Il 21 dicembre 2018 è stata chiusa l’ultima miniera di carbone della Ruhr: adesso possiamo davvero scrivere che è finito il Novecento. Almeno qui in Europa. Perché, al di là delle ideologie e della propaganda, al di là delle scelte e delle alleanze politiche, il controllo di quel patrimonio minerario e della ricchezza che rappresentava è stato uno degli elementi che ha scatenato i conflitti mondiali che hanno segnato così drammaticamente il secolo che è appena finito. E si tratta di un ciclo storico che risale a molti secoli addietro, perché la storia dell’Europa è in sostanza la storia dei conflitti tra le potenze europee – e segnatamente la Francia e la Germania – per il controllo della valle del Reno, che è poi diventato il conflitto per il controllo del carbone e delle industrie della Ruhr.
E adesso quel carbone non c’è più e quindi viene a mancare la causa scatenante di ogni possibile conflitto futuro. O meglio, il carbone nella Ruhr c’è ancora, ma è troppo in profondità e quindi estrarlo è diventato se non impossibile – viviamo nel tempo in cui vogliamo che nulla sia impossibile – quantomeno diseconomico.
Peraltro la fine del carbone della Ruhr – un fenomeno che era ormai evidente da anni – è il motivo per cui noi siamo la prima generazione di europei che non abbiamo combattuto una guerra all’interno dei confini del continente in cui siamo nati. Spero che nessuno di voi creda alle favolette sulla buona volontà dei padri fondatori delle istituzioni comunitarie. Non c’è stata una nuova guerra in Europa non perché sono stati firmati i Trattati di Roma – che, come ogni trattato, poteva diventare carta straccia – ma perché non c’erano più le ragioni economiche per sostenere un tale conflitto. Perché in sostanza chi decide davvero le guerre sapeva già che il carbone della Ruhr stava per finire.
La chiusura dell’ultima miniera di carbone della Ruhr può essere usata come la data per sancire la fine del Novecento, proprio perché questo è il secolo delle guerre per il controllo del carbone, visto che è anche il secolo in cui l’energia è diventata l’elemento indispensabile per garantire e sostenere il progresso tecnico e scientifico. Il Novecento è il secolo delle scoperte, della velocità, del futuro, e il carbone è stato quello che ha dato l’energia a tutto questo, peraltro un’energia molto sporca, di cui ora paghiamo le conseguenze. Il secolo che è cominciato con le avanguardie artistiche che celebravano il movimento e con i cannoni dispiegati lungo il fronte della Somme, ossia con attività che avevano “fame” di carbone, era fatale che finisse una volta terminato questo combustibile.
Infine il carbone è così importante per la storia del Novecento perché in quelle miniere si trovava uno dei fronti più avanzati e combattuti della guerra di classe. Quando Eugène Pottier – l’autore dell’Internationale – deve dire chi sono i nemici dei lavoratori nella lutte finale, cita non a caso les rois de la mine et du rail. La chiusura dell’ultima miniera della Ruhr significa che allora è finita la guerra di classe? Ovviamente no, e questo è il motivo per cui io continuo ostinatamente a considerarmi un residuato bellico di quel secolo. Perché se i “re delle miniere” hanno deciso che estrarre il carbone nella Ruhr non è più conveniente è perché spendono molto meno – e quindi loro guadagnano molto di più – a farlo estrarre in altri parti del mondo, dove i lavoratori possono essere sfruttati senza che si lamentino, dove la terra e l’acqua possono essere inquinate senza che nessuno protesti. E anche noi, figli e nipoti dei minatori della Ruhr, che siamo diventati impiegati e lavoriamo in uffici con l’aria condizionata, seduti dietro lo schermo di un personal computer, sfruttiamo quei nostri fratelli che non vediamo, perché abbiamo bisogno di sempre più energia e vogliamo spendere sempre meno. Il Novecento è proprio finito, perché è finita anche la guerra di classe: hanno vinto les rois de la mine.

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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