Il partito della sinistra greca cerca un leader dopo la sconfitta alle ultime elezioni. Achtsioglou, l’ex ministra favorita, strappa applausi. Primo test: le comunali di ottobre.

«Non vinceremo nelle periferie proponendo il tennis come sport popolare». La battuta, proferita a mezza bocca da un vecchio militante di Syriza, strappa molte risate davanti al centro culturale Meizonos ellinismou. Nell’edificio lungo la direttrice che unisce la città di Atene al Pireo, tra vecchie polo rosse e giornali sottobraccio, si è riunito ieri il congresso permanente di Syriza per approvare le candidature dei cinque aspiranti alla presidenza, dopo le dimissioni di Alexis Tsipras.

Una battuta sintomo delle inquietudini della vecchia fronda nei confronti del processo di rinnovamento iniziato ieri, ma anche del clima disteso in cui si è svolto il congresso. Esserci, dopo la batosta elettorale di giugno, è già un segnale positivo.

Nella sala, riempita da 1.200 persone – molte teste bianche e pochi giovani – c’è un grande assente: Alexis Tsipras. Ma il posto lasciato vuoto dal demiurgo della sinistra greca marca un’assenza solo apparente: la sua eredità unisce come un filo le posizioni dei candidati che ambiscono a succedergli.

La sfida è riprendere la proposta radicale che aveva convinto i cittadini umiliati a votare il partito in nome della giustizia sociale, affermando allo stesso tempo Syriza come forza di governo dalla base ampia. Tanto più che un partito di sinistra senza ambizioni di governo già c’è: il Kke, forte del 7% ottenuto alle ultime elezioni, che hanno segnato il tracollo di Syriza, ferma al 20%.

Dopo le dimissioni, Tsipras si è affermato come il traghettatore silenzioso in questo delicato passaggio: i suoi account social tacciono, ha passato l’estate in California con la famiglia, e fonti di Syriza lasciano trapelare la sua insofferenza verso i tentativi di attribuirgli la vicinanza a uno dei candidati.

Nella sala gli occhi di molti sono puntati su Efi Achtsioglou, ex ministra del lavoro, considerata tra i favoriti. Accolta da calorose strette di mano, dal palco insiste sulla necessità di «un partito metodico, dentro e fuori dall’aula», a difesa dei lavoratori, del diritto alla salute e all’istruzione.

«Il nostro posto è con i molti, non con l’oligarchia», afferma mentre in tanti si alzano in piedi per applaudirla e qualcuno, timidamente, mostra il pugno. «Il suo discorso migliore, finalmente la situazione si anima», commentano dalle retrovie.

A smuovere le acque di una campagna abbastanza monotona ci ha pensato Stefanos Kasselakis, l’imprenditore navale candidato alle scorse elezioni con Syriza, che ha deciso di entrare nella partita solo pochi giorni prima del congresso, incalzando gli avversari.

Cresciuto negli Stati uniti, dove per cinque anni ha lavorato per Goldman Sachs, ha rivendicato di avere conosciuto in quell’occasione «l’arroganza del denaro» e dal palco si è posto in continuità con il lavoro iniziato da Tsipras. Si è poi scagliato contro il nepotismo che costringe i giovani a emigrare e ha provato ad allontanare da sé le accuse di centrismo, dicendosi contrario a una possibile alleanza con i socialisti del Pasok, «partito di centro-destra». Ma la sua «estraneità a Syriza» provoca non pochi mal di pancia nella base del partito: «Di armatori al comando ne abbiamo le tasche piene», mormorano alcuni durante l’intervento, prima di essere zittiti dai compagni a fianco.

L’ultimo a parlare è il compagno Euklides Tsakalotos, ex ministro delle finanze stimatissimo nel partito, che si presenta sul palco con il fare placido di chi dei congressi vissuti ha perso il conto. Apre con un appello alla vecchia guardia: «Senza battaglie ideologiche non diventeremo una forza dominante, ma al contrario verremo assorbiti dal discorso dominante», e chiude mettendo al centro dell’agenda il mantenimento del radicamento sociale e la messa in discussione del modello economico: «Se lo sviluppo non è ‘rosso’, non diventerà mai ‘verde’». La prossima tappa sarà il 10 settembre, quando i 152.193 tesserati eleggeranno il presidente. Il tempo stringe in vista delle elezioni comunali dell’8 ottobre.

Nel suo discorso di dimissioni, Tsipras aveva definito l’ultima sconfitta elettorale «la battaglia più difficile e più bella». Ma la battaglia più bella, commenta un funzionario di Syriza con i baffi spioventi, «deve ancora venire».

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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