di Noah Weisbord e CJ Polychroniou

La guerra sta convergendo sul mondo e leader autocratici stanno minando a loro discrezione i controlli legali per lanciare attacchi all’estero. Con il primato della legge sotto minaccia la Corte Penale Internazionale ha recentemente definito e attivato per l’incriminazione un nuovo reato chiamato “crimine di aggressione”. Il crimine di aggressione – responsabilità dei capi per la pianificazione, preparazione, avvio o conduzione di una guerra illegale – ha cominciato a permeare sistemi legali internazionali, regionali e nazionali in tutto il mondo. Ma nell’era dei droni, degli attacchi informatici e degli autocrati è troppo poco e troppo tardi?

Noah Weisbord – docente associato di diritto alla Queen’s University e autore di The Crime of Aggression: The Quest for Justice in an Age of Drones, Cyberattacks, Insurgents and Autocrats  [Il crimine di aggressione: la ricerca della giustizia in un’era di droni, attacchi informatici, rivoltosi e autocrati] – ha lavorato presso il gruppo di lavoro della Corte Penale Internazionale che ha definito il crimine di aggressione.

Nell’intervista esclusiva a Truthout che segue, Weisbord discute l’eredità dei processi di Norimberga e i modi in cui Donald Trump può aver già violato la legge internazionale commettendo crimini di aggressione.

C.J. Polychroniou: I processi di Norimberga, tenuti tra il 1945 e il 1949, rappresentano una pietra miliare nello sviluppo della legge internazionale. Tuttavia, anche se dalla fine della Seconda guerra mondiale sono stati commessi molti gravi crimini di guerra, non abbiamo visto processi per crimini di guerra in circostanze ideali simili a quelli tenuti nella città bavarese di Norimberga. In tale contesto quale è stata l’eredità dei processi di Norimberga?

Noah Weisbord: L’eredità di Norimberga riguarda realmente la subordinazione di leader individuali al primato della legge in affari internazionali. La responsabilità penale individuale è una grave minaccia ai leader autoritari ed è per questo che loro fanno tutto il possibile per indebolire e delegittimare la Corte Penale Internazionale (ICC).

Il procuratore di Norimberga, Robert Jackson, fu scelto di persona dalla Corte Suprema degli Stati Uniti per collaborare con omologhi  inglesi, francesi e sovietici per progettare il Tribunale di Norimberga e agirvi da procuratore capo. Jackson intendeva che Norimberga servisse da modello per una corte penale internazionale permanente con giurisdizione mondiale, anche sui leader statunitensi. Ma sopravvenne la Guerra Fredda. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica non riuscirono ad accordarsi per ideare una corte penale internazionale né su una definizione perseguibile del “crimine supremo” di Norimberga, il crimine contro la pace – cioè la pianificazione, preparazione, avvio o conduzione di una guerra di aggressione – che oggi è chiamato crimine di aggressione.

La giustizia internazionale non è un tribunale all’Aja; è un movimento sociale dedito a rafforzare la legge e a chiamare leader potenti a rispondere di crimini contro i più vulnerabili.

Le superpotenze gareggiarono per ideare leggi internazionali che avrebbero servito da armi delle une contro le altre, ostacolandone i vantaggi militari. Durante la Guerra Fredda il procuratore di Norimberga Ben Ferencz, un personaggio chiave del mio nuovo libro, mantenne vivo un sogno. Ferencz promosse una corte penale internazionale e un crimine di aggressione perseguibile. Ferencz fu erroneamente trascurato come ingenuo e idealista nel suo periodo.

Ma la fine della Guerra Fredda vide la rinascita dell’idea di Norimberga, che cominciò a diffondersi in tutto il mondo, nel Tribunale sulla Jugoslavia, il Tribunale sul Rwanda, la Corte Speciale per la Sierra Leone, le Camere Straordinarie nelle Corti della Cambogia, il Tribunale Speciale sul Libano, i Giudici Speciali della Corte del Distretto di Dili, la Camera sui Crimini di Guerra della Corte della Bosnia e Erzegovina, la Giurisdizione Speciale per la Pace in Colombia, le Corti Penali canadese, tedesca, belga e francese e corti di giustizia di base “garaca” in Rwanda.

Nel 1998 il sogno di Jackson fu realizzato quando stati convocarono una conferenza multilaterale a Roma e crearono un corte penale internazionale con giurisdizione mondiale. Gli Stati Uniti cercarono di isolare il proprio esercito e i propri leader politici dall’incriminazione ed ebbero in parte successo, lasciando aperti viali per l’incriminazione di leader statunitensi che commettono genocidio, crimini contro l’umanità o crimini di guerra nel territorio di stati della ICC.

