Foto di Etienne Girardet (unsplash)

Quelli che hanno troppo stanno già raschiando il fondo del barile ma non possiamo aspettare che la situazione diventi evidente anche ai miliardi di qualunquisti terrorizzati dalla sola idea di doversi privare di qualcosa a cui si sono abituati.

Togliere a quelli che hanno troppo o…

Di Francesco Erspamer*

Tutti i mali degli uomini derivano da una sola causa, diceva Pascal: il fatto che non se ne restino tranquilli in una camera. Come a dire che a ucciderci individualmente è proprio quella socialità che ci consente di sopravvivere come specie, oltre che di condurre un’esistenza interessante.

Per la maggioranza di noi la soluzione non può dunque essere una torre d’avorio come per Pascal l’abbazia di Port-Royal; tuttavia la continua mobilità che a molti ormai pare un irrinunciabile diritto se non una necessità, è altrettanto insostenibile: non solo per via dell’inquinamento provocato dai mezzi di trasporto e dagli aerei in particolare ma anche perché indebolisce le comunità, cancella le tradizioni e così elimina le diversità locali, dunque la capacità di adattarsi in modi differenti a differenti territori e agli accidenti storici, spesso improvvisi e imprevedibili.

In realtà i forzati delle vacanze esotiche, delle “esperienze” all’estero e dei viaggi di lavoro non sono molti: nel 2018, prima del Covid, solo il 2% della popolazione mondiale uscì dal proprio paese e se sembrano di più è perché parecchi di loro (me incluso) lo fanno spesso; per non dire del fatto che costituiscono il ceto più benestante, influente e aggressivo, quello appunto dei cosmopoliti e dei vincenti, diretti beneficiari della globalizzazione e determinati a non rinunciare ad alcun privilegio, costi quel che costi (agli altri).

È questa del resto la ragione per cui i governi liberisti si sono rivelati stranamente virtuosi nella lotta contro la pandemia, al punto da ridare un po’ di potere allo Stato e al settore pubblico dopo che per quarant’anni li avevano sistematicamente boicottati: meglio imporre il disagio di qualche serrata, quarantena e coprifuoco piuttosto che rischiare che i popoli prendano coscienza dei danni della deregulation selvaggia e del consumismo compulsivo, i due pilatri del neocapitalismo.

Infatti, a evitare sgradite conseguenze quali la rinascita del senso di appartenenza, della disciplina e dell’idea di bene comune, hanno affidato alla destra libertaria e alla sinistra anarchica e liberal l’incarico di riaffermare in piazza e su internet la preminenza assoluta dei tre valori che caratterizzano il modello americano e le altre concezioni egoistiche dell’esistenza, ossia la vita, la libertà e la felicità (al posto della volontà di sacrificarsi e rinunciare a qualche vantaggio per beneficiare il proprio prossimo, cioè in nome dell’eguaglianza economica).

Finirà comunque: stanno già raschiando il fondo del barile. È dai primi anni settanta che l’umanità vive di rendita sprecando ciò che le generazioni precedenti avevano risparmiato.

il ritorno della guerra in Europa ha fatto il resto.

Purtroppo non possiamo aspettare che la situazione diventi evidente anche ai miliardi di qualunquisti terrorizzati dalla sola idea di doversi privare di qualcosa a cui si sono abituati (anche solo come desiderio o sogno) o, peggio, di dover lottare per far pagare la trasformazione ai ricchi e agli avidi: quando si sveglieranno sarà troppo tardi.

Come al solito spetta dunque alle persone di buona volontà caricarsi del peso del cambiamento. Come? Organizzandosi, disciplinandosi, inasprendosi. Perché nel medio e lungo termine le alternative sono solo due: o si toglie molto a quelli che hanno troppo o loro toglieranno tutto a chi ha poco.

Non mi piace la prospettiva di dover vivere chiuso in una camera; per evitarlo va posto un freno all’omogeneizzazione del pianeta.

* Ripreso da Francesco Erspamer, professore di studi italiani e romanzi a Harvard; in precedenza ha insegnato alla II Università di Roma e alla New York University, e come visiting professor alla Arizona State University, alla University of Toronto, a UCLA, a Johns Hopkins e a McGill.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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