Un animale in un angolo è un animale pericoloso. Le élite di Washington, con il declino terminale del loro “secolo americano” e l’impero globale che hanno costruito, si sono ritrovate in un angolo per niente comodo, e sono quindi diventate sempre più imprudenti e pericolose nei loro processi decisionali.

A complicare esponenzialmente la faccenda c’è il fatto che in quell’angolo e in mezzo alla disperazione di Washington, si ritrovano in possesso di migliaia di armi nucleari e con un crescente disinteresse per i trattati tesi a limitarne sia l’uso sia la proliferazione.

La minaccia nucleare non espressa

Le guerre commerciali altamente distruttive, le guerre reali e le interferenze politiche e/o economiche in cui gli Stati Uniti sono impegnati in tutto il mondo stanno creando un impatto negativo e molto tangibile sul globo. Nonostante gli alti costi delle politiche sempre più dirompenti di Washington e la preminenza con cui si affermano nei titoli quotidiani, il pericolo maggiore è forse rappresentato dalla minaccia nucleare di un ordine politico sempre più sconsiderato.

Eppure tutto questo viene spesso minimizzato, fatto correre o lasciato completamente nel dimenticatoio.

Le decisioni politiche incrementali che abbracciano le amministrazioni presidenziali di George Bush Jr., Barack Obama e Donald Trump hanno visto la fine di due importanti trattati sulle armi nucleari firmati con l’Unione Sovietica e la Federazione Russa. Non solo questi trattati sono stati stracciati unilateralmente dagli Stati Uniti, ma quest’ultimi hanno immediatamente preso quei provvedimenti che questi trattati cercavano specificamente di prevenire, come il circondare la Russia di sistemi anti-missilistici per impedire a Mosca di lanciare una rappresaglia nucleare sulla scia di un ipotetico primo attacco degli Stati Uniti, minando l’intera premessa della distruzione reciprocamente assicurata [MAD] e la chiave di volta della deterrenza nucleare.

Il nuovo START (Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche) sta per scadere nel 2021, e i politici a Washington sembrano avere scarso interesse a rinegoziare la sua estensione o la sua sostituzione con un trattato simile o migliore.

Secondo Reuters nel suo articolo [in inglese] del 2017, “Esclusivo: in linea con Putin, Trump ha denunciato il trattato sulle armi nucleari dell’era Obama”, afferma che:

Nella sua prima telefonata da presidente con il leader russo Vladimir Putin, Donald Trump ha denunciato un trattato che limita lo schieramento di testate nucleari negli Stati Uniti e in Russia come un cattivo affare per gli Stati Uniti, secondo due funzionari statunitensi e un ex funzionario americano a conoscenza della chiamata.

Mentre molti potrebbero relegare la denuncia di Trump come un’estensione del suo sfacciato stile di leadership, essa si adatta perfettamente ad un processo incrementale di ritiro unilaterale degli Stati Uniti da una serie di trattati fondamentali sulle armi nucleari, un processo progressivo quasi mai menzionato nei mass media statunitensi.

Washington passeggia deliberatamente verso una pericolosa minaccia nucleare

Nel 2002, il presidente degli Stati Uniti George Bush Jr ritirò unilateralmente gli Stati Uniti dal Trattato sui Missili Anti-Balistici (Trattato ABM). A questo seguirono immediatamente gli sforzi degli Stati Uniti per circondare la Russia con sistemi antimissile progettati per ostacolare qualsiasi ritorsione nucleare russa.

Poi nell’agosto 2019, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è ritirato dal Trattato sulle Forze Nucleari a Raggio Intermedio (Trattato INF). Nonostante il nome di Trump sia associato al ritiro, il processo di preparazione al ritiro e quello dello sviluppo dei sistemi d’arma proibiti sotto di esso è iniziato durante l’amministrazione del presidente americano Barack Obama.

Subito dopo il ritiro degli Stati Uniti dal trattato, furono svelati sistemi missilistici di portata intermedia sviluppati negli Stati Uniti; sistemi che sicuramente erano in fase di sviluppo molto prima del ritiro degli Stati Uniti dal trattato.

Apparentemente, indipendentemente da chi è il presidente e qualunque sia la loro presunta politica estera, esiste una singolare continuità nell’agenda volta ad allontanare gli Stati Uniti dai controlli sulle armi nucleari e verso un futuro di sconsiderate posizioni nucleari che tentano di ribaltare il concetto di deterrenza nucleare e generare una pericolosa corsa agli armamenti con armi più nuove, più veloci e più sofisticate che ridurranno i tempi di reazione necessari per prevenire o reagire ad un primo attacco nucleare.

