esercito USA sulla loro intenzione di continuare a fornire armi [a Kiev] e di prolungare effettivamente questo conflitto, rendendolo così il più doloroso possibile per la parte ucraina. Per il momento, questo è esattamente quello che vediamo“, ha commentato Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino. “Le autorità statunitensi intendono continuare a incolpare e condannare la Russia, chiudendo un occhio sui crimini del regime di Kiev, e ignorando totalmente ciò che il regime di Kiev sta facendo in quei territori che sono già diventati parte della Russia“, ha aggiunto Peskov.

Anche Anatolij Antonov, ambasciatore russo negli Stati Uniti, ha condannato il coinvolgimento degli USA nel conflitto ucraino: “Percepiamo le dichiarazioni della leadership statunitense sulla loro intenzione di sostenere Zelens’kyj con forniture aggiuntive di prodotti militari, inclusi gli ultimi modelli, come un’altra prova che Washington si è assicurata il proprio status di partecipante al conflitto“. “Tale assistenza, oltre a fornire a Kiev intelligence, istruttori e linee guida di combattimento, porta a un’ulteriore escalation e aumenta i rischi di uno scontro tra Russia e NATO“, ha osservato il diplomatico russo. “Per non parlare delle forze ucraine che usano ripetutamente armi occidentali per colpire le infrastrutture civili e gli edifici residenziali“.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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