È in corso da ieri a Nairobi l’Africa Climate Summit (ACS), il vertice africano sul clima organizzato dal Kenya e dall’Unione Africana il cui tema è “Promuovere la crescita verde e soluzioni finanziarie per il clima, per l’Africa e il mondo”, anche in vista della Prossima COP28 che si terrà negli Emirati Arabi Uniti il prossimo 30 novembre. In questo contesto, l’Unione Europea non si è fatta sfuggire l’occasione per cercare di riaffermare la sua influenza in Africa attraverso una sorta di nuovo imperialismo green: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, infatti, è volata ieri al Summit di Nairobi dove ha spiegato che è necessario attirare investimenti privati nel settore della transizione energetica, perché quelli pubblici non sono sufficienti, e che a tal fine l’UE ha lanciato una nuova iniziativa: quella sui Green bond globali. Insieme alla Banca europea per gli investimenti e agli Stati membri, Bruxelles si appresta a stanziare un miliardo di euro «per ridurre il rischio degli investimenti privati nei mercati emergenti», ha spiegato la von der Leyen. Attraverso nuovi meccanismi di finanziamento, l’Ue spera di ottenere in cambio risorse e di tornare a poter esercitare influenza in un continente sempre più aperto alle collaborazioni con Russia e Cina, che da tempo stanno investendo massicciamente in Africa e intessendo relazioni positive con il Continente nero, mettendo allo stesso tempo all’angolo le nazioni occidentali.

Ma quella sui Green bond globali – titoli di debito emessi da banche, imprese e istituzioni esclusivamente per finanziare progetti ambientali – non è l’unica soluzione che la presidente europea ha proposto all’ACS: «Esiste un’altra soluzione che consentirebbe di sbloccare enormi risorse per l’azione per il clima in Africa. È il prezzo del carbonio e questo è il mio secondo punto. Credo che la fissazione di un prezzo sulle emissioni di carbonio sia uno degli strumenti più efficienti ed efficaci nelle nostre mani. Perché favorisce l’innovazione da parte del settore privato. Perché fa pagare un prezzo equo a chi inquina pesantemente», ha detto. La fissazione di un prezzo globale del carbonio sarà una proposta che l’Ue presenterà alla prossima COP28: si tratta di un meccanismo simile a quello dell’Emission Trading System (ETS) dell’UE, per cui si stabilisce un limite massimo (cap) alla quantità totale di gas serra che possono essere emessi da tutti gli impianti partecipanti. Le quote di emissione di CO2 vengono poi messe all’asta o distribuite gratuitamente: per superare la propria quota di emissioni, un impianto deve acquistare quote da altri. Al contrario, se un impianto emette meno della sua quota, può vendere i crediti rimanenti. Questo sistema non ha contribuito in modo determinante ad abbassare le emissioni di gas serra, ma ha favorito la speculazione finanziaria, sovraccaricando le imprese di costi ulteriori che si riversano poi sul costo dei prodotti finali.

La presidente della Commissione europea ha poi cercato di ripulire l’immagine del Vecchio Continente, visto in Africa esclusivamente come sfruttatore di risorse, presentandolo come “benefattore”, partener affidabile e investitore credibile, anche in contrapposizione alla Cina, accusata paradossalmente proprio dai Paesi occidentali neocolonialisti di sfruttamento: «Vi sentiamo dire che la prima priorità dell’Africa è far crescere la propria economia e far uscire dalla povertà il maggior numero possibile di persone. E l’azione per il clima è parte della soluzione. Voi siete parte della soluzione», ha affermato rivolta al presidente keniota William Ruto. «Non siamo interessati solo ad estrarre risorse. Vogliamo lavorare con voi per creare catene di valore locali in Africa. Vogliamo condividere con voi la tecnologia europea. Vogliamo investire nelle competenze dei lavoratori locali. Perché più sarai forte come fornitore, più l’Europa diversificherà le sue catene di fornitura verso l’Africa e più ridurremo i rischi per i nostri Paesi», ha aggiunto in un discorso che ha indirettamente confermato come il principale interesse europeo rimanga quello dell’estrazione delle risorse.

Il piano di finanziamenti europei per il clima in Africa fa parte di una più ampia strategia che mira alla “riconquista” del Continente da parte di Bruxelles attraverso massicci investimenti. Secondo la von der Leyen, infatti, «l’Africa ha bisogno di investimenti massicci. E l’Europa vuole essere partner per colmare questo gap di investimenti». Con questo obiettivo, Bruxelles ha destinato metà del piano da 300 miliardi di euro – chiamato Global Gateway (GG) – per sostenere il continente africano. Tra le altre cose, attraverso il Global Gateway saranno finanziate le centrali idroelettriche nella Repubblica Democratica del Congo, in Burundi, in Ruanda e in Tanzania. Proprio ieri, la von der Leyen ha presentato, insieme al presidente kenyota Ruto, una strategia per lo sviluppo di un’economia basata sull’idrogeno verde che sarà sovvenzionata con almeno 12 milioni di euro dal GG. Secondo von der Leyen, il piano «Global Gateway è unico nel panorama globale degli investimenti».

Il rischio è quello che il rapporto di collaborazione tra Europa e Africa sia sbilanciato a favore della prima, come successo anche in passato: in cambio di finanziamenti, i Paesi occidentali sfruttano forza lavoro e risorse, lasciando a secco le nazioni africane, a volte con la complicità dei governi locali. È il timore di diversi esponenti della società civile africana. Inoltre, tra gli sponsor dell’Africa Climate Summit compaiono anche la Rockefeller Foundation e la Bill & Melinda Gates Foundation che sono tra le più importanti presunte organizzazioni filantropiche internazionali, le quali portano avanti proprio gli interessi delle imprese e dell’agenda “globalista” occidentale.

[di Giorgia Audiello]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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