La deforestazione nella savana del Cerrado © Paralaxis/iStockPhoto

A rischio deforestazione la savana brasiliana del Cerrado, cuore della biodiversità ed enorme “serbatoio”govern di anidride carbonica

Luca Pisapia

A sud della foresta amazzonica si trova la grande savana tropicale del Cerrado, famosa per la sua eccellente biodiversità di fauna e flora. Secondo il WWF è addirittura la savana più ricca biologicamente nel mondo. È chiamata la “foresta sottosopra” per le radici tentacolari che aiutano i suoi alberi a sopravvivere alla siccità. E queste fanno sì che diventi un enorme contenitore di anidride carbonica, arginando il riscaldamento globale. Ma tutto questo rischia di scomparire. Se in Amazzonia la deforestazione sta diminuendo, nel Cerrado è salita a livelli record lo scorso anno. A partire dal 2022 è aumentata del 43%.

E tutto questo è dovuto agli allevamenti intensivi di carne bovina. L’industria è la principale responsabile della deforestazione dei polmoni verdi brasiliani. Secondo uno studio del 2020, addirittura i due terzi della terra deforestata in Amazzonia e nella savana del Cerrado sono utilizzati per il pascolo del bestiame. Ma non è finita qui. Perché, secondo una ricerca pubblicata da Global Witness, il commercio globale di carne bovina legato alla deforestazione è sostenuto dalla finanza occidentale.

Analizzato i dati di mercato disponibili, l’organizzazione non governativa ha scoperto che dietro la devastazione ambientale del Cerrado ci sono le principali società finanziarie americane, britanniche ed europee. Colossi come Barclays, BNP Paribas, HSBC, ING Group, Merrill e Santander hanno sottoscritto miliardi di dollari in obbligazioni che aiutano le grandi aziende produttrici di carne bovina a prendere in prestito denaro e a crescere. E queste obbligazioni sono poi acquistate dai grandi fondi come The Vanguard Group, BlackRock, Capital Research Global Investors, Fidelity Management & Research Company, T. Rowe Price Associates, AllianceBernstein e Compass Group.

Allevamenti intensivi, deforestazione e leggi blande

Andiamo con ordine. La ricerca effettuata da Global Witness per prima cosa ha cominciato ad analizzare i dati sulla deforestazione e a compararli con i movimenti di bestiame sul territorio. Consultando tutti i dati pubblici, dall’origine del bestiame fino ai macelli. In particolare, ha osservato la catena di approvvigionamento che interessa le tre maggiori aziende produttrici di carne del Brasile, ovvero JBS, Marfrig e Minerva. Poi ha utilizzato i registri ufficiali sui permessi di deforestazione a favore dell’allevamento nell’area. E ha concluso che qualcosa non va.

I tre mega produttori di carne del Brasile – JBS, Marfrig e Minerva – svolgono un ruolo chiave. Anche perché nelle loro catene di approvvigionamento a un certo punto saltano i permessi o si aggirano le leggi. Tutte e tre le società ovviamente hanno contestato i risultati di Global Witness, affermando di essere conformi alla legge brasiliana sulla deforestazione e agli accordi individuali sulla catena di fornitura stabiliti con le autorità brasiliane. E hanno sostenuto che la ong ha «utilizzato criteri diversi da quelli dei procuratori federali brasiliani che monitorano la loro attività, conducendo a conclusioni fuorvianti».

Ma i risultati della ricerca mostrano, senza ombra di dubbio, che a maggior ragione è necessario un sistema di controllo federale e statale diverso, e più incisivo. La savana del Cerrado copre infatti circa un quinto del territorio del Brasile. E come abbiamo detto ospita una delle più grandi biodiversità del mondo, tra cui oltre seimila specie di alberi. Secondo uno studio del 2017 il Cerrado riusciva a contenere 13,7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, una quantità superiore a quella rilasciata dalla Cina nel 2020. Ora però i numeri sono crollati.

