ByGabriele Germani

Il blocco G7 punta sull’India in contrapposizione alla Cina, lanciare un grande piano di investimenti destinato a porre Pechino all’angolo. Ma c’è un grande punto interrogativo.

Corsi e ricorsi: il G7, l’India e la Cina

Sotto vedete la mappa della distribuzione delle monete romane in Eurasia. Come si vede bene dall’immagine, gran parte delle monete sono concentrate nel territorio dell’ex Impero e nel subcontinente indiano (in particolare in India meridionale e Sri Lanka).

L’immagine è di grande interesse, perché come per le altre vie commerciali si vede il sovrapporsi con le vie moderne

Avevo già parlato (forse un anno fa) della Via dei Variaghi e della sua somiglianza con il corridoio Nord-Sud che Russia-Azerbaigian-Iran-India stanno mettendo in piedi.

Nel 2013, i cinesi (con la solita passione) hanno rilanciato la Via della Seta, il cui precedente storico non deve certo essere spiegato.

Arriviamo all’IMEC (Corridoio India-Medio Oriente-Europa) che sembra ripetere questo precedente percorso: un collegamento rapido India-Mediterraneo-Europa.

India, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Unione Europea, un progetto destinato a opporsi via mare e via terra alla BRI (Nuova Via della Seta) e che per la prima volta non prevede l’uso delle armi, ma l’uso del commercio (dopo il pantano ucraino, non sembrava possibile).

Grande esclusa l’Africa, dove gli USA stanno puntando a una spartizione del continente diretta senza più intermediari: la serie di colpi di stato sembra arrivare da lontano e dover mettere fuori gioco i francesi (con danni economici in patria non da poco).

La strategia USA nel 1973, davanti al montante anti-imperialismo e accrescersi del loro ciclo del debito fu quello di aprire alla Cina (in rotta con l’URSS perché considerata troppo moderata da Pechino), inondarla di denaro e investimenti (quasi fosse un nuovo Piano Marshall) e porre il germe della situazione odierna (il capitalismo nutre le sue stesse contraddizioni, come diceva saggiamente Marx).

Oggi, il blocco G7 sembra puntare a una soluzione analoga: puntare sull’India in contrapposizione alla Cina, lanciare un grande piano di investimenti destinato a porre Pechino all’angolo e al momento cruciale far giocare in guerre locali tra i due giganti asiatici la partita lontana (gli USA si portarono via dal Vietnam, ma trasformarono per gli anni successivi l’Asia in un campo di battaglia: Afghanistan dove gli arabi combatterono i russi per interposta persona; Cambogia dove i cinesi combatterono russi e vietnamiti).

Riuscirà questa volta? Difficile a dirsi, molto dipende da due fattori:

– La capacità indiana di resistere a un’integrazione con l’Occidente (che a loro potrebbe convenire) in cambio di un ruolo anti-cinese;

– La capacità occidentale di trovare questi soldi. Questa è la vera incognita: senza la Cina, l’Occidente -che fino ad oggi i dollari se li stampa- i soldi per reindustrializzarsi, opporsi alla Russia, disaccoppiarsi dalla Cina e finanziare la crescita indiana, dove li trova?

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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