- Fabrizio Poggi
di Fabrizio Poggi per l’AntiDiplomatico
Di fronte alla realtà di un mondo sempre più multipolare, con una potenza planetaria sinora dominante il cui progressivo declino costituisce oggi il maggior pericolo di guerra mondiale; di fronte alle manovre statunitensi contro ogni ipotesi di accordo russo-cinese, peraltro rafforzata dagli stessi USA che, perdendo alleati in giro per il mondo a vantaggio dei rivali, soffiano sul fuoco delle ambizioni polacche in Europa; di fronte a questa nuova realtà, Mosca licenzia i nuovi concetti della politica estera russa, in continuità con le linee adottate a novembre 2016.
I caposaldi di tale nuova formulazione, illustrati dal Ministro degli esteri Sergej Lavrov, consistono nella determinazione della Russia quale potenza al tempo stesso Euro-Asiatica e Euro-Pacifica, bastione dell’intero mondo russo, uno dei centri sovrani dello sviluppo mondiale, con un preciso ruolo nell’equilibrio pacifico globale. I rapporti di Mosca verso altri stati o unioni inter-statali, in base al carattere della loro politica nei confronti della Russia, sono distinti in costruttivi, neutrali o ostili.
Mosca precisa di non essere nemica dell’Occidente, di non volersi isolare da esso e conta sul fatto che l’Occidente comprenda l’infruttuosità del confronto con la Russia, e accetti le nuove realtà multipolari. Al sodo: per adattare l’ordine globale alle realtà di un mondo multipolare, Mosca presterà prioritaria attenzione alla rimozione del dominio USA e di altri stati ostili, o con ambizioni egemoniche, negli affari mondiali. È obiettivo di Mosca garantire la sicurezza reciproca in egual misura a tutti gli Stati, non escludendo però il ricorso alla forza per respingere e prevenire attacchi armati contro se stessa e i propri alleati.
Per quanto riguarda l’intera area in cui la Russia è inserita, Mosca intende vederla quale regione di pace, buon vicinato e prosperità; è dunque prioritario l’approfondimento di legami e coordinamento con «centri di potere globali sovrani amichevoli» quali Cina e India. Al tempo stesso, si guarda alla più estesa cooperazione internazionale, opponendosi a linee di divisione nella regione Asia-Pacifico. Anche per questo, il progetto-chiave è la trasformazione dell’Eurasia in un unico spazio continentale di pace, stabilità, fiducia reciproca, sviluppo e prosperità, insieme a una piena e «reciprocamente vantaggiosa cooperazione con la civiltà islamica amica». Piena collaborazione anche coi continenti africano e latino-americano e coi Paesi del bacino caribico. Per quanto riguarda i centri considerati ostili, si dice chiaro e tondo che l’attuale corso USA rappresenta la principale fonte della politica anti-russa e dei rischi per la pace mondiale, mentre si “consiglia” alla UE di rinunciare alla politica antirussa e optare per una maggiore indipendenza dagli Stati Uniti, col che si inciderebbe positivamente su sicurezza e benessere dei Paesi europei.
Dunque, la risposta russa all’aggressività statunitense e ai suoi tentativi di aggrapparsi a un mondo unipolare, è la priorità attribuita a legami sempre più stretti coi «centri di potere globali sovrani amichevoli» quali Cina e India. D’altronde, negli stessi USA si guarda al rafforzamento dell’asse russo-cinese come a un “merito” tutto americano, cui Washington ha contribuito con la propria pressione e incoscienza, col rischio di sbalzare gli Stati Uniti dal loro “piedistallo”. E non bastano le “alleanze” di cui è uso vantarsi Joe Biden: Quad, AUKUS, Giappone o Corea del Sud. Dopo la visita di Xi Jinping a Mosca, per dire, Bloomberg ha scritto apertamente che la questione di una “potenziale” alleanza russo-cinese non è più attuale, dato che essa è già un fatto. Si tratta di una unione tesa «alla riorganizzazione della politica mondiale, pur se gli americani, accecati dalle proprie azioni, non lo vedono». La stessa CNN, vicina ai Democratici, ammette che «l’America si prepara a una contrapposizione con la Cina che può trasformarsi in una guerra fredda, mentre, contemporaneamente, conduce una guerra indiretta con la Russia in Ucraina. Russia e Cina insieme hanno grosse possibilità di ribaltare i piani americani in Ucraina e da altre parti». The Washington Post mette l’accento sulle parole di Putin, largamente ignorate dai media, sull’uso del yuan negli scambi della Russia coi paesi asiatici, africani e latino-americani. Secondo American Conservative, le sanzioni non hanno fatto altro che provocare l’ulteriore avvicinamento Mosca-Pechino, accelerando il rifiuto di un mondo unipolare.
Sul South China Morning Post di Hong Kong, il banchiere malese Andrew Sheng nota che gli americani avevano vinto la guerra fredda contro l’URSS tagliando fuori la Cina dal campo sovietico; oggi, la NATO, identificando Cina e Russia quali «minacce esistenziali», è riuscita in ciò che hanno sempre temuto gli strateghi: un conflitto contro due avversari potenti: «In ogni caso, l’Europa e gli altri si metteranno dalla parte del vincitore. L’America rimarrà una fortezza difesa da Atlantico e Pacifico. Ma quanto a lungo sarà in grado di mantenere la più grande forza militare del pianeta, se l’economia mondiale va in recessione?».