La responsabilità dell’Europa per la distruzione della savana del Cerrado

Il Mato Grosso, lo Stato che ospita la savana del Cerrado, conta circa 32,8 milioni di mucche e svolge un ruolo cruciale nel commercio globale di carne bovina. Le esportazioni di carne nel 2022 hanno fruttato l’incredibile cifra di 2,75 miliardi di dollari. E i maggiori acquirenti sono stati Cina, Stati Uniti, Europa e Regno Unito. Finora eravamo quindi noi i responsabili di questa catastrofe climatica. Ora, per fortuna, qualcosa potrebbe cambiare. Dal 30 dicembre 2024 infatti in Europa entrerà in vigore il regolamento sui prodotti privi di deforestazione (Eudr) che impone agli operatori che desiderano commerciare prodotti agricoli nel mercato europeo di dimostrare che sono «esenti da deforestazione».

Il problema però è che l’Eudr considera solo quei prodotti commerciali legati all’abbattimento degli ecosistemi forestali utilizzando la definizione di foresta data dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Ciò significa che ampie aree di terreno del Cerrado sono attualmente escluse dalla definizione di foresta. E pertanto sono di per sé «esenti da deforestazione». Tuttavia questo regolamento impone anche alle aziende di rispettare la legislazione del Paese di produzione, comprese le leggi ambientali locali. E ciò potrebbe significare un allargamento dei prodotti non importabili.

Ma siccome anche le leggi locali sono facili da aggirare, la cosa più importante sarebbe di espandere la definizione dell’Eudr oltre la definizione di “foreste” e includere anche quella di anche “altri terreni boschivi”. È un punto decisivo, perché è ovvio che le conseguenze della deforestazione del Cerrado non avranno implicazioni solo sulla conservazione della biodiversità locale, ma anche e soprattutto sui cambiamenti climatici a livello globale. Senza questi ecosistemi cruciali, sarà difficile limitare a 1,5°C il riscaldamento globale.

E le responsabilità della finanza

Ma la responsabilità maggiori sono delle banche e delle società di investimento americane, britanniche ed europee. Nomi grossi di fondi come The Vanguard Group, Capital Research Global Investors, Fidelity Management & Research Company e BlackRock, ma anche Dimensional Fund Advisors, AllianceBernstein, T. Rowe Price Associates, Compass Group e Union Investment Privatfonds, tra gli altri, posseggono azioni delle tre grandi aziende brasiliane produttrici di carne. Si parla di una valore di oltre 885,5 milioni di dollari in JBS. Di quasi 211,2 milioni di dollari in Minerva e di oltre 53 milioni di dollari in Marfrig.

Ovviamente questi fondi, molti dei quali si fregiano di partecipare a network ambientalisti e a iniziative per ridurre o eliminare l’esposizione dei loro portafogli alla deforestazione, sono stati contattati da Global Witness. Tra quelli che hanno risposto, c’è chi ha detto di monitorare costantemente la cosa e chi di avere una visione critica al riguardo, chi ha promesso di intervenire e chi si è riservato di prendere le opportune misure. Ma ovviamente nessuno di loro si è mosso concretamente. Altri, invece, si sono proprio rifiutati di rispondere. Ma non sono solo loro il problema.

Lo sono anche le banche che si prestano a sottoscrivere obbligazioni, anche per valori superiori al miliardo di dollari, con le tre aziende brasiliane incriminate. Anche tra loro nomi noti come Barclays, BNP Paribas, HSBC, ING Group, Merrill Lynch e Santander. Ironia della sorte, anche molte di loro sono membri della Net Zero Banking Alliance, nella quale si impegnano a raggiungere zero emissioni entro il 2050. Come sempre, il punto centrale della finanza etica è prendere consapevolezza di questi comportamenti. E sapere che tutto ciò che noi investiamo o diamo in gestione a queste banche e società finanziarie può contribuire alla devastazione del Pianeta

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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