La giustizia penale internazionale non è situata in un’unica istituzione all’Aja che possa essere fatta cadere come la Lega delle Nazioni. Il precedente di Norimberga ha permeato istituzioni internazionali, regionali e nazionali ed è sostenuto da gruppi della società civile. Organizzazioni private specializzate quali la Commissione per la Giustizia e la Responsabilità Internazionale, fondata dal soldato canadese e investigatore di crimini di guerra Bill Wiley, sono riuscite a far uscire prove di atrocità dalla Siria e rivelatori e pirati informatici di tutto il mondo hanno strumenti sofisticati per raccogliere prove di piani aggressivi di guerrafondai negli USA, in Iran e altrove. La più vasta eredità di Norimbera è una “cascata della giustizia” internazionale, come la definisce la studiosa dei diritti umani Kathryn Sikkink. La giustizia internazionale si concepisce meglio come un movimento sociale che con un tribunale come quello di Norimberga in cui furono processati i più alti nazisti dopo la Seconda guerra mondiale.

Dopo Norimberga abbiamo sistemi legali sproporzionatamente usati per incriminare leader fuori da Stati Uniti e Europa e quali problemi suscita questo per la creazione di un giusto sistema legale davvero globale?

La tesi che la giustizia internazionale sia un’altra istituzione imperialista è controproducente. Certamente si è dimostrato difficile in misura frustrante perseguire leader di potenti stati nordamericani e europei sospettati di crimini internazionali, quali i dirigenti statunitensi implicati nella deliberata, sistematica tortura di detenuti in Afghanistan…

E’ facile dimenticare che la legge internazionale è profondamente conservatrice, basata sugli accordi che leader nazionali sottoscrivono per limitare il loro stesso utilizzo della forza militare in patria e all’estero.

La risposta non sta nell’attaccare la legge come illegittima – questo mina ulteriormente i pesi e contrappesi contro i potenti – ma nel rafforzare la legge internazionale e nazionale in modo che i potenti siano chiamati a rispondere. La giustizia internazionale non è un tribunale all’Aja; è un movimento sociale dedito a rafforzare la legge e a chiamare i potenti a rispondere di crimini contro i più vulnerabili.

Ritengo sia probabile che le prime cause di aggressione di leader occidentali potenti saranno degli auto-rinvii, come sono state le prime cause dell’ICC su crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il governo della Repubblica Democratica del Congo e l’Ugana rinviarono i loro territori alla ICC per indagare crimini di tutte le parti in un tentativo di bloccare cicli infiniti di violenze e rappresaglie. Immaginate il presidente Cory Brooker, Kamala Harris, Bernie Sanders o Elizabeth Warren che denunciano crimini dell’amministrazione Trump alla ICC. Forse ancor meglio: immaginate il Congresso che recepisca tali crimini nella legge nazionale statunitense e tribunali statunitensi che processino leader statunitensi per violazioni.

Nel suo libro ‘The Crime of Aggression’ lei sostiene che presidenti statunitensi recenti, da George H.W. Bush a Donald Trump, abbiano dovuto tener conto, anche se a modo loro, dell’ordine legale internazionale post Seconda guerra mondiale nell’impiegare la forza all’estero. Ma ci sono prove che i leader statunitensi citati e le loro forze armate abbiano commesso crimini internazionali così come definiti dalla Carta del Tribunale Militare Internazionale di Norimberga nel 1945. Questo non contesta la rilevanza della legge internazionale?

Tutti i leader mondiali, compresi questi, riconoscono la base legale post Seconda guerra mondiale per condurre una guerra. Ordinano ai loro legali di giustificare l’azione militare secondo tali termini. Quello che differenzia i leader è la loro strategia nel lottare con la legge, il che è un campo di battaglia distinto ed esigente come lo sono il deserto, la giungla o i territori urbani.

I leader, potenti o no, devono negoziare il terreno legale al fine di condurre una guerra, anche convincendo la popolazione della giustezza della guerra, convincendo alleati, convincendo tribunali nazionali e internazionali, acquistando armi, negoziando concessioni di basi all’estero. La legge non è soltanto un efficace limite formale al potere. Può rallentare i leader o assistere i loro obiettivi militari.

