Di Robert Fisk

Se sei un Americano, è ancora là fuori tra i “probabili” candidati. Me se vivi in Medio Oriente – se sei Arabo o Israeliano, Musulmano, Ebre o Cristiano, dovresti tenere d’occhio Bernie Sanders.

Non è un vincitore certo – naturalmente – sicuramente non dopo il suo  patetico passaggio di consegne alla orribile Hillary Clinton nelle elezioni presidenziali americane del 2016.Ricordo ancora di avere urlato “No!”, quando ho sentito i suoi fan maledire la sua decisione di ritirarsi a favore della Clinton. Ma il “ragazzo” potrebbe avere il fegato, perfino il coraggio di resistere all’alleato al quale gli Stati Uniti danno sempre sostegno servile, acritico, immorale.

Notate come, a questo punto, io non abbia bisogno di identificare Israele come l’alleato in questione. Non ho neanche dovuto citare nel mio primo paragrafo che Sanders è uno dei due più preminenti membri ebrei del Senato degli Stati Uniti. Sanders, infatti “porta” le sue origini, la sua razza e la sua religione, il suo contesto sociale e la sia integrità, così agevolmente, che viene percepito, perfino da un cinico europeo che vive ancora in un mondo pre-Brexit, (proprio) come un uomo palesemente a posto. Al contrario di Donald Trump, è sano di mente, ma, al contrario di Obama, non è una brava persona  oppure così ossessionato dalla visibilità, da pensare di potere ingannare gli elettori con un bell’aspetto di persona che sta invecchiando e con il giusto entusiasmo.

Una cosa è che un candidato di colore cerchi di ottenere il voto dei neri   negli Stati Uniti, ma per un ebreo americano cercare di ottenere  il voto degli Ebrei americani è una cosa molto diversa.

La campagna di Sanders non riguarderà solo l’economia o l’inutilità dei muri messicani. Potrebbe riguardare l’Iran. Solleverà molte domande tra i fondamentalisti cristiani. Ma, soprattutto, riguarderà Israele. E se questo intellettuale liberale sarà un candidato serio per il 2020, incontrerà un sacco di antisemitismo latente negli Stati Uniti. Ci è voluto abbastanza tempo prima che John Kennedy, il primo americano cattolico divenuto presidente, si liberasse della rivendicazione di essere più fedele al Papa che all’America.

Immaginate soltanto come Sanders dovrà affrontare gli stessi fanatici quando questi insinuano che è più leale a Israele che al suo proprio paese. Non è – come ha suggerito una volta un presentatore televisivo – una persona con doppia nazionalità. Non è un israeliano. E’ figlio di immigrati ebrei polacchi.

“Sai,” ha detto allo stesso conduttore televisivo, “mio padre è arrivato in Polonia da questo paese dalla Polonia all’età di 17 anni senza un soldo in tasca. Amava questo paese … sono, ovviamente, un cittadino americano e non ho alcuna doppia cittadinanza “. Ha detto in una successiva intervista, che era “orgoglioso di essere ebreo” “ma non “particolarmente religioso”. Trascorse del tempo in un kibbutz israeliano vicino ad Haifa nel 1963 dopo la laurea. Così fecero migliaia di altri americani ed europei – e non erano tutti ebrei.

Date un’occhiata al suo Curriculum Vitae riguardo a Israele/Palestina, e vedrete che Sanders, chiaramente, non è né un sionista aggressivo né un  tonto  liberale. E’ un Democratico del New Deal e così molti lo giudicherebbero. Gli elettori più giovani, di sinistra, lo considerano una specie di intellettuale mobile che tende verso l’alto, un Chomsky su quattro ruote  – anche se il grande filosofo, attivista e linguista (ebreo) ha detto, prima della scorsa elezione presidenziale che avrebbe votato per la Clinton  come favorita invece che per Sanders negli stati incerti, in un voto finale, per tenere fuori Trump. Questo gli ha fatto molto bene.

