Domenico Lucano, il sindaco di Riace diventato famoso anche fuori i confini nazionali per il suo modello di integrazione considerato da molti un vero e proprio gioiello, è agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Locri. Per la sua compagna, Tesfahun Lemlem, è stato invece stabilito il divieto di dimora.

L’operazione in cui il sindaco Lucano è stato coinvolto era partita nel 2016 ed era finalizzata ad appurare eventuali illeciti in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al comune di Riace per l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo politico.

Dopo un anno di indagine, il GIP ha negato che si potesse confermare alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate, tant’è vero che non è stata emessa alcuna misura cautelare nei confronti di Lucano sulle contestazioni che hanno a che fare con l’utilizzo dei fondi per la gestione dell’accoglienza dei migranti.

Nel corso dell’indagine, tuttavia, è emerso che il sindaco avrebbe organizzato dei “matrimoni di convenienza” tra cittadini italiani e donne straniere per consentire la permanenza di queste ultime sul territorio. Il sindaco, si dice poi, avrebbe affidato direttamente e senza gara di appalto, come invece previsto dal Codice dei contratti pubblici, il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti di Riace a due cooperative sociali, Ecoriace e L’Aquilone, che non avrebbero però i requisiti di legge richiesti per fornire quel servizio.

La Procura procederà nei prossimi giorni ad approfondire «ogni opportuno aspetto per presentare l’eventuale, apposito ricorso presso il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, fermo restando che dalle indagini è comunque emersa una pluralità di situazioni che, nell’immediatezza, impone la trasmissione degli atti alla Procura regionale della Corte dei Conti ai fini dell’accertamento del connesso danno erariale».

Circa un anno fa contro Lucano, che aveva iniziato uno sciopero della fame e che si era scontrato direttamente con l’attuale ministro dell’interno Matteo Salvini, era partita un’indagine della magistratura per «anomalie nel funzionamento del sistema». Lucano era stato iscritto nel registro degli indagati con le ipotesi di concussione e truffa: in quell’occasione, la procura gli contestava il sistema dei bonus e delle borse lavoro, due strumenti con cui a Riace si utilizzavano in modo diverso i 35 euro giornalieri concessi dallo Stato per la gestione dei richiedenti asilo.

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