I presidenti Bush, Obama e Trump hanno ciascuno impiegato la forza militare all’estero, uccidendo uomini, donne e bambini. Le operazioni militari da loro ordinate hanno mutilato e reso invalide persone innocenti e distrutto intere comunità all’estero; poi sono stati festeggiati in patria per il loro patriottismo. Hanno autorizzato la tortura in una vasta rete di centri segreti di interrogatorio, approvato il bombardamento di matrimoni mediante droni controllati a distanza da uffici con l’aria condizionata negli USA e armato despoti stranieri nel soggiogare i loro stessi popoli.

E’ facile dimenticare che la legge internazionale è profondamente conservatrice, basata su accordi sottoscritti da leader nazionali per limitare il proprio uso della forza militare in patria e all’estero. Numerose delle uccisioni commesse dai presidenti Bush, Obama e Trump non costituiscono una violazione della legge internazionale poiché rientrerebbero nelle leggi di guerra nella categoria della “necessità militare” e le vittime di quella del “danno collaterale”. Molta dell’abominevole violenza in tempo di guerra è permessa in base alla legge internazionale. In un sistema globale nel quale non fossero il leader mondiali a disciplinare sé stessi e gli uni gli altri, gran parte di tale violenza sarebbe certamente definita criminale.

La raffica di Tomahawk di Trump contro la Siria non è stata né autorizzata né difensiva; è stata una rappresaglia e perciò illegale in base alla legge internazionale.

CI sono prove pubblicamente disponibili che dirigenti dell’amministrazione Bush, in particolare, sono stati implicati in crimini internazionali, compreso un importante rapporto del Senato statunitense.  La guerra dei droni del presidente Obama fuori dai campi di battaglia esistenti è stata legalmente dubbia. Dobbiamo ancora venire a conoscenza degli eccessi dell’amministrazione Trump, ma ci sono prove che Trump sta minando importanti pesi e contrappesi sugli attacchi con droni attuati da Obama nel suo secondo mandato. E’ sbagliato ricavare una falsa equivalenza tra questi leader. Se tutte le prove fossero scoperte, sospetto che vedremmo importanti differenza quando si tratta di commettere crimini internazionali.

Può specificare in quali modi Donald Trump ha già violato la legge internazionale commettendo crimini di aggressione?

Trump ha quasi portato gli Stati Uniti in guerra contro l’Iran il mese scorso, quando ha ordinato a caccia statunitensi di bombardare siti in Iran in reazione all’abbattimento di un drone statunitense di sorveglianza senza pilota da parte delle Guardie della Rivoluzione iraniane. Trump ha cancellato l’attacco dieci minuti prima dell’impatto perché ha deciso all’ultimo minuto che una stima di 150 morti non fosse proporzionata all’abbattimento di drone senza pilota. Non ha citato la carneficina che il leader supremo iraniano Ali Khamenei e il presidente del paese Hassan Rouhani, assieme a Hezbollah, Hamas e altri delegati avrebbero scatenato contro forze statunitensi, alleati e nemici percepiti in tutto il mondo se avesse bombardato l’Iran.

Nell’aprile del 2017, in reazione a un brutale attacco chimico contro civili in Siria, Trump ha ordinato un fuoco di sbarramento di 59 missili da crociera Tomahawk da navi da guerra contro il campo d’aviazione siriano di al-Shayrat, l’apparente origine dell’attacco. Si è trattato di un’avventata decisione unilaterale senza un corretto processo interagenzie o approvazione congressuale o consultazione con alleati o autorizzazione del Consiglio di Sicurezza o qualsiasi logica legale. Trump ha scelto non solo di ignorare la legge internazionale, ma anche di ignorare il Congresso e di affidarsi unicamente al suo potere presidenziale.

Critici Repubblicani lo hanno elogiato. Avversari Democratici hanno appoggiato le sue azioni. Regno Unito, Canada, Israele, Turchia e Giordania sono stati dalla sua parte. Gli attacchi di Trump alla legge internazionale hanno causato un contraccolpo, ma Trump ha imparato che quando ha fatto avanzare i loro programmi, ugualmente alleati e nemici hanno applaudito il suo violento attacco al primato della legge e hanno elogiato la sua accumulazione di potere autoritario.

Il crimine di aggressione non porrà fine alla guerra. E’ qualcosa di più modesto: un passo sensato nella direzione giusta.

