Le domande poste da Scurati nel suo breve e scheletrico assolo sono meramente retoriche. E fa sorridere il fervore di certo mainstream giornalistico nel gridare allo scandalo. Le domande vere avrebbero piuttosto dovuto vertere sui patti parasociali intercorsi all’atto del via libera dato al governo Meloni dall’establishment euro-atlantico.

I fascisti fanno i fascisti, gli antifascisti invece lo sono a giorni alterni

– Fausto Anderlini*

Questi son fascisti nell’animo, ed è strano questo accanimento a chiedergli di abiurare. Se i fratelli italioti recidessero il legame testamentario con l’Msi, cioè la Repubblica sociale, e finanche il cordone ombelicale con la stagione del neofascismo e dello stragismo (come a suo tempo fece notare Scarpinato, a nome dei 5Stelle, unico fra tutti), diventerebbero irriconoscibili a sé stessi.

Quel mondo infero e tanatologico, nero come il lutto, popolato di salme di camerati da onorare alberga in loro, ne traccia l’identità. Potranno al caso rigettare certi tratti del fascismo come politica di Stato, ma mai quell’atteggiamento mortuario verso la vita, spietato e allevato nel rancore assoluto quanto vittimistico e martiriologico, che è l’animo profondo del fascismo.

Un sentimento che si è forgiato nella sconfitta e nella reiezione in almeno mezzo secolo di storia Repubblicana (a partire da piazzale Loreto per finire con lo sdoganamento operato da Berlusconi nel ’93 davanti a un noto supermercato). La coscienza di gruppo di Fi, il suo legame timotico, ha poco a che vedere con la storia del notabilato tatarelliano, spesso approdato a Forza Italia.

Affonda bensì nel lungo stazionamento nelle fogne della damnatio memoriae cui la Costituzione consegnò il fascismo e nella guerra civile reattiva a bassa intensità combattuta in Italia nei ’70 con funzione di manovalanza. Ha ragione Luciano Canfora. Di giudizio analitico si tratta, tratto dalla psicologia del profondo.

Le domande poste da Scurati nel suo breve e scheletrico assolo sono meramente retoriche. E fa sorridere il fervore di certo mainstream giornalistico nel gridare allo scandalo. Le domande vere avrebbero piuttosto dovuto vertere sui patti parasociali intercorsi all’atto del via libera dato al governo Meloni dall’establishment euro-atlantico. Con una vittoria elettorale offerta su un piatto d’argento in seguito alla decisione di rompere l’alleanza nel centro sinistra, in causa dell’inaffidabilità dei 5Stelle.

Sappiamo per certo che fra questi patti figuravano l’allineamento atlantista, il rispetto dei vincoli europei e l’avanzamento del Recovery Fund quale ereditato dall’agenda Draghi. Punti che il governo Meloni ha onorato al meglio, come spesso hanno riconosciuto (e con ammirazione!) quegli stessi che oggi ne deprecano la renitenza alla revisione ideologica anti-fascista.

Gli stessi che dopo le elezioni regionali hanno gioito alla sconfitta giallo-verde (Conti e Salvini, gli inaffidabili, il primo innanzitutto) salutando la convergenza di Pd e Fi sulla politica estera come foriera di un sano bipolarismo pro-sistema.

In sintesi: hanno installato i fascisti al potere e adesso gli chiedono di non eccedere nell’essere tali, bastandogli una qualche abiura di facciata e una maggiore decenza ‘liberale’ nel trattare i media. Esortazioni destinate al fallimento, dalla via che l’identità neo-fascista è alla fin dei conti tutto ciò che di autonomo rimane ai diligenti esecutori di piani altrui.

Io mi auguro che nel corso del 25 Aprile l’Anpi levi la sua voce non solo contro i fascisti, ma soprattutto contro chi li ha messi lì.

* Grazie a Fausto Anderlini

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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