Luca Gieri and Django Renato

Continua la mobilitazione cominciata il 21 settembre, dopo l’annuncio della chiusura da parte dell’azienda dello stabilimento di Crevalcore. L’impresa incolpa la transizione ecologica, ignorando le sue responsabilità. Nuova giornata di sciopero chiamata dai sindacati confederali il tre di ottobre.

Scene di un copione familiare: dopo alcuni anni dall’acquisizione dell’azienda da parte del fondo d’investimento americano KKR, la Magneti Marelli ha annunciato la chiusura dello storico stabilimento di Crevalcore, che impiega 230 lavoratori e lavoratrici, per spostare la produzione di motori a benzina nella sede di Bari. Alla base della decisione, secondo quanto afferma l’azienda, starebbe la transizione ecologica e la mancanza di preparazione da parte della fabbrica alle necessità dettate dalla produzione industriale di veicoli elettrici privati; non si menzionano, tuttavia, le responsabilità effettive di questa mancanza di preparazione, né, ad esempio, si ipotizza un qualsivoglia piano di reindustrializzazione. Se ce ne fosse ancora bisogno, dopo il caso simile della GKN di Campi Bisenzio, la classe lavoratrice ha ottenuto l’ennesima conferma del fatto che le strategie economiche dei capitalisti non tengono in considerazione le vite delle persone con il cui sfruttamento essi si arricchiscono. Per questo, il 3 ottobre, i lavoratori e le lavoratrici organizzat* in FIOM, UILM e FIM hanno indetto un nuovo sciopero di otto ore in occasione del meeting organizzato da governo e imprese al Ministero delle Imprese del Made in Italy. Come già il 21 e il 28 settembre, lo sciopero coinvolgerà tutti gli stabilimenti della Marelli in Italia.

Non ha tardato a farsi sentire la voce delle istituzioni locali, con il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che hanno dichiarato il proprio supporto alla mobilitazione. Un supporto nominale, radicato in ultima analisi nella necessità di tenere in buone grazie i vertici sindacali confederali. Non si contano le occasioni in cui questi personaggi hanno avvallato politiche anti-operaie e la repressione di altre mobilitazioni che negli ultimi anni hanno denunciato le condizioni di sfruttamento in cui riversa il mercato del lavoro della “regione più progressista d’Europa”. L’unica soluzione che questi figuri propongono per la Marelli è l’attrazione di “venture capital”. In altre parole, la risposta si cerca nello stesso capitale privato pronto a liquidare una volta cambiate le proprie strategie di profitto. Abbiamo visto come è andata a finire in GKN… Solo l’ultimo, peraltro, di una serie infinita di casi dove le promesse di reindustrializzazione si sono dimostrate uno specchietto per le allodole volto a smobilitare i lavoratori.

La lotta della Marelli e le contraddizioni della “transizione elettrica”: come prendere esempio dalle lotte degli operai USA e non cadere nelle trappole dei padroni.

La fase di lotta che si è aperta alla Magneti Marelli si aggiunge a una stagione di risveglio (ancora non generalizzato) di proteste e scioperi nel settore metalmeccanico: dopo lo sciopero generale dei confederali del sette luglio scorso, assistiamo a scioperi di 8 ore allo stabilimento di Pomigliano di Stellantis e alla STMicroelectronics di Catania, dove addirittura un sindacato asservito ai “legittimi bisogni” dell’azienda come l’UGL si è trovato messo in un angolo e costretto a unirsi allo sciopero cominciato dalla FIOM; intanto, negli Stati Uniti, continua ad oltranza lo sciopero nelle tre più grandi aziende automobilistiche attive sul territorio nazionale (la già citata Stellantis, Ford e General Motors, e di cui abbiamo parlato qui).

Oltre a rappresentare un esempio da seguire per lottare contro ritmi disumani e inflazione, la protesta degli operai USA parla a quelli italiani ed europei anche perché affronta con rivendicazioni molto avanzate – come la riduzione dell’orario di lavoro con forti aumenti salariali – la questione del pericolo di perdita di posti di lavoro legata alla transizione all’auto elettrica; tema facilmente strumentalizzabile per dividere i lavoratori e le lavoratrici dal resto della società (come ha fatto Donald Trump nei primi giorni dello sciopero indetto dalla UAW). La richiesta delle 32 ore settimanali è quindi importantissima per non cadere nella trappola della falsa dicotomia: “ecologia vs lavoro”. Si può però andare ancora più a fondo nella riflessione: da un lato, la transizione all’auto elettrica guidata dagli interessi capitalisti minaccia l’occupazione; dall’altro è però dubbia la capacità di questo processo di ridurre le emissioni: come ha rilevato lo studioso Tommaso Pardi in un recente rapporto, l’abbandono del motore a scoppio, non equivale da parte dei padroni a un cambio della strategia di puntare tutto sulla costruzione di veicoli sempre più pesanti e costosi, con un impatto enorme in termini di CO2. Inoltre, le batterie al litio implicano devastazione ambientale e super-sfruttamento nei paesi della periferia capitalista (Africa, America Latina).

