Matteo Bortolon

Recessione economica, imposizioni finanziarie, rimozione del premier e polarizzazione sociale: dove va il paese dell’Asia Centrale?

Il Pakistan è un paese importante negli equilibri geostrategici, particolarmente riguardo al suo ruolo rispetto all’Afghanistan: attore chiave negli anni Ottanta per la destabilizzazione dell’allora governo filosovietico, fra il 2001-21 ha visto una spaccatura lacerante in relazione al conflitto fra forze statunitensi e talebani. Attraversato da fermenti islamisti radicali che sono penetrati nei servizi segreti e nell’esercito, il paese è stato in larga parte favorevole al governo dei taliban – che secondo alcuni analisti sarebbero stati in larga parte una creatura della intelligence pakistana – finché Washington non costrinse il riluttante Musharaf ad una brusca inversione di rotta. In rapporti ostili con l’India, possiede l’arma nucleare. Un mix pericoloso, che suggerirebbe di promuoverne la stabilità; invece il conflitto afghano determinato dalla Guerra al Terrorismo ha agito in senso opposto. Lungo i decenni Islamabad è stato considerato uno stretto alleato degli Usa – nonostante un certo doppiogiochismo di quanto meno alcune fazioni dell’elite spionistico-militare che civettavano coi taliban e l’islamismo più oltranzista: sia l’esercito (enormemente influente all’interno) che i servizi segreti (ISI) hanno lavorato fianco a fianco per anni con gli americani, ma gli avvenimenti degli ultimi due anni stanno mettendo in discussione tale posizionamento. Nel nuovo contesto in cui l’adesione alle sanzioni antirusse è segno distintivo della fedeltà atlantica, ll 28 settembre scorso è arrivato nel paese un carico di gas naturale liquefatto dalla Russia. Cosa sta succedendo?

Il Pakistan nella “trappola del debito”

Sul piano economico-finanziario il debito rappresenta uno dei maggiori problemi. Attualmente il debito pubblico si stima essere di 271 mld $ su un pil di 348 mld $ (rapporto del 78%) e il debito estero di 125 mld $. Tali cifre non paiono così rovinose, almeno confrontandole a quelle dei paesi più avanzati (si pensi al debito italiano…) ma per un paese povero possono essere catastrofiche, visto che i mercati finanziari avranno scarsa fiducia nelle sue garanzie ed i creditori esigeranno valuta pregiata (cioè dei paesi ricchi) per continuare ad inviare merci dall’estero.

Questo fattore di debolezza spinge molti Stati verso la trappola del debito: prendendo a prestito grandi capitali e non riuscendo raggiungere un solido sviluppo industriale – specialmente se seguono le catastrofiche ricette targate FMI/BM, specializzate nell’abbattere i redditi della classe lavoratrice a suon di ribassi salariali per essere più competitivi – sono costretti a indebitarsi ulteriormente solo per pagare gli interessi, in una spirale discendente. Ma già prima del Covid si era raggiunto un punto di rottura: l’allora appena insediato primo Ministro Imran Khan nel 2018 aveva dichiarato che le somme da restituire assorbivano in misura tale da contrarre altri debiti solo per fare fronte agli obblighi di restituzione.

Il Fondo Monetario Internazionale è intervenuto nel paese più di venti volte. Il nuovo premier Khan aveva criticato aspramente le politiche da esso ispirate, ma col peggioramento della situazione fu indetto a nominare ministro delle Finanze Hafeez Shaikh, ex Banca Mondiale e già in carica sotto la dittatura militare di Musharaf e il governo del suo successore. Costretto nell’aprile del 2019 a tornare dal Fondo, il nuovo esecutivo col vecchio tecnocrate avrebbe imposto spietatamente l’austerità, come un taglio del 40% del bilancio dell’istruzione superiore, privatizzazione della sanità e un aumento delle bollette (aumento elettricità del 36%, e prima della guerra in Ucraina). In tal modo Islamabad aveva ottenuto una boccata di ossigeno di 6 mld $. O almeno così credeva.

