Martedì 26 marzo, a Ginevra, in occasione di una riunione del Consiglio per i diritti umani dell’ONU (UNHCR), la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati Francesca Albanese ha presentato un rapporto in cui dimostra, punto per punto, come, perché e in che cosa Israele stia compiendo un genocidio nei confronti dei palestinesi a Gaza. Nella dettagliata relazione dal titolo Anatomia di un genocidio, Albanese presenta una serie di prove “che suggeriscono che Israele abbia commesso almeno tre degli atti proscritti nella Convenzione”, avanzando altresì una disamina degli intenti di Tel Aviv, che avrebbe incitato tanto indirettamente quanto direttamente a perpetrare atti di genocidio. Come era facile immaginare, Israele non ha accolto con benevolenza il rapporto di Albanese, tanto che la Rappresentanza permanente di Israele presso l’ONU a Ginevra ha definito i contenuti del fascicolo come «oscene distorsioni della realtà».

Nelle 25 pagine di Anatomia di un genocidio, Francesca Albanese, dopo avere fornito una contestualizzazione della situazione in Palestina e della cornice legale a cui ci si riferisce quando si parla di crimini umanitari e di genocidio, passa a un’analisi dettagliata delle prove che dimostrano come Israele stia compiendo atti di genocidio intenzionalmente e mascherandoli dietro finti propositi umanitari, per infine fornire le proprie raccomandazioni. Secondo Albanese, gli atti con lo specifico intento di genocidio commessi da Israele sono “almeno tre” dei cinque previsti dalla  Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidiol’uccisione di membri del gruppo etnico, la procura di seri danni fisici o mentali ai membri del gruppo, e l’impartizione deliberata di condizioni di vita calcolate alla distruzione fisica in tutto o in parte del gruppo.

Nello specifico, il primo di questi punti non viene provato dai soli numeri di morti, di cui il 70% donne e bambini, causati da Israele negli ultimi mesi, ma anche dal fatto che Tel Aviv non abbia mai provato come il restante 30% delle vittime degli intensissimi bombardamenti – che a quanto riporta Albanese hanno visto utilizzate oltre “25.000 tonnellate di esplosivo (equivalenti a due bombe nucleari)” – fossero “combattenti attivi di Hamas, una condizione necessaria perché loro potessero venire legalmente bersagliati”. Per il secondo punto, Albanese cita un passato giudizio del Tribunale Criminale Internazionale della vecchia Yugoslavia (ICTY), in cui l’ICTY definisce tale atto come una serie di azioni che causano “uno svantaggio grave e a lungo termine alla abilità di una persona di condurre una vita normale e costruttiva”. Citando ulteriori processi internazionali, Albanese specifica che il danno “non deve essere permanente”, ma può perpetrarsi anche sotto forma di “tortura, trattamento disumano o degradante, violenza sessuale, persecuzione, deportazione e altre condizioni ‘designate a causare la degradazione e la deprivazione dei diritti delle vittime’”.

A tal proposito, sulla situazione a Gaza, Albanese non cita solo i danni fisici e psicologici causati ai civili palestinesi, che sono stati “testimoni di morte e devastazione”, ma anche le condizioni di carestia imposte loro da Israele, il rifiuto di fornire loro rifugio e assistenza medica e farmacologica, il trattamento riservato ai detenuti, e il “tormento inflitto ai bambini di ogni età, uccisi o salvati dalle macerie” e spesso resi orfani. Quest’ultimo punto, così come la percentuale di vittime di sesso femminile e in età infantile, proverebbero anche la terza delle accuse mosse da Albanese, che non necessariamente “implica condotte che uccidono direttamente i membri del gruppo”. Tra di esse, la Relatrice speciale fornisce svariati esempi, come il bombardamento dei rifugi umanitari, degli ospedali (in totale il 77% delle strutture), delle case (60%) e degli edifici residenziali (68%), delle università (tutte) e delle altre strutture del mondo dell’istruzione (60%), nonché delle infrastrutture di telecomunicazioni (68%), di municipio (72%), e del commercio e industriali (76%), tra cui le strade; vengono inoltre citati il negato accesso ad acqua ed elettricità, e i danni all’eredità culturale della Striscia causati dai “bombardamenti a tappeto”.

L’intenzionalità nel portare avanti atti di genocidio e la volontà di mascherarli dietro a questioni umanitarie sarebbero per Albanese evidenti nelle numerose dichiarazioni rilasciate da parte di Netanyahu e dei suoi ministri. Il criterio dell’intenzionalità, sottolinea Albanese, è necessario perché un Paese possa venire accusato di genocidio, e può essere stabilito tramite prove dirette o indirette, come appunto dichiarazioni rivolte alla deumanizzazione del gruppo e all’incitamento alla guerra (di cui Albanese fornisce sei esempi), piani statali, e atti di ingiustificata “atrocità” nella conduzione di una campagna militare, per cui Albanese richiama gli esempi precedenti. Per mascherare il proprio intento di genocidio, riporta Albanese, Israele accusa Hamas di usare i civili come scudi, dipingendone così la morte come “danno collaterale”, allarga la campagna sull’intera Striscia con la scusa di volere eradicare Hamas, invita i civili a evacuare le aree a rischio senza instaurare zone franche, ma esponendoli ai bombardamenti, e attacca strutture vitali come gli ospedali con la scusa che esse fungano da rifugio ai miliziani di Hamas.

Il rapporto di Albanese contiene numerosissimi esempi e analisi che dimostrano come Israele stia effettivamente portando avanti atti di genocidio nella Striscia di Gaza. Per tale motivo, la Relatrice speciale, invita i Paesi delle Nazioni Unite a prendere misure politiche ed economiche nei confronti di Israele, così da imporre un immediato cessate il fuoco anche ai sensi della risoluzione ONU adottata recentemente. Albanese inoltre, suggerisce ai Paesi ONU di supportare il Sudafrica nella causa contro Israele, allo stesso tempo avviando una indagine indipendente e trasparente riguardo a tutti i crimini umanitari perpetrati da Tel Aviv anche attraverso la costituzione una commissione speciale contro l’apartheid. Secondo Albanese, inoltre, si dovrebbe costringere Israele ad ammettere i propri crimini e a ripagare per i danni causati, continuare a fornire aiuto economico all’UNRWA, e, in coordinazione con lo Stato di Palestina, dispiegare temporaneamente una “presenza internazionale protettiva” per fermare la violenza nei territori palestinesi occupati.

[di Dario Lucisano]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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