Daniel Noboa ha vinto le elezioni presidenziali ecuadoregne contro la candidata correista Luisa González, ma resterà in carica solamente fino al 2025.
Il 15 ottobre ha avuto luogo il secondo turno delle elezioni presidenziali in Ecuador, che ha visto la sfida tra Luisa González, candidata del Movimiento Revolución Ciudadana (RC), legato alla figura dell’ex presidente progressista Rafael Correa, e Daniel Noboa, rappresentante della formazione liberista Acción Democrática Nacional (ADN). Sebbene al primo turno González avesse chiuso in vantaggio, in molti si aspettavano una rimonta di Noboa, per via della prevedibile alleanza tra le forze di destra.
In effetti, dopo lo spoglio quasi completo delle schede, Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) ha annunciato che Daniel Noboa è diventato il presidente eletto del Paese, avendo ottenuto il 52,29% dei voti nel ballottaggio di domenica, mentre la candidata Luisa González ha ottenuto il 47,71% delle preferenze. Diana Attamaint, presidente del CNE, ha inoltre spiegato che i dati erano irreversibili in quanto oltre il 90% delle schede erano già state scrutinate. In seguito, la percentuale di Noboa sarebbe leggermente calata fino al 51,83%, senza comunque mettere in dubbio la sua vittoria.
“Domani inizieremo a lavorare per quel nuovo Ecuador e per ricostruire un Paese che è stato duramente colpito dalla violenza, dalla corruzione e dall’odio“, sono state le prime parole di Noboa da presidente eletto. Da parte sua, Luisa González si è congratulata con Noboa e ha proposto di affrontare insieme i gravi problemi del Paese. Bisogna infatti ricordare che le elezioni di quest’anno si sono svolte eccezionalmente a causa dei forti contrasti tra il parlamento di Quito e il presidente Guillermo Lasso, portando, per la prima volta nella storia del Paese, ad una situazione di “muerte cruzada” (“morte incrociata”), ovvero un vero e proprio stallo istituzionale che non poteva avere altra via d’uscita se non quella delle elezioni anticipate.
Il mandato di Daniel Noboa dovrebbe ufficialmente avere inizio il prossimo 25 novembre, quando diventerà il più giovane capo di Stato di sempre nella storia del Paese, pochi giorni prima di compiere 36 anni. Il nuovo presidente dovrà prendere le redini di un Paese disastrato lasciato in eredità da Lasso, con un peggioramento dell’insicurezza, un aumento della criminalità organizzata e una crisi carceraria, oltre al debito con gli istituti di credito internazionali e alla precarietà nei settori dell’istruzione e della sanità. Secondo un sondaggio effettuato dall’istituto Perfiles de Opinión, l’87,95% della popolazione ecuadoregna ha giudicato cattiva o pessima la gestione del presidente uscente.
Se l’addio di Lasso, che secondo molti analisti sarebbe addirittura pronto ad abbandonare il Paese, risulta essere una buona notizia, le forze progressiste hanno sperato fino all’ultimo in una vittoria di Luisa González e nel ritorno del correismo alla guida del governo. Alla vigilia del ballottaggio, la sociologa ecuadoregna Irene León aveva scritto sulle pagine di TeleSur che queste elezioni rappresentavano una sfida “tra la prospettiva neoliberista e una proposta di Paese sovrano”, senza dimenticare la forte influenza di attori esterni, come gli Stati Uniti. “L’Ecuador rappresenta un tassello rilevante nel ridisegno geostrategico degli Stati Uniti nella regione andina e oltre”, ha scritto ancora Irene León. “Negli ultimi 6 anni, il Paese ha firmato con quel Paese importanti accordi e documenti in materia di sicurezza e difesa, che definiscono un impegno a medio termine, l’ultimo dei quali ha acconsentito all’eventuale sbarco di truppe marittime e terrestri con il pretesto della lotta al narcotraffico”.
Sicuramente, dunque, a Washington hanno fatto di tutto per favorire la vittoria del liberista Noboa, nel tentativo di mantenere l’Ecuador in uno Stato di sottomissione, come dimostrato dallo United States-Ecuador Partnership Act del 2022, una legge approvata dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti degli USA che istituisce una sorta di protettorato e priva di fatto l’Ecuador del suo diritto di autodeterminazione. “Non si tratta di un accordo bilaterale, ma di una legge statunitense che impegna l’Ecuador come controparte nelle sue aspirazioni geopolitiche e sistemiche”, commenta Irene León.
L’aspetto positivo sta però nella breve durata che avrà il mandato di Noboa: secondo la legge, infatti, il nuovo presidente avrà come compito quello di portare a termine il precedente mandato di Lasso, e quindi non potrà restare in carica oltre il 2025. In quell’anno, dunque, verranno organizzate nuove elezioni, in cui il correismo tenterà di riprendere le redini del Paese strappandole dalle mani delle destre neoliberiste e filostatunitensi, riproponendo la candidatura di Luisa González o sperando nella fine delle persecuzioni giudiziarie contro l’ex presidente Rafael Correa, che a quel punto sarebbe libero di candidarsi nuovamente alla guida del Paese sudamericano.
CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK
Giulio Chinappi – World Politics Blog