Indipendenza della Banca Centrale

Una delle condizioni imposte dal FMI per il suo prestito era una legge diretta a riformare l’assetto della Banca Centrale del Pakistan (SBP). Il SBP Amendment Bill mira a rendere l’istituto indipendente dalle autorità politiche elette. Il voto al Senato è avvenuto a gennaio 2022 fra le prosteste dell’opposizione. L’ex primo ministro Shahid Khaqan Abbasi (allora all’opposizione) aveva asserito che il governo aveva consegnato le chiavi dell’intera economia del Pakistan a un’entità straniera, aggiungendo che “il disegno di legge è stato approvato alle 23, senza dibattito né votazione, anche se l’opposizione aveva chiesto più volte al presidente di consentire la discussione del disegno di legge prima della sua approvazione”.

Oramai è universalmente noto che il controllo della banca centrale è una risorsa inestimabile per il governo per dirigere l’economia nazionale, e che la consegna di essa in nome di una presunta neutralità ad una tecnocrazia oligarchica è funzionale ad isolare i più importanti organi decisori dal voto e dal dibattito democratico; una forma di “fascismo finanziario” o, se si preferisce una definizione più raffinata, l’espressione del “nuovo costituzionalismo” secondo lo studioso nordamericano Stephen Gill:

Il nuovo costituzionalismo comprende una miriade di accordi commerciali e di investimento bilaterali, regionali e multilaterali, nonché leggi sul pareggio di bilancio e altri meccanismi che incarnano una versione molto peculiare dello stato di diritto: quella che garantisce i diritti di proprietà privata, inclusa la totale mobilità di entrata e uscita per il capitale (“libero scambio”) con piena sicurezza per il esso e allo stesso tempo impedendo il controllo democratico sull’economia politica.

Nessuno meglio dei cittadini di paesi Ue può capire meglio il concetto, con una BCE fuori dal controllo di qualunque Stato – salvo la Germania – che fa il bello e il cattivo tempo dando ordini perentori ai governi recalcitranti.

Il governatore della SBP sotto cui è stata implementato tale provvedimento era Reza Baqir, economista pakistano che ha studiato negli Usa e fatto carriera nel FMI, mentre il Ministro delle finanze che aveva proposto il disegno di legge era il senatore Shaukat Fayyaz Ahmed Tarin ex banchiere di Citibank.

Estromissione del premier Kahn

Tutto bene quindi per l’oligarchia a stelle e strisce dunque? In realtà non proprio. La notizia sopra accennata che il Pakistan ha ricevuto un carico di gas liquefatto dalla Russia vede il contesto di una crisi lancinante. Il paese sembra prossimo al collasso. L’inflazione a gennaio scorso ha superato il 27%, e tutti gli indici relativi a settori specifici – cibo, trasporti ecc- vitali per le classi lavoratrici (con una povertà molto diffusa) sono a doppia cifra. La carenza di valuta pregiata ha paralizzato le importazioni – le merci stazionano nei porti senza passare la dogana – e il settore tessile che comprende circa il 60% dell’export è vicino alla chiusura.

In questo contesto Islamabad ha inteso continuare i rapporti con Mosca per ottenere le materie prime energetiche, al minor prezzo possibile; ha persino partecipato ad una iniziativa per creare un mezzo di pagamento alternativo a quello in mano agli Usa. Ed ha deciso di restare neutrale nella crisi ucraina, col premier Khan che ha rifiutato di allinearsi ai desideri di Washington come invece i “bravi soldatini” europei. In un veemente comizio ha denunciato le pressioni occidentali per allinearsi, rifiutandole in blocco.

