Herman Hupfeld lascia raramente la cittadina di Montclair nel New Jersey, dov’è nato il 1 febbraio 1894 e dove vive insieme alla madre. E dove morirà l’8 giugno 1951, sei anni prima della signora Hupfeld. A volte, seppur di malavoglia, prende il treno e va a New York: quelle due ore scarse di viaggio sono il massimo dei suoi spostamenti. D’altra parte il lavoro di Herman è quello di scrivere canzoni: quindi ogni tanto deve proprio andare a Broadway. Non ha mai scritto un intero musical, ma Hupfeld è una sicurezza per i produttori di Broadway: se nel tuo spettacolo manca una canzone, la puoi chiedere a Herman; lui trova sempre le parole e le musiche di cui hai bisogno, è uno dei più bravi a scrivere una canzone che riesca ad adattarsi a quello che è già stato scritto.

Così, quando nell’estate del 1931 i produttori di Everybody’s welcome decidono di aggiungere una canzone per il personaggio di Polly, dal momento che Irving Kahal e Sammy Fain – che sono gli autori delle parole e delle musiche delle altre canzoni – sono già impegnati in un altro spettacolo, la chiedono a Hupfeld. Herman compone di solito al Robin Hood Inn, un locale di cui è cliente abituale. Mentre gli altri avventori bevono e giocano a carte, Herman si siede al pianoforte e scrive le sue canzoni. Lavora piuttosto velocemente e non ci mette molto a eseguire quella commessa. E’ piuttosto soddisfatto di quel suo lavoro, ma certamente non può immaginare che sarebbe diventata la sua canzone più famosa, anzi una delle canzoni più famose del mondo. Quel locale c’è ancora, si chiama Valley Regency e ci vengono celebrati dei matrimoni: c’è una targa per ricordare che proprio lì Herman Hupfeld ha scritto As time goes by.

Nello spettacolo di Broadway la canzone è cantata dalla giovane attrice Frances Williams, che sarà ricordata soprattutto per essere una combattiva attivista della comunità nera, una delle figure più rappresentative del sindacato degli artisti afroamericani e un esponente della sinistra radicale degli Stati Uniti; nel 1975 è delegata alla Conferenza mondiale delle donne a Berlino Est, nella Germania comunista, e sempre in quell’anno è l’unico americano a partecipare alle celebrazioni per l’indipendenza dell’Angola.

Nel 1931 la canzone è pubblicata da Rudy Vallée, che con la sua voce calda fa innamorare alla radio le ragazzine americane: quell’anno il disco ha un successo modesto, sarebbe rimasta una delle tantissime canzoni dimenticate degli anni Trenta se qualcuno non se ne fosse ricordato qualche anno dopo.

Tra quelli che hanno amato questa canzone c’è Murray Burnett, un giovane insegnante di New York. Ottenuta una piccola eredità Murray e sua moglie Frances nel 1938 decidono di fare un viaggio in Europa. In quell’occasione i Burnett, che sono di origine ebraica, cercano di aiutare alcuni loro familiari a lasciare l’Austria, ma si scontrano con l’ottuso disinteresse del console statunitense. Frustrati, prima di tornare in America, si fermano alcuni giorni a Cap Ferrat sulla Costa azzura, e in questa città capitano in un locale chiamato La belle aurore, dove suona un pianista nero nato in America. Chissà se a Herman sarebbe piaciuto questo caffé. Murray pensa che quel locale sia il luogo ideale per ambientare uno spettacolo teatrale. Due anni dopo Burnett scrive insieme a Joan Alison un dramma intitolato Everybody comes to Rick’s. Dovendo scegliere una canzone per raccontare l’amore tra Rick e Lois gli sembra naturale scegliere As time goes by.

Naturalmente gli sceneggiatori del film tratto dal lavoro teatrale di Burnett ed Alison decidono di tenere As time goes by: serve una “vecchia canzone”, qualcosa che Sam possa aver suonato per Ilsa e Rick dieci anni prima, a Parigi, una canzone sul tempo che passa.

