Da una settimana, sui giornali non si fa altro che parlare dell’inchiesta sui presunti “dossieraggi” che un luogotenente della Guardia di Finanza avrebbe effettuato ai danni di importanti politici e personaggi dello sport e dello spettacolo, nonché degli accessi abusivi a sistemi informatici e banche dati di cui, oltre al finanziere, si sarebbe reso protagonista un pm della Direzione Nazionale Antimafia. Le testate di centro-destra hanno subito cercato di sollevare un grande polverone mediatico, parlando espressamente di «attacco al governo», mentre quelle riferibili all’area progressista – una delle quali è implicata nell’inchiesta – hanno minimizzato, fornendo una versione alternativa. La verità è che i contorni della vicenda, anche in seguito alle audizioni in Commissione Antimafia e al Copasir del Procuratore della Repubblica di Perugia che ha in mano l’inchiesta, Raffaele Cantone, e del capo della DNA, Giovanni Melillo, non sono ad oggi per nulla chiari. E, come spesso accade, il confine tra i profili di notizia e quelli di polemica politica è estremamente labile. Al solito, su L’Indipendente, abbiamo preferito tenerci lontani dalla caciara fino a quando non ci fosse qualcosa di concreto su cui scrivere valutando e verificando le fonti. Cerchiamo dunque di fare un poco di ordine.

L’inchiesta

Il caso è partito da tre inchieste pubblicate dalla testata Domani a fine ottobre del 2022, in cui il quotidiano ha ricostruito un conflitto d’interessi dell’allora neo ministro della Difesa Guido Crosetto, che dal 2018 al 2021 percepì circa 2,3 milioni di euro tra stipendi e compensi da parte di società del settore degli armamenti. Che, in seguito alla sua nomina, sarebbero diventate sue interlocutrici. Non smentendo nulla di quanto riportato, Crosetto ha presentato una denuncia alla Procura di Roma, sostenendo che le notizie pubblicate fossero frutto di informazioni riservate. I nomi di Striano e Laudati sono dunque spuntati fuori da un fascicolo aperto dalla Procura di Roma dopo la denuncia di Crosetto, passato poi a quella di Perugia, competente per le inchieste che coinvolgono magistrati della Capitale, coordinatasi con la DNA. Le persone iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Perugia sono al momento 15. Al centro dell’indagine ci sono il luogotenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano – attivo nell’ufficio in cui si lavora sulle SOS, ovvero le segnalazioni effettuate dalle banche a Bankitalia quando vengono appurati movimenti sospetti su conti correnti – e il pm della DNA Antonio Laudati, che sono sotto inchiesta per falso, accesso abusivo a sistema informatico e abuso d’ufficio. Laudati viene specificamente accusato dai magistrati di aver aperto quattro istruttorie senza presupposti di tipo investigativo per finalità personali e per favorire persone a lui vicine. Come indicato da Raffaele Cantone nella sua audizione in Commissione Antimafia, dove il magistrato ha parlato della vicenda come di un «verminaio», tra l’1 novembre 2019 e il 24 novembre 2022, Striano avrebbe effettuato circa 10mila accessi abusivi, scaricando 33.528 file dalla banca dati della DNA, esaminando 4.124 SOS nella banca dati SIVA (Sistema Informativo Valutario), cercato informazioni su 1.531 persone fisiche e su 74 persone giuridiche. E poi ancora 1.123 persone sulla banca dati Serpico dell’Agenzia delle Entrate e 1.947 sulla banca dati Sidda, utilizzata dalla DNA. Nel suo mirino c’erano molti politici, tra cui i ministri Crosetto, Lollobrigida, Calderone, Pichetto Fratin, Urso e Valditara, l’allora premier Giuseppe Conte e l’ex capo del governo Matteo Renzi, ma anche vip come Cristiano Ronaldo, Massimiliano Allegri e Fedez. Gli investigatori non ritengono Striano l’unico protagonista di queste spasmodiche ricerche: dopo il suo allontanamento dalla DNA (novembre 2022) e dal Valutario (luglio 2023), gli accessi abusivi avrebbero infatti trovato un prosieguo. Nel registro degli indagati ci sono, inoltre, quattro giornalisti, tra cui Giovanni Tizian, Stefano Vergine e Nello Trocchia di Domani, indagati in concorso con Striano per accesso abusivo a sistema informatico.

