Nelle ultime settimane i media internazionali stanno dedicando ampio spazio al forte numero di perdite da parte dell’esercito russo, evocando il paragone innescato da Newsweek, con il Vietnam. Si moltiplicano così gli articoli dedicati al malcontento delle truppe, al “sacrificio di vite”, addirittura alla “strage dei riservisti”, abbandonati e lasciati morire, inadeguatamente formati e attrezzati. 

Qualche giorno fa una lettera firmata dai «marinai della 155esima brigata della flotta del Pacifico» e indirizzata al governatore di Primorye, Oleg Kozhemyako, ripresa dalla Cnn, ha fatto il giro del mondo, destando orrore, sdegno e compassione per il destino dei soldati russi massacrati nella cittadina di Pavlivka, vittime di una trappola ucraina. Il Cremlino ha minimizzato l’entità delle perdite, respingendo le accuse lanciate nella lettera, come riportato da Novaya Gazeta, destando persino sospetti sulla genuinità della missiva. 

In Italia numerose testate hanno condiviso il contenuto della lettera, diffondendo l’idea che ci sia una rivolta in corso contro i vertici militari (Adnkronos: “Russia, unità élite dell’esercito si rivolta contro comandanti”), sebbene la stessa Repubblica in un breve passaggio dell’articolo, carico di pathosammetta che si possa trattare di un “apocrifo” e di “una polpetta avvelenata” architettata dall’intelligence militare ucraina. I media di massa hanno però preferito, sulla base della tecnica dell’empatia, ignorare la replica del Cremlino e solidarizzare con i presunti autori della missiva che attesterebbe la narrazione sulla catastrofe in corso tra le fila delle truppe russe. 

La comunicazione emotiva sfrutta infatti l’empatia per creare un corto circuito a livello razionale e veicolare una suggestione o un’idea in maniera inconscia. Colpire l’emotività del pubblico, evocando rabbia e disprezzo verso un fatto, aumenta la probabilità di motivarlo alla condivisione della notizia. Questa tecnica si avvale anche della diffusione di fake news, in particolare in tempi di guerra, per plasmare l’opinione pubblica e orientarne il consenso.

Ad alimentare la versione delle perdite tra le truppe russe si aggiunge un filmato condiviso il 6 novembre su Twitter da Nexta TV, canale di informazione bielorusso e filo-ucraino, che mostra chilometri di tombe, a bordo stradasu cui sventolano la bandiera russa e quella dell’ex Unione Sovietica. Il filmato è accompagnato da un commento sarcastico: «Putin ha liberato il Luhansk dagli invasori». Da qua, Open e Repubblica non hanno perso tempo a pubblicare i relativi articoli sul «viale di lutti infiniti», una «fila sterminata di tombe dei soldati russi, con le corone funebri e le bandiere dei reparti», immagini che «permettono di capire il sacrificio di vite pagato dal popolo russo per l’invasione dell’Ucraina». L’idea è che i cimiteri sono sovraffollati e i soldati russi morti devono essere seppelliti sul ciglio della strada o in un’aiuola.

Dalle redazioni di questi media, solerti sostenitori di fact-checking e debunking, nessuno dei “professionisti dell’informazione” ha verificato la notizia,  si è posto alcune domande banalissime ma cruciali. Come osserva Francesco Santoianni, come si fa a essere certi che si tratti di soldati russi e non di civili ucraini (verosimilmente del Donbass)? Perché chi ha girato il video non ha deciso di riprendere anche le lapidi? Come mai l’esercito russo seppellisce i suoi soldati in Ucraina per strada? Com’è possibile che l’esercito russo abbia trovato così tanti fiori per le tombe? Domande più che lecite che sono state volutamente ignorate per suffragare la solita propaganda filo-ucraina

Per rispondere a queste domande e svelare la falsità della ricostruzione di Nexta, ci viene in soccorso il canale Telegram Warfakes che ha messo a confronto le immagini del video con le fotografie del New Cemetery di Kamennyj Brod a Lugansk. Le tombe del video di Nexta non sono state ricavate lungo la strada ma si trovano nel viale commemorativo dei soldati caduti del Donbass, vittime dei bombardamenti e degli eccidi commessi dal 2014 dalle truppe e milizie ucraine. Dal video si può inoltre vedere che sulle tombe precedenti sono già state installate croci di pietra e su quelle nuove, per il momento temporanee, di legno. 

La verità è, ancora una volta, molto più semplice e lineare della versione di comodo, abbracciata dai professionisti della disinformazione.

[a cura di Enrica Perucchietti]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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