Ricordiamo, però, qualche altra  cosa su Sanders.  Ha sempre sostenuto il “diritto di Israele ad esistere” e il suo diritto all’autodifesa, ed sempre condannato gli attacchi palestinesi contro gli israeliani. E’, però,  tenuto lontano anche dai gruppi di lobby ebraiche pro Israele,  come l’American Public Affairs Committee (AIPAC) e non si è trattenuto quando ha scelto di condannare Israele per il suo progetto coloniale illegale di costruire case per ebrei ed ebrei soltanto,  nella Cisgiordania occupata, né quando Israele ha palesemente interferito nella politica interna degli Stati Uniti o in quella elettorale.

Quando Benjamin Netanyahu si è rivolto a una sessione congiunta del Congresso nel 2015 – con le consuete ovazioni di Saddam dai rappresentanti americani più timorosi di essere critici nei confronti di Israele che non essere in piedi davanti alla lobby – Sanders ha saltato il discorso. “Lui [Netanyahu] non ha il diritto di inserirsi in una discussione politica americana essendo l’oratore di fronte a una sessione congiunta del Congresso per criticare gli Stati Uniti”, ha detto alla CNN. E’ come un soffio di aria fresca da parte di un importante politico americano, anche se i suoi 77 anni danno a Sanders la patina della saggezza – e quindi più margine del solito per un critico di Israele.

La guerra di Gaza del 2014 (con la solita discrepanza di 2.100 morti palestinesi rispetto a 72 israeliani), sembra che sia stato un momento critico nell’orrore provato da Sanders per le uccisioni israelo-palestinesi. Parlava “degli attacchi [sic] israeliani che uccidevano centinaia di persone innocenti – comprese molte donne e bambini” e si riferiva agli spietati attacchi aerei di Israele definendoli “esagerati” e “completamente inaccettabili”. Al  contrario di Hillary Clinton, Sanders non si è ingraziato l’AIPAC parlando alla loro conferenza del 2016 sulla politica. Nel discorso che avrebbe fatto, ha detto che “è assurdo che elementi presenti all’interno del governo di Netanyahu suggeriscano che costruire ancora altri insediamenti in Cisgiordania sia la replica adeguata alla violenza più recente. Non è neanche accettabile che il governo di Netanyahu abbia deciso di trattenere ai Palestinesi centinaia di milioni di shekel di entrate fiscali.

Ha, però aggiunto, che era inaccettabile per il “presidente” palestinese Mahmoud Abbas – sono mie le virgolette – che un uomo che ha da lungo tempo era senza la legalità presidenziale – “chiedesse l’abrogazione dell’accordo di Oslo”. Ciò avrebbe avuto senso – soltanto se Abbas avesse effettivamente  minacciato Oslo perché la continua costruzione di colonie ebraiche in terra araba aveva già distrutto efficacemente l’accordo. E in una successiva lettera circolare al senato, incoraggiata dall’AIPAC, è apparso che Sanders desse tutti i soliti avvertimenti a Israele, lamentandosi che l’ONU aveva espresso critiche sproporzionate nei confronti di Israele e svilendo il lavoro dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i profughi della Palestina nel Vicino Oriente (UNRWA). In seguito ha detto che in realtà non aveva scritto la lettera anche se l’aveva firmata, il che era un poco  come scusarsi con i palestinesi dopo averli buttati sotto il proverbiale autobus.

Il punto più vicino che ha raggiunto nell’affrontare il grande taboo – la sacrosanta

era metà Chomsky e metà Obama. “Ciò che va essere fatto”, ha detto, “è che gli Stati Uniti d’America devono avere una politica mediorientale che sia imparziale, che non fornisca semplicemente somme infinite di denaro, di supporto militare a Israele, ma che tratta entrambe le parti con rispetto e dignità, e che faccia del suo meglio per portarli al tavolo delle trattative “.

