In Italia, oltre la metà delle Regioni non garantisce le cure essenziali ai propri pazienti. È il preoccupante dato che emerge dalle statistiche provvisorie riferite al 2022 diramate dal ministero della Salute, che fanno registrare un significativo peggioramento sulla fornitura delle cure essenziali rispetto all’anno precedente. Sono infatti ben 12 tra Regioni e Pa quelle che risultano al di sotto della sufficienza in almeno uno dei tre macro indicatori – prevenzione, ospedale e territorio -, 5 in più rispetto al 2021. Soltanto 9 Regioni raggiungono, invece, la sufficienza. La situazione critica, che nel Mezzogiorno si è ormai cronicizzata, si estende anche ad altre aree dello Stivale, dal momento che le nuove Regioni inadempienti sono nel Nord-Ovest (Piemonte e Liguria) e nel Centro (Lazio e Abruzzo).

In particolare, le aree che fanno segnare un netto peggioramento sono quelle della prevenzione, delle coperture vaccinali, degli screening oncologici e dello stile di vita, ma anche dell’assistenza distrettuale. Mediamente migliorano, invece, i dati riferiti all’assistenza ospedaliera, rispetto a cui si registra solo l’inadempienza della Val D’Aosta (ma il ministero non ha potuto visionare le statistiche di Piemonte e Basilicata), mentre nel 2021 le Regioni al di sotto della sufficienza erano cinque. Se le realtà che, in generale, presentano gli standard migliori sono Veneto, Emilia-Romagna e Toscana, quelle il cui punteggio è inferiore alla soglia in una, due o tre macro-aree sono Bolzano (Prevenzione), Liguria (Prevenzione), Lazio (Prevenzione), Abruzzo (Prevenzione), Molise (Prevenzione), Piemonte (Distrettuale, Ospedaliera) Campania (Prevenzione, Distrettuale), Basilicata (Distrettuale, Ospedaliera) Calabria (Prevenzione, Distrettuale), Sicilia (Prevenzione, Distrettuale), Sardegna (Prevenzione, Distrettuale), Valle d’Aosta (tutti e tre i macro-indicatori). L’area della Penisola in cui i dati sono più incoraggianti è quella del Nord-Ovest, con i buoni risultati segnati, oltre che dalle Regioni predette, anche da Lombardia e Friuli-Venezia Giulia. Nel Mezzogiorno, l’unica Regione che garantisce i livelli di assistenza minimi in ogni settore è la Puglia.

Che l’Italia risulti, di fatto, spaccata in due in merito ai livelli minimi di assistenza sanitaria – seppure con il peggioramento dei risultati di molte Regioni del Centro-Nord – era già stato sancito dai dati pubblicati dalla Fondazione Gimbe in riferimento alla mobilità sanitaria interregionale, che per l’86% della concerne i ricoveri ordinari e in day hospital (che pesano per il 69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,4%). Guardando ai dati del 2021, in cima alla classifica per capacità di attrazione di pazienti da altre Regioni si trovano infatti le realtà del Nord Italia, nello specifico Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, mentre come fanalini di coda ci sono quelle del Sud, ovvero Abruzzo, Puglia, Lazio, Sicilia, Campania e Calabria. A questo proposito, la Fondazione Gimbe ha fortemente criticato il progetto del governo sull’Autonomia differenziata, il cui relativo ddl ha già ottenuto il via libera dal Senato ed è ora al vaglio della Camera dei Deputati. Secondo il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, il divario tra il Nord e il Sud del Paese evidenziato dalle statistiche è infatti «inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno concesse maggiori autonomie alle più ricche Regioni settentrionali», che contribuiranno a compromettere «l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute».

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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