Dopo il primo turno, il presidente in carica George Weah ha un vantaggio minimo sul suo rivale Joseph Boakai. Il 7 novembre avrà luogo il ballottaggio decisivo.
Fondata nel 1847, la Repubblica di Liberia rappresenta lo Stato africano che ha goduto del più lungo periodo di indipendenza fino ai nostri giorni, ma questo non significa che abbai beneficiato anche di maggior stabilità rispetto ad altri Paesi del continente. Tra gli anni ‘90 e l’inizio del nuovo secolo, infatti, gruppi ribelli hanno imperversato nello Stato costiero, rendendo necessario l’intervento di una missione delle Nazioni Unite nel 2003, per porre fine a quella che viene definita come seconda guerra civile liberiana (la prima ebbe luogo nel 1989). Dalle elezioni del 2005, il Paese ha goduto invece di un periodo di relativa stabilità, sebbene le criticità interne, come vedremo, non siano state del tutto risolte.
Dal 2005, le elezioni presidenziali si sono svolte regolarmente ogni sei anni, come previsto dalla legge fondamentale liberiana. Per dodici anni, il Paese è stato guidato da Ellen Johnson Sirleaf, prima donna a ricoprire un incarico presidenziale nel continente africano. Nel 2017, invece, le urne hanno premiato George Weah, l’ex calciatore di Paris Saint-Germain e Milan, che ha governato fino ad oggi e che va alla ricerca di un secondo mandato consecutivo. Da notare, tuttavia, che il prossimo mandato avrà una durata di soli cinque anni, e non di sei, in base ad una riforma costituzionale proposta dallo stesso Weah.
I liberiani sono dunque stati chiamati alle urne il 10 ottobre per eleggere il nuovo presidente e per rinnovare i 73 seggi della Camera dei Rappresentanti e 15 dei 30 scranni che compongono il Senato. Le urne hanno parzialmente premiato Weah, il quale tuttavia dovrà difendersi dal possibile sorpasso del suo principale rivale, Joseph Boakai, ex vicepresidente durante l’amministrazione di Ellen Johnson Sirleaf, al ballottaggio previsto per il 7 novembre.
Guardando i numeri ufficiali, la differenza tra i due contendenti risulta essere davvero minima, pari a circa 7.000 voti. Infatti, Weah ha ottenuto il 43,83% delle preferenze, mentre Boakai ha raggiunto il 43,44%. A decidere l’esito finale delle presidenziali saranno dunque gli elettori degli altri candidati, 18 in tutto, che hanno ottenuto percentuali decisamente inferiori a quelle di Weah e Boakai. Ad esempio, il terzo classificato, Edward W. Appleton, ha ottenuto solo il 2,20% dei consensi, ma i suoi oltre 40.000 elettori sarebbero più che sufficienti per decidere l’esito del ballottaggio. Questo significa che accordi e alleanze potrebbero risultare decisivi per l’elezione del nuovo capo di Stato.
Tuttavia, vi è anche un altro fattore da non sottovalutare, ovvero la composizione delle due camere che compongono il parlamento di Monrovia. La Coalition for Democratic Change (CDC) di George Weah, infatti, conta decisamente più seggi alla camera bassa rispetto allo Unity Party (UP) di Boakai, il che implica che la vittoria del presidente in carica garantirebbe sicuramente una maggiore governabilità del Paese. La CDC ha infatti ottenuto il 22,12% delle preferenze alla Camera dei Rappresentanti, eleggendo 25 deputati, quattro in più rispetto alla precedente legislatura, mentre lo UP ha perso ben nove scranni, eleggendo appena undici rappresentanti. Al Senato, la formazione di Weah vanta solo otto rappresentanti contro i dieci della compagine di Boakai.
Secondo gli analisti, il presidente George Weah gode di una certa popolarità in molte regioni del Paese, ma non ha risolto alcuni dei principali problemi della Liberia, come la corruzione e l’aumento del costo della vita. La Liberia è al 142° posto su 180 Paesi nell’indice di percezione della corruzione di Transparency International, il che mostro come Weah, che nel corso della sua prima campagna elettorale aveva criticato il fallimento di Sirleaf nel contrastare la corruzione, non ha ottenuto i risultati sperati. Inoltre, secondo la Banca Mondiale, più della metà della popolazione liberiana vive con meno di 1,90 dollari al giorno, ovvero sotto la soglia della povertà assoluta, mentre mezzo milione di persone deve affrontare “livelli acuti” di insicurezza alimentare. A parziale discolpa dell’amministrazione, va detto che i prezzi di beni di prima necessità importati, come riso, olio di palma e manioca, hanno subito un aumento anche per via dell’acutizzarsi della crisi ucraina.
Oltre alle questioni sopra elencate, le elezioni di quest’anno sono di particolare importanza per tutta la Liberia, trattandosi delle prime da quando la missione delle Nazioni Unite ha definitivamente lasciato il Paese, nel 2018. Se quello tra Sirleaf e Weah era stato il primo passaggio di consegne al potere avvenuto in modo pacifico nella storia del Paese, oggi la Liberia è chiamata a dimostrare di aver raggiunto la maturità politica che permetta di continuare su questa strada. Tuttavia, nelle settimane precedenti le elezioni sono stati segnalati diversi episodi violenti che hanno visto protagonisti sia i sostenitori di Weah che quelli di Boakai. La prova decisiva avrà luogo nella giornata del ballottaggio, il 7 novembre, e nelle giornate successive, quando la parte sconfitta sarà chiamata ad accettare il verdetto in maniera pacifica.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog