Brigitte Boccone-Pagès, rieletta a capo del governo, e altri esponenti politici sono stati molto chiari sul fatto che il Principato di Monaco non entrerà a far parte dell’Unione Europea: “Non mi sembra che stiamo morendo di fame e di sete” senza l’UE.
Il 5 febbraio sono stati chiamati alle urne gli elettori del Principato di Monaco, uno dei Paesi più piccoli del mondo, con una superficie di poco superiore ai due chilometri quadrati ed una popolazione che non arriva a 40.000 abitanti. Il Principato è anche dotato di uno dei parlamenti meno numerosi del pianeta per uno Stato indipendente, con appena 24 seggi, tutti finiti nelle mani della coalizione denominata Union Nationale Monégasque (UNM), alla quale aderiscono tre partiti: Priorité Monaco (PriMo!), Horizon Monaco e Union Monégasque.
Le formazioni che compongono la coalizione di governo sono tutte orientate al liberismo e al conservatorismo, eppure sono caratterizzate da una forte opposizione all’ingresso di Monaco nell’Unione Europea. Periodicamente, infatti, nel Principato si dibatte di un possibile ingresso nell’UE, ma sia i cittadini che i leader politici del ministato hanno sempre dimostrato di essere decisamente contrari a questa ipotesi.
Brigitte Boccone-Pagès, presidente del Consiglio Nazionale, ovvero capo del governo, in carica dall’ottobre del 2022, è stata molto chiara al riguardo in occasione dell’ultimo vertice dell’UNM prima delle elezioni, tenutosi il 15 gennaio al Méridien. Nonostante le spinte della minoranza europeista, capeggiata da Stéphan Machère-Doherty, la leader della coalizione ha affermato che la questione dell’adesione all’UE non si pone nemmeno, ribadendo che il Principato di Monaco non è disposto a scendere a compromessi con le autorità di Bruxelles.
Régis Bergonzi, candidato parlamentare molto vicino a Boccone-Pagès, è stato ancor più eloquente: “Al momento non siamo legati all’Unione Europea. Per caso stiamo morendo di fame e di sete? Non mi pare”. Altri membri della coalizione di governo sono intervenuti per ribadire questo punto di vista, utilizzando argomentazioni più o meno razionali, come quella secondo la quale con l’ingresso nell’UE 450 milioni di europei vorrebbero andare ad abitare a Monaco.
A spingere per l’ingresso del principato nell’UE sono unicamente i grandi capitalisti che vorrebbero ampliare le loro possibilità di esportazione. “Questi ostacoli giuridici e amministrativi – dovuti alla non appartenenza di Monaco all’UE – hanno un effetto negativo sul fatturato delle imprese, e quindi sulla loro redditività, e di conseguenza, a lungo termine, sull’occupazione“, secondo quanto affermato dai rappresentanti delle industrie monegasche. Viceversa, i prodotti ei servizi europei sono commercializzati liberamente sul territorio monegasco.
In realtà, al Principato di Monaco basterebbe raggiungere un accordo di reciprocità con Bruxelles, senza considerare che, nel concreto, molte imprese monegasche già aggirano questi ostacoli stabilendo la propria sede legale nei comuni francesi limitrofi. Secondo un articolo pubblicato da Sabrina Bonarrigo su L’Observateur de Monaco, “l’obiettivo di questo accordo di associazione è rimuovere gli ostacoli incontrati dagli operatori economici monegaschi nell’accesso al mercato interno europeo”. Dal canto loro, i grandi capitalisti europei non vedono l’ora di accogliere Monaco nell’UE, potendo in questo modo godere a pieno titolo di tutti i vantaggi fiscali che il Principato offre.
Per convincere i reticenti, gli europeisti utilizzano le solite argomentazioni che hanno propinato per abbindolare il resto del continente, vendendo la storia della facilità di spostamento, o della possibilità di lavorare e studiare all’estero, sventolando la solita bandiera dell’Erasmus. Tuttavia, i monegaschi sembrano essere consapevoli di quanto avvenuto in Europa negli ultimi quindici anni, ovvero da quando le contraddizioni dell’Unione Europea in regime capitalista sono venute pienamente a galla, e non sono affatto intenzionati a cascare nella trappola.
Non dimentichiamo che il Principato di Monaco ha già stipulato diversi accordi con l’Unione Europea, principalmente attraverso la Francia, tant’è che il ministato viene comunque considerato come membro de facto dell’Area Schengen e utilizza l’Euro come propria valuta ufficiale, ma senza dover sottostare ai vincoli economici europei che hanno ridotto alla fame le classi lavoratrici del continente.
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