La maggior parte dei giornali propugna il liberismo, ma nessuno di essi rinuncia agli ‘aiuti’ di Stato

La maggior parte dei giornali italiani usufruiscono di agevolazioni e finanziamenti da parte dello Stato, ma non tutti lo sanno. Una specie di reddito di ‘giornalanza’. Senza queste risorse diversi quotidiani fallirebbero.

Il capitalismo, come ci spiegano gli economisti classici, si fonda sulla libera concorrenza e non prevede l’intervento pubblico. Ma così non è, almeno per gran parte della nostra editoria.

Si propugna il liberismo, ma nessuno rinuncia agli ‘aiuti’ di Stato.

In modo diretto o indiretto ne usufruiscono tutti.

La giustificazione è sempre la stessa: il pluralismo nell’informazione è il sale della democrazia. Questo è vero, ma solo quando i giornali fanno bene il loro mestiere.

Invece, spesso essi sono strumenti di propaganda politica o di partito. Una pratica legittima purché non avvenga con i finanziamenti pubblici, che per definizione sono di tutti. Si invoca la libertà di espressione, ma a spese della collettività. Un po’ come avviene con l’istruzione privata. L’articolo 33 della Costituzione stabilisce: ‘Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato’. Ma come sappiamo così non è. E non lo è neanche per i giornali.

Sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri c’è l’elenco completo dei quotidiani che usufruiscono dei finanziamenti diretti. I contributi assegnati nel 2021 sono stati 30 milioni di euro, di questi 2,5 milioni sono andati a pubblicazione diffuse all’estero. Le testate beneficiarie sono state 180.

6,2 milioni di euro sono andati al Dolomiten, quotidiano di lingua tedesca. Seguono Famiglia cristiana con 6 milioni di euro e Avvenire con 5,6 milioni di euro, 4 milioni a testa sono stati erogati a Italia oggi e alla Gazzetta del Sud. A Libero quasi 3,9 milioni e 3,3 al Manifesto. Il Foglio quasi 1,9 milioni di euro.  E così via.

18 milioni di euro su 30 sono andati ai primi tre, chissà perché? Altro che liberismo e libera iniziativa, questi giornali chiuderebbero senza gli aiuti di Stato. E dire che la linea editoriale della maggior parte di essi è antistatalista, ma come si vede è un principio con deroga che avvantaggia gli stessi propugnatori.

Poi ci sono gli aiuti indiretti.

Tutti i quotidiani, anche quelli a maggiore diffusione, usufruisco di agevolazione per l’acquisto della carta per la stampa. In nome del pluralismo lo Stato tiene in piedi decine di giornali anche se vendono poche copie e si limitano alla propaganda politica, perché?

Fonte senato.it

Di Giovanni Pulvino (REDNEWS)

Insegno Scienze giuridiche ed economiche dal 1993. Dopo tanti anni di supplenze sono passato di ruolo nel novembre del 2015. In quel periodo il portale web di Tiscali dava agli utenti la possibilità di esprimersi tramite le ‘Socialnews’. Ed è cosi che nel luglio del 2012 ho iniziato a scrivere articoli raccontando le vicende dei precari storici della scuola. Per un anno ho collaborato anche con ComUnità del portale Unità.it. Successivamente, per integrare e proseguire quell’esperienza durata oltre 3 anni, ho creato REDNEWS (28 giugno 2015), un ‘blog di cronaca, informazioni e opinioni dal profondo Sud’. Il mio scopo era ed è quello di dare voce a chi è escluso dalla società, in particolare i disoccupati, i precari, i pensionati al minimo. Nello stesso tempo intendo esprimere il punto di vista di chi vive nel Meridione, terra che è regolarmente esclusa oltreché dal benessere economico anche dai circuiti d’informazione nazionali. La linea editoriale del blog può essere riassunta con le parole scritte nel IV secolo a.C. dal poeta e drammaturgo greco Sofocle: ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’.

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