Secondo il Guardian, gli interessi legati ai mondiali di calcio in Qatar si estendono non solo alla geopolitica ma anche al settore militare

Abbiamo scritto dei morti sul lavoro, delle operazioni pubblicitarie di greenwashing e del devastante problema dell’acqua. Alla tragedia che sono i Mondiali di calcio del 2022 assegnati al Qatar mancava giusto un ultimo tassello per diventare l’evento sportivo più improponibile di sempre: la dimensione militare e la guerra. Eccola qui. D’altronde, che i grandi eventi sportivi siano sempre serviti per formare, strutturare, organizzare e rinforzare gli eserciti delle peggiori dittature è cosa nota. Dal Brasile all’Argentina, dal Sudafrica alla Russia. E ovviamente il Qatar non fa eccezione.

In Qatar, in vista della coppa sono arrivati «24 jet tra British Typhoon e Hawk Mk167s e ben 36 fighter jet US F-15QA, 24 elicotteri da combattimento US Apache, 28 elicotteri NH90 (questi glieli abbiamo venduti noi italiani, ndr), 36 aerei Rafales e due A330 MRTT». Come apprendiamo dal Guardian, che ci informa anche della presenza sul territorio dell’emirato del Golfo di migliaia di alti ufficiali e militari specializzati inviati da Nato, Turchia e Corea del Sud. Per non parlare delle milizie private, spesso made in Usa, che già in Brasile la facevano da padrone.

Perché la situazione nel Golfo è esplosiva. Soprattutto da quando il vecchio sceicco, padre dell’attuale sovrano, ruppe le relazioni di dipendenza dall’Arabia Saudita. Da allora i rapporti tra i due emirati sono ai minimi storici, con battaglie diplomatiche e non solo – vedi le ingerenze incrociate nelle primavere arabe, la recente invasione del Bahrein da parte dell’esercito saudita, o il conflitto contro terzi che è stato il lungo finanziamento alle varie organizzazioni terroristiche. In un inestricabile ginepraio, si può semplificare al massimo dicendo che se l’Arabia mantiene un generale controllo sulle altre monarchie del Golfo, l’unico avversario è proprio il Qatar.

Ecco perché, sostiene il Guardian, rileggendo a posteriori l’ultimo decennio in cui il Qatar è sbarcato nel calcio europeo, forse abbiamo sbagliato a capirne i motivi. Le ingenti somme versate a club stellari come Paris Saint Germain, Barcellona e molti altri, culminate con l’ottenimento dell’organizzazione dei Mondiali, non erano semplici operazioni di softpower o sportwashing, in buona sostanza dei costosi modi di accreditarsi economicamente e culturalmente presso le segreterie occidentali. Ma erano la via più semplice e invisibile, in quanto sotto gli occhi di tutti, per legittimarsi militarmente come Stato sovrano e rinforzare il proprio arsenale. Anche a questo serve Qatar 2022.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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