Israeli Prime Minister Netanyahu Delivers Joint Remarks with Secretary Pompeo and Bahraini Foreign Minister Al-Zayani More: Secretary of State Michael R. Pompeo delivers remarks with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu and Bahraini Foreign Minister Abdullatif bin Rashid Al-Zayani, in Jerusalem, Israel, on November 18, 2020. [State Department Photo by Ron Przysucha/ Public Domain]. Original public domain image from <a href="https://www.flickr.com/photos/statephotos/50618493181/" target="_blank" rel="noopener noreferrer nofollow">Flickr</a>

Nonostante le ripetute richieste di cessate il fuoco, l’allarme di molteplici organizzazioni umanitarie, i negoziati ancora in corso e persino il recente monito della Casa Bianca che ha descritto l’operazione come un “potenziale disastro”, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha approvato il piano che prevede un’operazione militare a Rafah, l’ultima grande città della Striscia di Gaza che Israele non ha ancora attaccato via terra e che si ritiene sia popolata da oltre un milione di persone. La zona, descritta come “zona sicura” dall’esercito israeliano in precedenza, ospita tendopoli, scuole, strutture di soccorso e centinaia di migliaia di civili che dal 7 ottobre si sono spostati nelle zone meridionali della Striscia nella speranza di accedere agli aiuti. Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane ha spiegato che l’esercito intende dirigere una parte «significativa» della popolazione di Rafah verso «isole umanitarie» nel centro di Gaza, le quali verrebbero create con la «comunità internazionale». Il piano per l’invasione, del quale non si conoscono ancora i dettagli, è stato commentato anche da Martin Griffiths, Sottosegretario Generale dell’ONU per gli Affari Umanitari e Coordinatore degli Aiuti di Emergenza, il quale ha rilasciato un comunicato sottolineando che l’operazione militare potrebbe portare ad un ulteriore massacro e avvisando che «la storia non sarà clemente».

Ecco il comunicato completo che riprende le dichiarazioni di Griffiths, pubblicato sul sito delle Nazioni Unite: «Lo scenario che abbiamo a lungo temuto si sta dipanando a una velocità allarmante. Più della metà della popolazione di Gaza – ben oltre 1 milione di persone – è stipata a Rafah, guardando in faccia la morte: Hanno poco da mangiare, quasi nessun accesso alle cure mediche, nessun posto dove dormire, nessun posto sicuro dove andare. Loro, come l’intera popolazione di Gaza, sono vittime di un assalto che non ha eguali per intensità, brutalità e portata. Secondo il Ministero della Sanità, più di 28.000 persone – soprattutto donne e bambini – sono state uccise in tutta Gaza. Per più di quattro mesi, gli operatori umanitari hanno fatto il quasi impossibile per assistere le persone bisognose, nonostante i rischi che essi stessi affrontavano e i traumi che stavano subendo. Ma la dedizione e la buona volontà non sono sufficienti a mantenere in vita, nutrire e proteggere milioni di persone, mentre le bombe cadono e gli aiuti vengono bloccati. A ciò si aggiungono la disperazione diffusa, il crollo dell’ordine pubblico e il disimpegno dell’UNRWA. Le conseguenze sono gli operatori umanitari che vengono colpiti, tenuti sotto tiro, attaccati e uccisi. Sono settimane che dico che la nostra risposta umanitaria è a pezzi. Oggi lancio di nuovo l’allarme: Le operazioni militari a Rafah potrebbero portare a un massacro a Gaza. Potrebbero anche lasciare un’operazione umanitaria già fragile sulla soglia della morte. Mancano le garanzie di sicurezza, le forniture di aiuti e la capacità del personale per tenere a galla questa operazione. La comunità internazionale ha messo in guardia dalle pericolose conseguenze di un’eventuale invasione di terra a Rafah. Il governo di Israele non può continuare a ignorare questi appelli. La storia non sarà clemente. Questa guerra deve finire».

La decisione di Netanyahu ha portato a critiche anche da parte di esponenti del governo degli Stati Uniti, i quali dal 7 ottobre hanno sostenuto Israele inviando armi e hanno posto ripetutamente il veto sulle risoluzioni ONU per il cessate il fuoco in Palestina. Il segretario di Stato Antony Blinken ha dichiarato che l’amministrazione Biden non è mai stata informata su come verrebbero protetti i civili se i militari si trasferissero nella città. Il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha aggiunto che gli Stati Uniti non possono sostenere un’offensiva a Rafah che «non includa anche un piano credibile, realizzabile ed eseguibile per prendersi cura della sicurezza» della città. Ci sono gli abitanti di Gaza, e un’operazione senza un tale piano «sarebbe un disastro», ha concluso. Tali dichiarazioni si aggiungono al crescente attrito tra Washington e Tel Aviv, che secondo i funzionari dell’amministrazione Biden starebbe conducendo una guerra con “troppa poca attenzione ai civili”.

D’altra parte, il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane Daniel Hagari ha dichiarato che l’esercito intende dirigere una parte «significativa» della popolazione di Rafah verso «isole umanitarie» nel centro di Gaza che verrebbero create con la «comunità internazionale». Separatamente, fonti israeliane hanno affermato che presto verrà inviata una delegazione in Qatar per continuare i negoziati per il rilascio di ostaggi detenuti da Hamas in cambio dei prigionieri detenuti in Israele. Stando inoltre a quanto riferito a Reuters, Hamas ha già presentato una proposta di cessate il fuoco a Gaza che include il rilascio di ostaggi israeliani in cambio della libertà di prigionieri palestinesi, 100 dei quali stanno scontando l’ergastolo. Tuttavia, secondo l’ufficio di Netanyahu le richieste verranno discusse a Doha una volta che il gabinetto di sicurezza avrà discusso la sua posizione ma sarebbero “rimaste irrealistiche”. «Non è interessato a raggiungere un accordo», ha commentato Sami Abu Zuhri, un alto funzionario di Hamas che ha accusato Netanyahu di «manovrare… per commettere ulteriori crimini di genocidio».

[di Roberto Demaio]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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