Per Patrick Zaki in Italia la musica è cambiata. Prima ricercatore osannato persino dalla politica e legittimamente innalzato a esempio di resistenza pacifica per via della lunga lotta portata avanti dal carcere contro la censura del regime egiziano del Presidente Abdel Fattah al-Sisi, ora personaggio scomodo da mettere a tacere e rinchiudere in un ripostiglio perché critico nei confronti di Israele. Così per lui gli appuntamenti saltano, uno dopo l’altro. Niente più ospitata a ‘Che tempo che fa’ e chiuse le porte pure dell’Arsenale della Pace di Torino, dove il 17 ottobre Zaki avrebbe dovuto presentare il suo libro nell’ambito dell’evento ‘Aspettando il Salone’. Ma «le condizioni sono cambiate». Non lo vuole nemmeno Brescia: la sindaca Laura Castelletti gli ha revocato l’invito per la giornata inaugurale del Festival della Pace di novembre perché il ricercatore egiziano sarebbe «divisivo». Le sue parole su Israele «non rappresentano il messaggio che la città vuol trasmettere».

Ora come allora, quando nel 2020 fu catturato dagli agenti dei servizi segreti del Cairo per alcuni post su Facebook, giudicati una minaccia alla sicurezza nazionale, Zaki è divenuto un personaggio da censurare per via di un tweet in cui definisce il Primo ministro israeliano Netanyahu un «serial killer». 

Dichiarazioni che gli sono costate pure una ramanzina da parte di Repubblica, che per ‘penna’ del sociologo Luigi Manconi gli chiede «Caro Zaki, perché quel silenzio sulle vittime israeliane?». E a lui tocca pure rispondersi, giustificarsi, con un’altra lettera: «Non ho mai appoggiato un qualsiasi movimento o partito di ispirazione religiosa, e mi riferisco alla mia storia personale, dentro o fuori l’Egitto» e «sono contrario all’uccisione o all’aggressione di qualsiasi civile, israeliano o palestinese, non coinvolto nelle violenze, nelle colonie illegali o negli omicidi». Ma «molti diritti sono stati negati ai palestinesi nel corso della storia, a cominciare dal fatto che Gaza è in isolamento totale, è una prigione a cielo aperto, e finendo con il fatto che i palestinesi non hanno libertà di movimento, non possono spostarsi, non hanno opportunità di lavoro e nemmeno la fornitura di risorse di base come l’acqua e l’elettricità».

Parole che un Governo come il nostro, che ha promesso di essere al fianco di Israele in questa guerra – ma era suo alleato già da prima – non può che tentare di soffocare. Soprattutto se a pronunciarle è un attivista su cui negli ultimi tre anni il mondo intero ha tenuto gli occhi aperti, e per cui politici di destra e sinistra hanno auspicato il rispetto dei diritti. D’altronde come non zittire un ‘personaggio’ come Zaki, se la censura italiana è perfino arrivata nelle scuole? Negli scorsi giorni, infatti, il Ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara ha disposto l’invio di ispettori in due istituti scolastici milanesi – l’Educandato statale Setti Carraro e il liceo Manzoni di Milano -, auspicando l’arresto degli studenti – proprio come uno studente lo era anche Patrick al tempo della cattura – che stanno manifestando il loro sostegno alle azioni intraprese dalle sigle della resistenza palestinese.

Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – e uno dei pochi a spendersi in difesa dell’attivista – , l’atteggiamento italiano nei confronti di Zaki è una «campagna d’odio» del tutto ingiustificata, visto che «in questi giorni Patrick Zaki ha ripetutamente condannato le violenze contro i civili israeliani e palestinesi, come avrebbe fatto ogni persona che difende i diritti umani».

E «se ci sono punti di vista diversi, è del tutto lecito dissentire e contestarli» senza però andare oltre, come in questo caso. «Dopo aver subito una persecuzione giudiziaria per tre anni e mezzo in Egitto per aver preso la parola, ora in Italia la parola gli viene persino tolta».

[di Gloria Ferrari]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

2 pensiero su “I salotti della sinistra ora mollano Patrick Zaki perché sta con i palestinesi”
  1. Lo lascio volentieri il mio commento,
    Non lo voglio a Bologna..la mia citta’…questi ignorante ..(…).
    Ne”lui ne quell altro (…) di Lepore,.
    Sinistra di (…)

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