Ferdinando Pastore

Javier Milei si può permettere di licenziare 15.000 dipendenti pubblici con la promessa di farne fuori altri 70.000 in pochi mesi, utilizzando l’esercito per bloccare manifestazioni e contestazioni, senza che nessun governo in Occidente sollevi problemi di ‘democraticità’.

Milei e l’eversione democratica

Mai si è parlato così tanto di democrazia come in questo periodo storico. Ma appunto se ne parla, non se ne discute. Non è concesso intessere ragionamenti, intrecciare punti di vista, sul significato del termine. La democrazia ci appare come una fotografia istantanea che inquadra una sola angolazione con il medesimo punto luce.

Negli anni della Resistenza, al contrario, i partiti che riempirono poi la Costituente iniziarono a interrogarsi su come dovesse avverarsi nella sostanza lo spirito democratico, consapevoli che non sarebbe bastato appellarsi a un mero formalismo giuridico o permettere soltanto l’esercizio cadenzato del voto.

Ridurre il concetto alla forma non permetteva di concepire una società politica nella quale lo Stato riconosceva il conflitto come motore delle relazioni sociali in un contesto capitalista. I partiti avrebbero consentito alle masse, alle classi, di essere rappresentate all’interno delle istituzioni tenendo conto dei vincoli posti dalla Costituzione.

Questi vincoli limitavano, di fatto, la forza dei grandi interessi privati che tendevano a sovrapporsi alla decisione politica, condizionandola o dirigendola. Certo esistevano logiche geopolitiche e i grandi gruppi industriali riuscivano pur sempre a esprimere le loro premure padronali e repressive, ma la scintilla delle forze organizzate del lavoro con le loro strutture politiche e sociali, riusciva a redigere parte dell’indirizzo politico.

Si tracciò allora un paradigma sostanziale della democrazia, molto distante dalle semplificazioni infantilistiche dei nostri giorni.

Oggi il termine democrazia è ammantato di una retorica inconcludente e ipocrita. Si pensa che esprimersi votando una volta tanto rappresenti la cornice sufficiente perché un cittadino possa considerarsi libero. Non interessa a nessuno il contesto dialettico, la natura dei rapporti di forza tra capitale e lavoro o il grado delle condizionalità poste all’azione di un governo, tanto per fare degli esempi; l’espressione del voto individuale basta a sé stessa.

Questa deriva preadolescenziale sull’idea di democrazia è ormai sentire comune come se un semplice sondaggio tra candidati avesse la capacità di descrivere la forma più consapevole di partecipazione. Anzi del diritto di voto così concepito se ne fa un manifesto ideologico da contrapporre a tutti i paesi non allineati ai nostri presupposti di civiltà, che però sono economici e non politici.

Tanto che in Argentina un vero e proprio paranoico del mercato libero, un estremista psicotico, il neo presidente, regolarmente eletto, Javier Milei, si può permettere di licenziare 15.000 dipendenti pubblici con la promessa di farne fuori altri 70.000 in pochi mesi. Il tutto condito da legislazioni speciali che vietano assembramenti o manifestazioni di qualsiasi genere.

Lo spiegamento delle forze di polizia si sostituisce, nelle funzioni, all’esercito, in una tradizione di indagini preventive sugli oppositori che ricordano l’orrore delle matite spezzate e dei garage Olimpo. Ma a nessuno viene in mente, nel libero Occidente, di negare al militare, camuffato da doppiopetto farneticante Milei, la patente di democratico. Perché appunto la maggioranza lo ha votato in un libero sondaggio assimilabile ormai a un televoto.

Quindi, quando parliamo della Russia o della Cina o di altri paesi che non si comportano come la nostra civiltà ordina, ricordiamoci che in una democrazia che non si limita all’esaltazione dopata della processione elettorale, un programma di governo come quello di Milei sarebbe inconcepibile e dichiarato inammissibile perché anticostituzionale

https://www.kulturjam.it/in-evidenza/milei-e-leversione-democratica-che-piace-al-mercato

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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