I punti interrogativi

Un particolare, però, salta subito all’occhio: mentre i giornali vicini al governo urlano al “dossieraggio”, è la stessa Procura di Perugia a smorzare il tiro attraverso l’Ansa: «Nessun dossier su personaggi istituzionali e politici ma una presunta attività di ricerca di informazioni a strascico», è stato riferito. La domanda delle domande è però la seguente: qual è il movente di questi accessi abusivi? Nessuna risposta, ad oggi. Ci si chiede, inoltre, quali siano i mandanti di tale attività, sempre che effettivamente ve ne siano. Nel corso dell’audizione in Antimafia, il capo della DNA, Giovanni Melillo, ha evidenziato come «difficilmente il sottotenente Striano può aver fatto tutto da solo», aggiungendo che «elemento centrale dell’inchiesta del collega Cantone sarà proprio la definizione della figura e del sistema di relazioni» del finanziere. «Non spetta a me stabilire cosa può fare la libertà di stampa – ha detto Cantone nella medesima sede –, il giornalista che riceve una notizia già fatta non commette reato, ma se fa in modo che la notizia venga commissionata con criteri illeciti questo è concorso nel reato». È proprio questo uno dei punti focali. Infatti, secondo lo spaccato ricostruito dalla Procura – ancora «ipotesi» che potrebbero «essere smentite», come ha detto Cantone – alcune volte sarebbero stati i giornalisti a chiedere informazioni a Striano, mentre in altri casi quest’ultimo avrebbe svolto accessi per suo conto, facendo poi pervenire ai cronisti le informazioni raccolte. Il giornale Domani, nel frattempo, ha pubblicamente difeso i suoi giornalisti, affermando che gli atti da essi ricevuti sarebbero ordinanze, avvisi di chiusura indagine e non le SOS. C’è, a ogni modo, un altro passaggio evidentemente non secondario nell’audizione di Cantone: «Questo enorme numero di informazioni che fine ha fatto? – si chiede il Procuratore – Quanti di questi dati possono essere utili, per cento ragioni, per esempio ai servizi stranieri? A soggetti che non operano nel nostro territorio nazionale?». Domande forse non casuali, su cui aleggia il mistero.

Le reazioni

Come da copione, ogni fazione politica ha cercato di sfruttare la vicenda per tirare acqua al suo mulino, in attesa di capire come i fatti verranno inquadrati dalla magistratura. «Vogliamo sapere chi sono i mandanti perché questi sono metodi da regime – ha dichiarato la premier Giorgia Meloni –. Ritengo gravissimo che in Italia ci siano dei funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo verifiche su cittadini, comuni e non, a loro piacimento, per poi passare queste informazioni alla stampa, e in particolare ad alcuni esponenti della stampa». Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ritiene invece necessaria «l’istituzione di una Commissione parlamentare d’Inchiesta con potere inquirente, per analizzare, una volta per tutte, questa deviazione», iniziativa che ha ricevuto il plauso anche del leader di Italia Viva Matteo Renzi. «È stata spiata la mia sfera di contatti personale mentre ero presidente del Consiglio, se qualcuno deve lamentarsi come parte lesa e vittima quello sono innanzitutto io – ha invece detto il leader M5S Giuseppe Conte, unica figura “bersagliata” da premier in carica dalle ricerche di Striano, che hanno avuto ad oggetto anche la sua compagna Olivia Palladino –. Non lasciamo agli esponenti del centrodestra il privilegio di rivendicare il ruolo di vittime». Una sola cosa è certa: la densa polvere alzata da attacchi, contrattacchi e illazioni su macroscopici complotti da parte del mondo politico si infila, per l’ennesima volta, dritta negli occhi di chi sta provando a farsi un’idea. Rendendo ancora più fosco lo scenario.

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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