Nonostante molti media nazionali e internazionali abbiano avallato la versione del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, secondo la quale l’uccisione dei sette operatori umanitari dell’ONG World Central Kitchen (WCK), avvenuta nella notte di lunedì scorso, sarebbe stata «un tragico errore» che può succedere in guerra, un’analisi più attenta dei fatti mostra che la realtà è molto diversa. Non si tratta, infatti, di un caso isolato, in quanto Israele, dal 7 ottobre scorso, avrebbe ucciso almeno 200 operatori umanitari (tra cui 173 dell’UNRWA, come riferito dalla stessa agenzia delle Nazioni Unite), che sono diventati un vero e proprio bersaglio delle Forze di difesa israeliane (IDF) anche da ben prima del 7 ottobre. Lo scopo dell’esercito dello Stato ebraico è quello di impedire i rifornimenti di cibo per la popolazione palestinese così da continuare ad usare la fame come strumento di guerra. È ciò che ha dichiarato esplicitamente anche il direttore della WCK, Erin Gore: «Non è stato solo un attacco contro di noi. Questo è un attacco alle organizzazioni umanitarie che si presentano nelle situazioni più terribili in cui il cibo viene utilizzato come arma di guerra», ha affermato. Non sembra un caso, dunque, che l’obiettivo di limitare il più possibile gli aiuti ai civili sia stato immediatamente raggiunto: a causa delle pericolose condizioni in cui sono costretti a operare i volontari, i dirigenti della WCK hanno annunciato una sospensione temporanea delle operazioni a Gaza, subito seguiti da altre organizzazioni come Anera e Project Hope. Nel frattempo, le condanne e le critiche internazionali si sono moltiplicate anche da parte dei principali alleati di Tel Aviv, tra cui Gran Bretagna e Stati Uniti.

Difficile, se non impossibile, del resto, che l’omicidio dei sette operatori sia stato il frutto di un errore: come ha raccontato il giornale israeliano Haaretz, citando fonti della Difesa, il percorso del camion che trasportava il cibo, scortato dal convoglio delle tre auto a bordo delle quali erano presenti le vittime della WCK, era stato concordato con lo stesso esercito di Tel Aviv e sulle auto era ben visibile sulle fiancate e sul tetto la scritta con il nome della ONG, “World Central Kitchen”. I sette volontari a bordo delle tre auto sono stati attaccati da un drone Hermes 450 che ha lanciato tre missili su ciascuna vettura, dopo che il convoglio aveva scaricato le 100 tonnellate di cibo in un magazzino a Deir al Balah e stava tornando verso il molo realizzato dalla ONG per far sbarcare gli aiuti portati via mare. Secondo la ricostruzione, nel tragitto verso il molo le auto sarebbero state colpite in quanto la sala operativa dell’unità israeliana responsabile della sicurezza del percorso avrebbe identificato un uomo armato sul camion che viaggiava insieme al convoglio delle tre auto. Tuttavia, il camion – e il presunto terrorista a bordo dello stesso – non ha mai lasciato il magazzino dove sono stati scaricati gli aiuti.

Come accennato, non è la prima volta che Israele colpisce gli operatori umanitari: secondo l’Aid Worker Security Database, dal 7 ottobre scorso sono stati uccisi in totale 200 operatori umanitari, compresi i sette volontari della WCK: «Gli operatori umanitari non possono mai e poi mai essere un obiettivo», ha scritto sui suoi social José Andres, aggiungendo che «il governo israeliano deve smetterla con questi omicidi indiscriminati». L’Unrwa da tempo denuncia di essere bersaglio di bombardamenti israeliani nonostante condivida in anticipo le coordinate dei luoghi scelti per la distribuzione degli aiuti. Noto è anche il caso ormai risalente al 2003 dell’attivista statunitense Rachel Corrie, schiacciata da un un bulldozer corazzato israeliano mentre protestava contro l’occupazione di Rafah.

Condanne sui fatti recenti sono arrivate anche dai governi occidentali: il primo ministro britannico Rishi Sunak ha dichiarato che la situazione a Gaza è «sempre più intollerabile» e, dopo avere convocato l’ambasciatore israeliano a Londra, ha chiesto un’indagine sull’attacco avvenuto lunedì contro i volontari di WCK. La stessa richiesta è arrivata dal segretario di Stato americano Antony Blinken, mentre si trovava a Parigi: «Abbiamo parlato direttamente con il governo israeliano di questo particolare incidente. Abbiamo sollecitato un’indagine rapida, approfondita e imparziale», ha detto Blinken.

La World Central Kitchen è una ONG ispano-americana fondata dallo chef Jose Andrès: nelle ultime settimane è rimbalzato sulle pagine di molti giornali il suo progetto Sapheena – in collaborazione con Open Arms –, che prevede l’arrivo a Gaza, grazie a un corridoio marittimo che parte dal porto di Larnaca, a Cipro, e giunge alla Striscia, di scorte alimentari. Oltre a minare l’immagine internazionale di Israele, l’uccisione degli operatori di WCK mina anche il “piano” di Israele di sostituire l’Unrwa (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi), accusata di collaborare con Hamas. Infatti la WCK è considerata dal gabinetto di guerra israeliano come un’alternativa possibile all’agenzia dell’ONU.

Dopo l’attacco all’ambasciata iraniana a Damasco – che in quanto sede diplomatica gode dell’immunità disciplinata dalla Convenzione di Vienna – l’approvazione di una legge per chiudere i media stranieri scomodi alla narrazione israeliana, tra cui Al-Jazeera, e l’attacco agli operatori umanitari, è sempre più chiaro che Tel Aviv violi sistematicamente ogni norma del diritto internazionale, tanto da far perdere la pazienza anche ai suoi alleati più “fedeli”, continuando ad affamare la popolazione di Gaza e dichiarando guerra alle organizzazioni umanitarie.

[di Giorgia Audiello]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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