Come immaginiamo sia possibile crescere in un mondo in cui i media e la rappresentazione del discorso pubblico sono sistematicamente veicoli di manipolazione e frode, di persuasione interessata, di imbroglio mercenario?

Media e discorso pubblico

Di Andrea Zhok*

Nel dibattito pubblico e nei giornali il tentativo di fare spazio a posizioni plurali, documentate e dialettiche è sostanzialmente estinto.

I giornali non ci provano neppure a dare informazioni di prima mano: ricevono i comunicati di una manciata di agenzie di stampa internazionali a guida Nato e ci fanno sopra una poesia gradita all’azionista di maggioranza.

I talk show invece che essere esercizi dialettici sono apparati di costruzione del consenso a colpi di battute ad effetto e strategie registiche.
Ma questo è noto e piuttosto palese. Poi c’è tutto il resto.

Le produzioni cinematografiche propongono continue ricostruzioni artificiali del passato in forme che si confanno al gusto politicamente corretto di alcune lobby; le fiction propongono una modellistica di mondo con una distribuzione dei buoni e dei cattivi secondo la manualistica della NSA; dominano rappresentazioni proiettive di rapporti psicologici ed emozionali di nicchia, che vengono presentati come la forma normale dell’umanità.

E poi la pubblicità, onnipresente forma di menzogna strumentale istituzionalizzata, in cui qualcuno con parole suadenti, volto sincero, nel nome di ideali suggestivi, magari con un capolavoro musicale in sottofondo, ti racconta torrenti di balle per indurti a trasferirgli i tuoi maledetti soldi per acquistare la qualunque.

Poi c’è tutto il mondo virtuale delle autorappresentazioni telematiche, in cui ci si mette in vendita recitando sé stessi (dalle chiareferragni ad Onlyfans). Ecc. ecc.

Ciò che mi chiedo, e che mi angoscia, è quale forma debba prendere una coscienza, soprattutto giovanile, in questo contesto di manipolazione e menzogna ininterrotte.

Spesso lamentiamo nelle nuove generazioni apatia, rassegnazione e quando c’è un sussulto di reazione, confusione estrema.
Ma quello che mi chiedo è come crediamo sia possibile qualcosa di diverso.

Come immaginiamo sia possibile crescere in un mondo in cui le voci ufficiali e la rappresentazione del discorso pubblico sono sistematicamente veicoli di manipolazione e frode, di persuasione interessata, di imbroglio mercenario?

Per chi ha avuto la fortuna di costruirsi in passato un retroterra fondato, esiste un modo per sottrarsi – sia pure a fatica – da questa falsificazione sistematica del mondo, ma per gli altri rimane solo un incubo infinito di bugie a breve termine tra cui divincolarsi in una condizione di perenne provvisorietà.

Di fronte all’era della menzogna manipolativa ci si può ancora rifugiare forse solo nei testi di epoche più o meno remote, che non conoscevano quest’ipertrofia della manipolazione. Per chi non vi ha accesso il residuo terreno della fiducia nel mondo viene divorato ogni giorno, ricadendo nel nulla.

“Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.” (Niccolò Machiavelli)

* Ripreso da Andrea Zhokfilosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano

Di Red

„Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d'inventare l'avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l'avvenire.“ — Thomas Sankara

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