Con l’inflazione in Europa scatenata dalla guerra Russo-Ucraina, arriva la risposta folle di Christine Lagarde che alza ancora i tassi di interesse della BCE, una classica operazione di difesa nel breve periodo del grande capitale, con i grandi media silenti e ossequienti alla catena di comando atlantica.

La BCE alza ancora i tassi, un atto scellerato *

Christine Lagarde, gioviale Presidentessa della Banca Centrale Europea, ha alzato ulteriormente i tassi di interesse della BCE al 4%.
La ragione ufficialmente addotta è il controllo dell’inflazione.

Trattandosi in Europa di inflazione esogena, scatenata soprattutto dalla guerra Russo-Ucraina, che ha ristretto l’offerta di materie prime e risorse energetiche, rendendole più costose, un intervento restrittivo della BCE è un atto completamente incongruo – in effetti confinante con il criminale.

Da manuale, gli interventi restrittivi sul tasso di sconto della Banca Centrale hanno lo scopo di raffreddare un’economia che ha preso un abbrivio inflattivo a causa di un eccesso di dinamicità del capitale, quando si prendono troppo facilmente prestiti confidando sulla capacità di investirli con rendite crescenti in un’economia in forte crescita. In questi casi si può avviare una spirale tra aumento dei salari e dell’inflazione che può essere indesiderabile.

Quando invece l’economia è stagnante, quando non recessiva, come avviene ora in Europa, un aumento dei tassi di interesse ha un’unica valenza: consente ai detentori di grandi capitali di difendersi parzialmente dall’inflazione, in quanto il loro denaro può essere messo a frutto con un interesse sul mercato dei capitali.

Ma per i debitori, i mutuatari e l’economia reale delle piccole e medie imprese questo significa soltanto un ulteriore strangolamento, in una fase già estremamente difficile da almeno tre lustri.

In sostanza l’intervento della Presidentessa Lagarde è una classica operazione di difesa nel breve periodo del grande capitale, camuffata da intervento per evitare danni pubblici da inflazione.

Sotto queste condizioni un’erosione dell’inflazione può avvenire soltanto al prezzo di un massacro delle PMI con correlato incremento di fallimenti, disoccupazione e mala-occupazione.

E comunque l’impatto sull’inflazione sarà minimo. Se nulla cambia nello scenario delle tensioni internazionali – l’inflazione rimarrà alta finché i salari reali non si allineeranno al ribasso all’incremento dei costi di produzione.

Tirando le fila, la dirigenza europea, dopo averci trascinato in uno scontro bellico che non ci appartiene, dopo aver nutrito a colpi di erario pubblico la guerra, dopo aver danneggiato irreparabilmente i rapporti con i maggiori fornitori di materie prime, ora sta cercando di ammorbidire l’impatto di questi squarci soltanto per il ceto dei grandi detentori di patrimoni liquidi, lasciando il resto della popolazione ad annegare nelle conseguenze delle decisioni dei Borrell e delle von der Leyen.

Tutto questo naturalmente può essere fatto con assoluto agio in un panorama in cui il giornalismo è generalmente ossequiente alla catena di comando atlantica e le rappresentanze parlamentari si occupano di imperdibili diritti civili da gourmet, o del menu alla buvette di Montecitorio.

* Ripreso da Andrea Zhokfilosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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