A Max Steiner quella canzone proprio non piace. Steiner è nato a Vienna nel 1888, la sua famiglia si è sempre occupata di organizzare spettacoli teatrali e infatti Richard Strauss è stato il suo padrino. A Vienna è stato un bambino prodigio, ha studiato con Johannes Brahms e con Gustav Mahler. Poi scoppia la Grande guerra e Max arriva con trentadue dollari in tasca a New York: però sa suonare e Broadway lo accoglie a braccia aperte. Poi si trasferisce a Hollywood e comincia a comporre colonne sonore. Quando la Warner lo chiama per Casablanca Steiner è già famoso per le musiche di Via col vento.

Quando gli sceneggiatori gli dicono che al Rick’s Café Américain – un altro posto dove avreste potuto trovare un tipo strano come Herman – Sam canterà As time goes by, Steiner dice che non è adatta, ma non ha nulla di pronto con cui sostituirla. Max alla fine riesce a scrivere la “sua” canzone, ma ormai è troppo tardi. Ingrid Bergman si è già tagliata i capelli per interpretare Maria in Per chi suona la campana e quella scena non può più essere girata. Qualche anno dopo Steiner ammetterà che quella canzone deve avere un quid per essere così amata da tante persone.

In Casablanca è il cantante e attore Dooley Wilson a interpretare Sam, che canta – seppur riluttante, perché teme la reazione di Rick che non vuole più ascoltare quella canzone – As time goes by. Ma se te lo chiede Ingrid Bergman non puoi dire di no. Dooley è un batterista e quindi fa solo finta di suonare il pianoforte. Wilson viene pagato 350 dollari a settimana, una paga piuttosto modesta, considerato ad esempio che Sidney Greenstreet, che interpreta Ferrari, il capo del mercato nero della città africana – ma in Italia viene chiamato Ferrac – ne riceve 3.750 a settimana. E anche Wilson sarà molto attivo nel sindacato degli attori neri, insieme a Frances Williams.

Nonostante il successo del film, Dooley Wilson non riesce a registrare il disco. Il 31 luglio 1942 comincia un grande sciopero dei musicisti, che si rifiutano di incidere nuovi dischi, per chiedere una redistribuzione dei diritti alle grandi case discografiche. Lo sciopero dura due anni: sarà la più lunga lotta del mondo dello spettacolo. Però il pubblico vuole comprare il disco: Rudy Vallée – amato ormai dalle mamme che si ricordano di quando erano ragazze – si ritrova inaspettatamente in testa alla classifica con la sua vecchia registrazione di As time goes by.

Grazie al disco di Rudy Vallée, gli ascoltatori si accorgono che la canzone di Herman Hupfeld è introdotta da queste strofe.

This day and age we’re living in

gives cause for apprehension,

with speed and new invention,

and things like third dimension.

Yet, we get a trifle weary,

with Mr. Einstein’s the’ry,

so we must get down to earth,

at times, relax relieve the tension.

No matter what the progress,

or what may yet be proved,

the simple facts of life are such

they cannot be removed.

Chi l’avrebbe detto che in una canzone sarebbe saltato fuori Albert Einstein. Eppure nell’America degli anni Trenta era una figura molto nota, a suo modo pop.

L’età in cui viviamo / è motivo di apprensione / con la velocità e le nuove invenzioni / e cose come la terza dimensione.

Eppure, ci stanchiamo un po’ / con la teoria del signor Einstein / e dobbiamo scendere sulla terra / a volte per rilassarci e alleviare la tensione.

Non importa quale sia il progresso / o ciò che può essere ancora dimostrato / i semplici fatti della vita sono tali / che non possono essere negati.

Il fedele pianista di Rick ha eliminato tutto questo. Ricorderete senza’altro come comincia.

You must remember this

a kiss is just a kiss

a sigh is just a sigh

the fundamental things apply

as time goes by.

Sam ha capito tutto, e va subito al punto, canta per una donna e un uomo che si sono amati, si sono lasciati, ma si amano ancora, anche se non sono disposti ad ammetterlo, visto che il tempo è passato. Ma le cose davvero importanti sono sempre lì.

Ti devi ricordare questo / un bacio è solo un bacio / un sospiro è solo un sospiro / rimangono le cose davvero importanti / quando il tempo passa.

Con buona pace della teoria della relatività, credo che Sam abbia fatto proprio bene a tagliare tutto. E dopo tutti la canteranno così. Perché l’unica cosa che conta davvero sono gli occhi innamorati di Ilsa. As time goes by.

p.s. e poi non ci sono parole… basta guardarli e ascoltarli

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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