Ma ha anche ottenuto un cenno di approvazione dal geniale Norman Finkelstein quando ha detto ai  liberali dell’organizzazione no profit J Street,  che  il sostegno di Donald Trump per un accordo di pace non è stato  molto.” La vera domanda è: pace in quali termini e in base a quale accordo? “Pace” significa che i palestinesi saranno costretti a vivere sotto il perpetuo dominio israeliano, in una serie di comunità sconnesse in Cisgiordania e Gaza?”  Non è tollerabile e non è pace.

“Se ai palestinesi nei territori occupati viene negata l’autodeterminazione in uno stato di loro proprietà, riceveranno piena cittadinanza e pari diritti in un singolo stato, potenzialmente intendendo la fine di uno stato maggioritario ebraico? Queste sono domande molto serie con implicazioni significative per i partenariati e gli obiettivi regionali più ampi dell’America “.

Se vuoi vedere che cosa combatte Sanders negli abusi degli ebrei americani che sicuramente non voteranno per lui, devi solo dare un’occhiata alla critica  di Andrea Peyser sul  New York Post  del 2016. “Bernie Sanders non è del tutto ebreo,” ha scritto. “E ‘ebreo – un ebreo non praticante, anti-israeliano, una specie, una sorta di ebreo…Che cosa è ‘sproporzionato’ circa le  reazioni di autoconservazione di Israele al fuoco di razzi sulle teste dei civili, Bernie?” Sanders, ha detto la Peyser, aveva “forgiato un marchio politico di estrema sinistra, schierandosi con odiatori ebrei e nemici israeliani, il che è ridondante “.

Ma anche Bernie Sanders può “attaccare” quando i membri del pubblico anti-israeliano lo interruppero nel Vermont, disse loro di stare zitti – era di per sé una provocazione alla supe -sinistra, che lo condannò immediatamente per essere stato filo-israeliano. Ha parlato dei pericoli di Hamas, ma ha anche condannato la proposta di una legge statunitense che punirebbe i boicottaggi contro Israele e le colonie israeliane in Cisgiordania (la Legge Anti-Boicottaggio di Israele) con la motivazione che danneggerebbe la libertà di parola in America.

Egli sta ora fustigando Trump per aver distrutto l’accordo nucleare iraniano, l’Arabia Saudita per la sua guerra nello Yemen e Israele per avere ucciso i palestinesi presso la recinzione della Striscia di Gaza. È persino critico nei confronti di quel messaggero dell’imperialismo giornalistico Thomas Friedman, per aver incolpato i palestinesi della loro stessa sofferenza. Quindi le cose non possono essere così brutte.

Naturalmente dovete ricordare l’infermità paralizzante della politica americana; la necessità assoluta di inchinarsi al potere quando non c’è nessuna alternativa; l’uso della parola “compromesso” invece di capitolazione, le pressioni personali che potrebbero essere usate contro un contendente presidenziale ebreo. Non sono sicuro che Bernie Sanders possa resistere a tutto questo. Ricordo ancora come il Giudice Richard Goldstone, una bravissima persona a proposito del quale ho scritto due settimane fa, credeva nella giustizia per i Palestinesi e scrisse in maniera molto eloquente riguardo alla loro sofferenza nella guerra di Gaza del 2008-2009,  nel suo voluminoso rapporto all’ONU. Tuttavia, dopo la pressione ricevuta dai gruppi ebrei e dalla sua stessa famiglia ebrea, Goldstone abiurò e voltò le spalle a coloro che si fidavano di lui.

Certamente Bernie Sanders conosce il Calvario di Goldstone, ma forse è più severo. Gli Arabi osserveranno Sanders, se saranno saggi, anche se sono ancora accecati dalle chincaglierie di Trump. Gli Israeliani, le cui vite dipendono dalla loro futura dipendenza dall’America, tanto quanto la loro dipendenza passata, potrebbero arrivare ad avere paura di lui.

Una certezza è che, se Sanders ha in mente di competere nel 2020, la complicità tra Stati Uniti-Israele in Medio Oriente è probabile che perda il suo status di tabù per molto tempo a venire.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte :https://www.counterpunch.org/2019/01/18/bernie-sanders-israel-and-the-middle-east/

Originale : The Independent

Traduzione  di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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