Brasile Le lotte del passato – che hanno quasi portato allo sterminio di uno di questi 14 gruppi indios – sono state abbandonate in nome di un obiettivo più ampio: combattere quelle che considerano le minacce dell’amministrazione di Jair Bolsonaro all’Amazzonia.

L’elenco delle preoccupazioni espresse, durante la riunione durata 3 giorni, comprende i piani del governo per autorizzare l’assegnazione a imprese, l’estrazione mineraria su terre indigene e le azioni che incoraggerebbero le invasioni di cercatori e disboscatori sui loro territori, nonché la contaminazione da pesticidi dei fiumi locali.

È stata una specie di Assemblea Generale dell’ONU delle popolazioni della foresta dello Xinguan, l’incontro che ha avuto luogo la scorsa settimana nel villaggio di Kubenkokre nella terra indigena di Kayapós Menkragnoti e che ha riunito rappresentanti di 14 gruppi etnici indigeni e di 4 riserve fluviali del bacino dello Xingu.

La regione occupa lo stato Pará e Mato Grosso ed è una delle ultime parti conservate dell’Amazzonia orientale. I dati del bollettino Sirad-X, indicano che la regione ha perso 68.900 ettari di foresta – equivalenti alla superficie del Salvador – tra gennaio e giugno 2019.

“Oggi abbiamo un nemico, che è il governo brasiliano, il presidente del Brasile e le invasioni dei non indigeni”, afferma Mudjire Kayapó, uno dei leader presenti, alla BBC News Brasile. “Avevamo problemi interni tra di noi, ma per combattere questo governo, ci siamo uniti”.

L’organizzazione dell’incontro ha comportato una logistica complessa. Gli indigeni hanno lasciato i loro villaggi per recarsi nelle città più vicine, dove sono stati raccolti da autobus noleggiati.

Missione di pace

Il gruppo più grande, gli Xingu con circa 12.000 membri, ospita l’incontro, ed ha voluto sigillare la pace con i suoi vicini per sempre. “Non ripeteremo gli errori del passato, d’ora in poi saremo uniti”, ha detto Kadkure Kayapó, uno dei capi del villaggio.

Un risultato dell’evento è stata la creazione di un consiglio tra le organizzazioni partecipanti per unificare le richieste e semplificare la loro articolazione politica. I Kayapós hanno anche cercato di rafforzare le alleanze con altri gruppi in un momento in cui le persone sono divise.

L’assedio dei cercatori d’oro

Per Doto Takakire, uno degli ospiti dell’evento, la proposta del governo di aumentare le miniere nelle terre indigene ha reso purtroppo alcuni leader disponibili alle pressioni dei cercatori, che offrono denaro in cambio del permesso ad operare nei territori.

“Dopo che (alcuni leader indigeni) vedono e ricevono i soldi facili, diventano dipendenti e non vogliono più lavorare. È umano: succede agli indigeni e ai non indigeni”.

Le divisioni causate dai cercatori d’oro

I leader indigeni favorevoli ai cercatori d’oro non sono stati invitati alla riunione.

Durante la 3 giorni il discorso che ha causato la maggior commozione è stato tenuto da Bepto Xikri il quale ha detto che dall’inizio dell’anno, circa 400 cercatori e disboscatori operano sul suo territorio e che le comunità sono spaventate e non sanno come agire. Immediatamente, due capi di Kayapós si sono alzati ed hanno promesso di inviare guerrieri per espellere gli invasori, ricevendo applausi da tutti.

L’Alleanza contro i bianchi e Bolsonaro

Due leader presenti hanno detto alla BBC che i conflitti con i Kayapó sono stati superati.

“In passato noi abbiamo ucciso uomini dei kayapó, ed i kayapó hanno ucciso nostri compagni, abbiamo anche combattuto con il popolo kayabi, ma non sapevamo ancora cosa stesse succedendo riguardo ai bianchi, non sapevamo ancora di quella minaccia”, afferma Sinku Panará nella sua lingua.

“Pertanto abbiamo deciso di calmarci, di riconciliarci, parliamo di nuovo tra di noi e non ci combatteremo più. Perché c’è un interesse comune tra di noi a combattere uniti in modo che i bianchi non ci uccidano tutti”. Sinku ha affermato che la vittoria di Bolsonaro ha incoraggiato un riavvicinamento ancora più stretto tra i gruppi indigeni che erano nemici.

“Gli altri presidenti del Brasile avevano una preoccupazione leggermente maggiore per le nostre terre. Questo che è arrivato ora (Bolsonaro), non è preoccupato riguardo a ciò, la sua unica preoccupazione è quella di prenderci tutto ciò che abbiamo e di farla finita con noi. Questo è il motivo per cui stiamo parlando tra di noi.”

Sinku dice di essere preoccupato “per gli alberi, l’acqua, i pesci, per i non indigeni che vogliono venire nella nostra terra in cerca di queste cose. Non voglio vedere l’acqua contaminata dai cercatori d’oro, dall’industria estrattiva, non voglio veder morire i pesci. Ecco perché sono venuto qui: per parlare coi miei compagni”.

Altra grande preoccupazione per gli indios è l’arrivo della agricoltura industriale con l’uso massivo di pesticidi.

Secondo l’ONG Greenpeace, nei primi sette mesi del 2019, il Ministero dell’Agricoltura del governo Bolsonaro ha rilasciato 290 nuovi tipi di pesticidi. È il numero più alto per questo periodo dell’anno da almeno un decennio.

Traduzione rete solidarietà rivoluzione boliviana

https://www.bbc.com/portuguese/brasil-49528317

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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