L’importanza dell’alleanza degli operai con gli ecologisti per una reale  transizione energetica… e degli ecologisti con gli operai contro la passività dei vertici sindacali.

Un reale cambio di marcia può passare esclusivamente da una gestione realmente democratica della transizione energetica. Uscire dalla logica del profitto è l’unico modo per farla finita con una mobilità focalizzata sui veicoli privati (quindi incapace di ridurre drasticamente le emissioni). Contro le illusioni del Partito Democratico (e delle strutture ad esso ancorate), e contro i tentativi di dividere la classe lavoratrice, al suo interno così come verso i suoi potenziali alleati, il movimento ecologista deve assumere un punto di vista anti-capitalista. In questo solco, solo la posizione strategica della classe lavoratrice, la classe che può paralizzare l’economia e che in ultima analisi produce la società, può permettere a una prospettiva ecologista di vincere. Il movimento ecologista deve allora scendere in piazza per difendere la lotta alla Magneti Marelli; un passaggio del genere sarebbe molto importante per riempire di contenuto effettivo la parola d’ordine dello “sciopero per il clima”.

Un approfondimento della riflessione e dell’orientamento anti-capitalista da parte del movimento ecologista sarebbe inoltre cruciale per smuovere la passività dei vertici sindacali. Essi rilevano giustamente come la crisi della Magneti Marelli – ma più in generale del comparto auto in Italia – sia legata alle strategie miopi del vecchio gruppo FIAT-FCA, e in particolare di Marchionne, che aveva sotto-stimato l’importanza della transizione energetica. Nella mente geniale del “grande manager”, la chiave per il successo industriale era il mero aumento dei tassi di sfruttamento dei lavoratori… L’automotive italiano esce inoltre penalizzato dalla fusione tra la multinazionale degli Agnelli-Elkann e PSA. Stellantis, infatti, si avvarrà soprattutto di moduli elaborati in Francia.

Tutti questi elementi sono senz’altro veri, ma aggirano gli aspetti strutturali della transizione energetica a guida capitalista di cui abbiamo parlato. Così, per i confederali l’obiettivo principale, se non l’unico, è quello di ottenere forti aumenti dei volumi produttivi. Una rivendicazione del genere è tuttavia incapace di condurre a una reale fusione della questione ecologica con quella sociale, quindi a un reale allargamento della mobilitazione e alla sua vittoria. Non a caso, la strategia dei sindacati consiste nel limitarsi a fare pressioni sul governo affinché intervenga per convincere Stellantis a cambiare rotta con un vero piano industriale. La palla delle soluzioni rimane quindi nelle mani della multinazionale e del governo, mentre si fa di tutto per raffreddare le pressioni dal basso dei lavoratori, mantenendo isolati gli scioperi.

Al contrario, è necessario costruire uno sciopero unitario in Stellantis e nella filiera sulla base di rivendicazioni simili a quelle dei lavoratori dell’auto negli USA: forti aumenti salariali, riduzione dell’orario di lavoro e difesa dell’occupazione. Questo, estendendo la rivendicazione che fanno da tempo i lavoratori GKN riferendosi alla loro fabbrica: nazionalizzazione sotto del settore automotive sotto il controllo dei lavoratori e degli utenti per una reale transizione ecologica verso la mobilità pubblica, di massa e gratuita.

il 3 ottobre, saremo allora a fianco dei lavoratori e delle lavoratrici della Magneti Marelli, per portare la nostra solidarietà attiva e militante ma anche per portare avanti le nostre proposte e le nostre rivendicazioni. A fianco di quest* operai* deve scendere in strada anche il movimento ecologista, perché, come abbiamo imparato negli ultimi anni, “fine del mondo, fine del mese: stessa lotta!”

Luca Gieri

Di Red

„Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d'inventare l'avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l'avvenire.“ — Thomas Sankara

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