Dall’altra parte dell’Atlantico l’hanno presa male, e così… colpo di scena. Nonostante tutti gli sforzi profusi da Islamabad il FMI non molla i soldi. La testata The Intercept ha scovato documenti in cui non solo si conferma di un incontro fra funzionari Usa e l’ambasciatore pakistano, ma si rivela che i primi, imbufaliti dalla visita di Kahn a Mosca dei primi mesi del 2022, hanno assicurato che i rapporti, così incrinati dalla divergenza sulla guerra si sarebbero potuti appianare se il premier fosse stato sfiduciato: “Penso che se il voto di sfiducia contro il Primo Ministro avrà successo, tutto sarà perdonato a Washington perché la visita in Russia viene vista come una decisione del Primo Ministro, altrimenti penso che sarà dura andare avanti” – così avrebbe detto uno di essi.

Immediatamente dopo un voto di sfiducia estrometteva Kahn dalla sua carica, e successivamente il FMI si ammorbidiva stanziando 3 mld $, raccomandando di “mantenere la disciplina sulla spesa primaria [e] rafforzare la sostenibilità del settore energetico allineando le tariffe ai costi, riformando la base dei costi del settore e mirando meglio i sussidi energetici.”

Occorre ricordare che le istituzioni come il FMI non sono semplicemente i funzionali alla globalizzazione finanziaria e agli interessi dei capitali che in essa si muovono, ma sono anche espressione – e in certa misura subordinati – ad una precisa sovranità statuale, gli Usa; i cui obiettivi spesso convergono coi più rarefatti interessi dell’élite transnazionale, ma quando divergono l’Interesse Nazionale si fa sentire forte e chiaro.

Quali prospettive?

La scena politica non vede alcuna stabilità. L’ex premier è diventato popolarissimo, giocando la carta antioccidentale. Kahn ha subito un procedimento giudiziario che molti hanno definito pretestuoso e strumentale per emarginarlo dalla scena politica, il che ha attizzato ancor di più le folle verso la piazza, con una severa repressione di cui l’Esercito ha sempre dato prove eccellenti.

Il FMI è diventato odiatissimo a livello popolare. La nuova coalizione di governo di Shabaz Sharif continua a aumentare a porre in atto misure di austerità aumentando i prezzi del petrolio, del gas, dell’elettricità, dell’imposta generale sulle vendite e di ogni altro bene di consumo, citando la necessità di compiacere il Fondo, se no sarebbe la bancarotta del paese. L’ex premier, subendo agli occhi dei seguaci un accanimento giudiziario, è diventato l’eroe nati-NATO e anti-FMI – piuttosto ironicamente, dato che sotto la sua carica sono stati implementati svariati atti per compiacere il creditore internazionale. Vero è che per altri versi è stato una spina nel fianco dei potentati dell’anglosfera: aveva iniziato il processo per rigettare 23 accordi un processo volto a porre fine a 23 trattati bilaterali sugli investimenti che consentono alle aziende di citare in giudizio i governi davanti a tribunali sovranazionali irresponsabili – un’altra espressione del “nuovo costituzionalismo” secondo S. Gill.

Il paese è sempre più diviso anche nelle stesse istituzioni: i maggiori partiti hanno i loro uomini dentro tutti gli apparati, generando selvagge dispute interne. La Corte Costituzionale, che pare essere molto favorevole al partito di Kahn, ha ordinato di indire elezioni nelle province del Punjab e Khyber-Pakhtoonkhwa i cui parlamenti erano stati fatti cadere dal suo partito (PTI), nella speranza di arrivare alle elezioni generali. Ma l’ingiunzione della Corte di indire elezioni a livello provinciale è stata disattesa, in aperta violazione della Costituzione. Tale organo avrebbe il potere di destituire il governo centrale ma questo aprirebbe una crisi di gravità incalcolabile con possibile nuovo golpe militare.

Sullo sfondo sono riprese le attività di gruppi terroristi islamisti, il cui maggior gruppo, Tehreek Taleban Pakistan, è sostenuto da Kabul. Ulteriore ingrediente di una situazione che pare sempre più esplosiva

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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