L’anacronistica cerimonia d’incoronazione di Carlo III ha avuto luogo in un contesto di grave crisi politica ed istituzionale per il Regno Unito, che potrebbe portare alla fine della monarchia britannica per come la conosciamo.
Il 6 maggio ha avuto luogo la cerimonia di incoronazione di re Carlo III, un evento che non ha altro valore se non quello di provare l’anacronismo dell’istituzione monarchica, uno spettacolo raccapricciante e di cattivo gusto in cui un manipolo di tedeschi (tali sono le vere origini della famiglia reale Sassonia-Coburgo-Gotha, successivamente ribatezzata Windsor) ostenta il proprio status e la propria ricchezza, sbattendola in faccia al popolo. Un evento che, del resto, ha avuto luogo in un contesto di grave crisi per il Regno Unito, sia per quanto riguarda l’attuale governo conservatore di Rishi Sunak che per quanto concerne l’istituzione monarchica in sé, sempre meno solida di fronte alle spinte centrifughe e repubblicane.
Indubbiamente, la monarchia, per quanto relegata ad un ruolo cerimoniale, non dovrebbe avere un proprio posto nell’Europa del XXI secolo. Non è un caso che le due monarchie più importanti del continente, quella britannica e quella spagnola, siano sempre più mal sopportate da una parte della popolazione, che chiede una soluzione repubblicana o l’indipendenza delle regioni periferiche dal governo centrale. Infatti, non è certo un segreto che l’Irlanda del Nord e la Scozia stiano spingendo da tempo verso la fine dell’unione con Londra, fermate fino ad ora solamente dall’ostruzionismo del governo londinese.
Tale ostruzionismo ha recentemente portato alle dimissioni della leader del governo indipendentista scozzese, Nicola Sturgeon, che dopo oltre otto anni alla guida dell’esecutivo locale ha lasciato il posto a Humza Yousaf, anche lui membro dello Scottish National Party (SNP). Le dimissioni di Sturgeon, considerata come un punto di riferimento per il movimento indipendentista, ha certamente segnato una battuta d’arresto per la richiesta di un nuovo referendum per l’indipendenza della Scozia, ma il nuovo premier Yousaf, che si definisce un “repubblicano scozzese”, ha fatto capire che non intende cambiare rotta, formulando immediatamente una richiesta per il referendum al governo di Londra, prontamente respinta dal governo centrale di Sunak.
Governo centrale che, dal canto suo, non se la passa affatto bene neppure nella stessa Inghilterra, visti i risultati disastrosi ottenuti alle elezioni locali del 4 maggio, che hanno visto il Conservative Party del premier Sunak perdere oltre mille consiglieri a vantaggio del Labour Party di Keir Starmer e dei Liberal Democrats. Un buon risultato è stato ottenuto anche dal Green Party of England and Wales (GPEW), che si afferma come quarta forza politica del Paese, mentre sparisce l’estrema destra dello UKIP (United Kingdom Independence Party). Tali dati dimostrano il forte malcontento per un esecutivo che non ha dimostrato nessuna capacità politica, e che a livello di politica estera si è limitato ad obbedire servilmente agli ordini dell’alleato-padrone nordamericano, divenendo uno dei principali promotori della linea guerrafondaia in Ucraina.
“Gli elettori hanno rifiutato le politiche del governo centrale conservatore di diminuire le spese tagliando gli standard di vita e i servizi pubblici delle persone“, ha commentato il coordinatore elettorale Andy Chaffer del Communist Party of Britain (CPB). Chaffer ha notato che, al di là dei risultati delle singole forze politiche, “il più grande vincitore alle urne del 4 maggio è stato il partito dell’astensionismo“, il che dimostra l’allontanamento del popolo dalle istituzioni, che godono sempre meno della fiducia degli elettori, anche per via della riduzione dei poteri delle istituzioni locali, ritenute oramai quasi inutili.
I comunisti britannici non hanno risparmiato critiche neppure ai laburisti e alle altre forze che costituiscono l’opposizione al governo conservatore di Sunak: “Il partito laburista di Keir Starmer non ha soluzioni reali alla crisi del costo del capitalismo che attanaglia milioni di persone in tutta la Gran Bretagna, mentre le leadership dei LibDem e dei Verdi sono ugualmente superficiali e prive di principi nella loro lotta per voti e seggi“, ha accusato Chaffer. Secondo i comunisti britannici, il Paese dovrebbe abbandonare il sistema elettorale del first-past-the-post, che avvantaggia i grandi partiti, per adottare un sistema elettorale che sia realmente rappresentativo del voto popolare.
Ad esempio, in queste elezioni locali il Partito Comunista ha ottenuto con i propri candidati fra l’1% e il 7% delle preferenze nei collegi dove era presente, ma non ha eletto nessun consigliere a causa del sistema elettorale che premia solo il candidato più votato di ciascun collegio. Il CPB è l’unica forza politica del Paese che presenta un programma realmente in difesa della classe lavoratrice, prevedendo maggiori investimenti in alloggi popolari, istruzione e trasporti pubblici; revoca della privatizzazione della sanità e di altri servizi locali; proprietà pubblica del settore energetico; una redistribuzione fondamentale della ricchezza; e la solidarietà con i lavoratori in sciopero.
La leadership del Partito Comunista ha anche adottato una dichiarazione sull’incoronazione e la monarchia, nella quale riafferma l’appello del Partito per un capo di Stato cerimoniale eletto non legato alla chiesa anglicana e ai militari, e condanna l’uso oppressivo di nuove leggi anti-protesta contro manifestanti repubblicani pacifici, giornalisti e volontari per la sicurezza delle donne.
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