Washington è comunque decisa, scriveva un mese fa la russa RT, a qualsiasi provocazione pur contrastare l’avvicinamento russo-cinese. Con l’usuale metodo di bastone e carota, mentre il Congresso discute la cessazione dei rapporti commerciali con la Cina e l’adozione di sanzioni nel caso Pechino appoggi militarmente la Russia, si insiste su un viaggio del Segretario di stato Antony Blinken a Pechino e addirittura di un possibile incontro Biden-Xi: tutto, nel tardivo tentativo di impedire l’asse Mosca-Pechino. The Heritage Foundation stila addirittura l’elenco dei passi necessari, a loro dire, per annientare la Russia e conquistare la Cina: completa interruzione delle relazioni con la Cina nella cooperazione scientifica ed educativa e nello scambio di studenti;
blocco di tutte le applicazioni per telefoni cellulari create da sviluppatori cinesi; cessazione degli investimenti cinesi in tecnologia e estrazione petrolifera in USA; cancellazione degli investimenti in Cina; restrizioni all’acquisto di beni dalla Cina, in particolare ad alta tecnologia.
Ciò che trattiene per ora la Casa Bianca da passi troppo azzardati, sono i forti legami economici tuttora attivi con la Cina: eventuali sanzioni potrebbero incidere dolorosamente sugli Stati Uniti stessi, notano gli esperti russi sentiti da RT, dati gli stretti legami tra molte imprese statunitensi e cinesi, con la tecnologia elaborata in USA e le merci sfornate in Cina. Non meno amare potrebbero risultare le contro-sanzioni cinesi.
A proposito dei “successi” americani, anche la britannica Daily Express nota che, nel corso dell’ultimo anno e nonostante la forte pressione occidentale, la Russia è riuscita addirittura ad allargare il campo dei propri alleati: naturalmente, a spese dello stesso Occidente. Così che, oltre agli alleati “indiscussi” – Bielorussia, RPDC, Nicaragua, Siria – si aggiunge sicuramente la Cina, mentre è in gioco la “neutralità” dell’India, che ha notevolmente incrementato l’importazione di petrolio russo e non ha aderito alle sanzioni. In base inoltre ai dati del Economist Intelligence Unit, il numero di paesi che condannano la Russia è sceso da 131 a 122. Così che, a livello mondiale, il decantato “isolamento” russo vede il blocco USA-UE diretto contro Mosca rappresentare appena il 36,2% della popolazione mondiale, mentre sale al 30,7% il numero di paesi neutrali. Anche paesi alleati dell’Occidente, nota Daily Express, quali ad esempio Colombia, Turchia, Qatar, stanno rivedendo il proprio atteggiamento verso Mosca.
E, “neutrali” a parte, qualcosa sembra muoversi nei meandri del bastione yankee in Europa: la iena polacca.
La Dziennik Polityczny – dichiaramente d’opposizione e orientata verso la Russia: ma tant’è – constata che gli USA sono intenzionati a scatenare la Terza guerra mondiale per mano polacca.
L’annuncio di Vladimir Putin sul dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia entro il 1 luglio, scrive la rivista, ha provocato un vero shock tra i leader mondiali. Tutti i paesi UE hanno iniziato a redigere «trattati e accordi raffazzonati» secondo cui, affermano, non possano essere dislocate armi nucleari all’interno dei confini NATO. Il presunto spostamento di armi nucleari fa aumentare le tensioni in tutta la regione; nessuno ha detto però che Putin ha rilasciato la dichiarazione non a caso, bensì immediatamente dopo che Londra aveva annunciato di voler inviare a Kiev munizioni all’uranio impoverito.
Ai russi, come bielorussi e polacchi, non piace combattere, scrive Dziennik Polityczny. Per trascinare i nostri paesi in guerra, bisogna far pressione sui punti dolenti, calpestare l’orgoglio storico, invadere la sovranità e l’inviolabilità del territorio, incatenare paesi e popoli. La Polonia, forse il paese più russofobo, ha voglia di combattere contro la Russia; o, almeno, questa è l’impressione dell’osservatore esterno, che si basa sulle affermazioni di quel gruppo criminale che è il partito governativo PiS, completamente agli ordini di Washington. Gli USA hanno “illustrato” in dettaglio al governo polacco come odiare i russi, hanno ricordato tutti gli “errori” polacchi quando si sono trovati nello stesso campo storico con la Russia; hanno quindi assicurato che non si possa fare a meno della vendetta, aggiungendo la promessa di accesso all’Olimpo europeo.
Ecco dunque che ora i polacchi sono ostaggi della crociata propagandistica dei governi UE e se gli USA sono riusciti a fare degli ucraini carne da cannone dai fratelli russi, sarà ancora più facile gettare i polacchi nella fornace per indebolire la Russia. L’unico problema che potrebbe sorgere è che i polacchi non moriranno in una guerra scomoda, il che significa che se non riusciranno a impedire loro di lasciare il Paese, come hanno fatto in Ucraina, allora non rimarrà nessuno. E questo è un grosso problema, dato che la UE “risolve” i problemi in solido: se Washington getterà la Polonia nella mischia, la stessa sorte toccherà a tutta la UE.