Maurizio Pagliassotti

Le ore successive allo sciopero del settore automotive a Torino sono state sorprendenti: i media hanno annunciato l’aumento dei compensi che si sono riservati i vari dirigenti del gruppo Stellantis, in primis il Ceo Tavares. Al contempo è stato annunciato l’azzeramento del lavoro reale a Mirafiori, in virtù del contratto di solidarietà, anche per i 1.174 operai impiegati sul modello di punta dello stabilimento torinese: la Fiat 500 elettrica. E così Stellantis dopo aver collocato in solidarietà i dipendenti della linea Maserati fino a dicembre, ha replicato la misura. Si parla di riapertura a settembre. D’altronde a Mirafiori si produce un unico modello, la 500 elettrica: troppo cara per essere un’auto da 100.000 pezzi all’anno, probabilmente.

La tempistica dell’annuncio di Stellantis mette in evidenza il totale scollamento, il disinteresse, nonché la sicurezza con cui si muove la proprietà. Sono prassi ottocentesche, padronali. Il 70,2% degli azionisti di Stellantis ha approvato lo stipendio del Ceo Carlos Tavares nel 2023: ben 36,5 milioni di euro l’anno, in aumento del 56% rispetto al 2022. Una cifra pari all’incirca a 1.200 volte quello che percepisce un operaio di Stellantis. Certo, in confronto a un giocatore di calcio che corre dietro a un pallone pare un modesto impiegato: ma questo dà ancor più l’idea di un mondo malato.

Esiste un limite in questa sperequazione? Esiste un limite in sé in un mondo che ha deciso che il concetto di libertà non può avere alcun limite, soprattutto per quanto la distruzione dei diritti sociali? Quando si raggiungerà il rapporto 1 a 100.000 lavoratori continueremo a non parlare di ricchi e di poveri, di furto? Continueremo a parlare invece di “meritocrazia” in una società ormai divisa in caste?

È interessante il pensiero franco dello stesso Tavares, a cui è stato domandato perché la nuova Alfa Milano, poi ribattezzata in Junior, non sia fatta in Italia: «Se prodotta in Italia costerebbe 40.000 euro anziché 30.000» ha detto. Sottolineando che il margine di profitto della produzione in Polonia è buono. «Ma non è questa la questione», «impostazione ideologica»: già si sente la tiritera di chi difende a spada tratta questo meccanismo fondato sulla lotta di classe tra poveri.

Mi ha fatto molta impressione il giorno della marcia che ha attraversato Torino, sentire come richiesta principale da parte dei sindacati questa frase: «Meloni deve convocare Tavares». Cosa dovrebbe dire costei a Tavares è ignoto. Forse dovrebbe promettergli soldi, sempre lì siamo, affinché tenga qualche minima produzione a Mirafiori e in Italia? I famosi “incentivi”. L’idea in sé non è peregrina perché non sarebbe una novità: è sempre stato così in fondo. Ma qui davvero il problema è un altro: a Stellantis non importa nulla dei pochi spiccioli che può offrirgli lo Stato italiano strozzato dai debiti. I rapporti di forza oggi presenti nella società, e quindi la gravissima debolezza della stessa democrazia ormai privata di ogni forza riconducibile ai corpi intermedi, in primis partiti e sindacati, è di fronte a noi.

La presidente del Consiglio non convocherà Tavares perché sa che questo ricco amministratore delegato potrebbe ignorare tale “convocazione”, oppure rispondere con qualche umiliazione pubblica come accaduto per Torino e Mirafiori. Il capitalismo attuale si è mangiato tutto: rimane qualche forma esteriore buona a intrattenere il pubblico la sera, all’ora del Tg

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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