Per sostenere con successo una causa di aggressione il procuratore della ICC deve provare molte cose. Deve provare che c’è stato un attacco armato di uno stato contro un altro; ad esempio bombardamenti, blocchi, attacchi alle forze armate di un altro stato, invio di attaccanti per procura contro un altro stato. L’attacco deve costituire una violazione “manifesta” della Carta dell’ONU. Perché la violazione sia “manifesta” il suo carattere, la sua gravità e portata devono superare soglie legali: un singolo sparo oltre un confine non sarebbe sufficiente, ma l’invasione dell’Iraq del 2003 a guida USA sì. Poi l’imputato deve essere un leader, una persona con un effettivo controllo dell’azione militare o politica di uno stato. Operazioni militari autorizzate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, quali l’intervento USA in Afghanistan dopo l’11 settembre, non costituiscono un’aggressione. Né lo fanno operazioni difensive in reazione a un attacco armato che siano necessarie e proporzionate.

La raffica di Tomahawk di Trump in Siria non è stata né autorizzata né difensiva; è stata una rappresaglia e pertanto illegale in base alla legge internazionale.

In generale lei è ottimista riguardo alla ricerca di giustizia in un’era di droni e di autoritarismo politico?

Come sempre i cinici continuano a deridere i tentativi di “sognatori” di rendere la legge internazionale più giusta e più efficace, dichiarando con sicurezza che questi sforzi ingenui non otterranno nulla o renderanno peggiori le cose. Come osserva Rebecca Solnit, antropologa del cinismo, i cinici provano orgoglio “nel non farsi prendere per il naso e nel non essere sciocchi”, ma il loro atteggiamento sprezzante che tutto è corrotto “pretende di stroncare ciò che alla fin fine giustifica”.

La mia speranza è che le modifiche post-Guerra Fredda all’ordine internazionale che riconcentrano la legge internazionale sui leader anziché su interi stati e rafforzano il controllo giudiziario del potere esecutivo contribuiranno a rendere la legge più giusta e più efficace. La mia preoccupazione è che questi cambiamenti allo status quo siano troppo poco e troppo tardi e che leader autocrati riusciranno a spingere popolazioni spaventate contro i pesi e contrappesi giudiziari.

Il crimine di aggressione recentemente attivato, ad esempio, ha il potenziale di promuovere la pace e il primato della legge, proteggere diritti umani e prevenire sofferenze, proteggere soldati dall’essere uccisi o mutilati in guerre illegali, offrire protezione contro l’aggressione di un altro stato, segnalare una rinnovato impegno alla risoluzione pacifica delle dispute, completare lo statuto della ICC e rendere lo statuto della ICC pienamente compatibile con la Carta dell’ONU.

Il problema più grosso sta nell’applicazione, ma la fine della Guerra Fredda ha condotto a un nuovo potenziale di arresti. Specificamente la proliferazione di sfere sovrapposte di autorità di polizia locali, nazionali, internazionali e transnazionali. Nuovi agenti della forza militare non statale, quali contraenti privati, hanno creato nuove possibilità di intervento. Gli stati possono arrestare i colpevoli sul proprio territorio, operatori della pace possono compiere arresti, e contraenti privati hanno compiuto arresti spettacolari di criminali di guerra all’estero. Nel mio nuovo libro ho un capitolo eccitante sull’arresto riuscito di leader per crimini internazionali.

Il crimine di aggressione non porrà fine alla guerra. E’ qualcosa di più modesto: un passo sensato nella direzione giusta, un monumento alla memoria delle vittime di un secolo violento un sollecito a ricordare la più elevata aspirazione dell’umanità che solo la nostra ragione può salvarci da noi stessi.

C.J.Polychroniou è un economista politico/politologo che ha insegnato e lavorato in università e centri di ricerca in Europa e negli Stati Uniti. I suoi principali interessi di ricerca sono l’integrazione economica europea, la globalizzazione, l’economia politica degli Stati Uniti e la decostruzione del progetto politico-economico del neoliberismo. E’ un collaboratore regolare di Truthout e anche membro del Public Intellectual Project di Truthout. Ha pubblicato numerosi libri e i suoi articoli sono apparsi in una varietà di riviste, periodici, giornali e siti giornalisti popolari in rete. Molte delle sue pubblicazioni sono state tradotte in numerose lingue straniere, tra cui croato, francese, greco, italiano, portoghese, spagnolo e turco. E’ autore di Optimism Over Despair: Noam Chomsky on Capitalism, Empire and Social Change, un’antologia di interviste a Chomsky in origine pubblicate presso Truthout e raccolte da Haymarket Books.

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fontehttps://zcomm.org/znetarticle/us-leaders-can-now-be-prosecuted-for-illegal-war/

Originale: Truthout

Traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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