Mentre è ancora improbabile che gli Stati Uniti vogliano mai lanciare un primo attacco nucleare, la probabilità di errate comunicazioni che portano a uno scambio nucleare accidentale è ora aumentata. Perché gli Stati Uniti dovrebbero correre questo rischio? Chi ne sta beneficiando?

Ma è una minaccia nucleare redditizia

Per cominciare, ogni nuovo sistema di armi militari degli Stati Uniti richiede ricerca e sviluppo finanziati dai contribuenti statunitensi, con ovvi vantaggi per l’enorme complesso militare industriale americano. La produzione, il dispiegamento e la manutenzione di questi sistemi d’arma sono allo stesso modo molto redditizi per quei produttori di armi come Lockheed Martin e Raytheon che hanno sviluppato i sistemi missilistici finora proibiti dai trattati ABM e INF, così come dal New START.

Iniettare miliardi su miliardi verso i produttori di armi, gli stessi che hanno i mezzi lobbistici necessari per cambiare la politica estera degli Stati Uniti compresa la sua posizione su vari trattati che inibiscono lo sviluppo e il dispiegamento di sistemi d’arma complessi e molto costosi, è una motivazione molto ovvia per il ritiro degli Stati Uniti dai vari controlli posti dai trattati sulle armi nucleari. Ma questa non è l’unica motivazione.

Posizionare sistemi anti-missile e sistemi missilistici di primo attacco a raggio intermedio nelle nazioni vicine alla Russia fa parte di un processo di trasformazione di queste nazioni in appendici del potere militare americano.

In quanto tali, non solo questi sistemi missilistici sono schierati insieme al personale militare statunitense per mantenerli e gestirli, ma si sviluppa una rete di cooperazione inter-militare più profonda attorno al processo di dispiegamento di tali sistemi. La cooperazione militare periferica porterà indubbiamente ad un aumento dell’impronta militare degli Stati Uniti in queste nazioni, nonché all’approfondimento dell’interoperabilità tra l’esercito americano e gli eserciti delle nazioni che ospitano truppe e sistemi missilistici statunitensi.

Logicamente questo si traduce in addestramento congiunto, una presenza di ufficiali favorevole ai mezzi e ai metodi degli Stati Uniti in crescita nelle nazioni ospitanti , nonché alla vendita di armi statunitensi non correlate ai vari trattati nucleari da cui gli Stati Uniti si sono ritirati e dai sistemi missilistici che di conseguenza hanno dispiegato .

In altre parole, citando una minaccia nucleare inesistente dalla Russia per seminare isteria e panico, e utilizzandoli come impulso per dispiegare sistemi missilistici statunitensi per “affrontare la minaccia”, consente agli Stati Uniti “di mettere un piede sulla porta” per quanto riguarda un molto più ampio coinvolgimento militare nelle nazioni lungo le periferie della Russia.

Ancora la stessa zuppa che, in primo luogo, ha portato al declino americano

A Washington, questo è immaginato come un mezzo per invertire la tendenza al declino dell’influenza americana in Europa, da usare come modello per salvare la propria presenza in declino, di fronte a Pechino, anche in Asia-Pacifico.

In realtà, è semplicemente ancora di più dello stesso tipo di belligeranza non costruttiva e insostenibile che ha contribuito al declino americano, quella che funge da rimpiazzo per quella che dovrebbe essere la concorrenza industriale, economica, finanziaria e socioculturale americana e la collaborazione tra le nazioni del mondo invece di questo tentativo, sempre più inutile, di affermare l’egemonia militare americana sul mondo.

L’America non surclasserà la capacità industriale della Cina né supererà la saggezza diplomatica di Pechino o Mosca distruggendo i trattati, schierando missili e usando entrambi come scusa per una ulteriore espansione militare in Europa o in Asia orientale.

In considerazione di ciò, descrivere gli Stati Uniti come incastrati e disperati sembra del tutto appropriato. La vera speranza è che gli interessi particolari, quelli che si aggrappano e traggono vantaggio da questa pericolosa politica, continuino a svanire come una forza nel dirigere il futuro dell’America e che altri interessi più costruttivi, emergendo nel panorama socio-economico americano, spostino sia loro sia le loro politiche.

Nel frattempo, nazioni come la Russia e la Cina, prese di mira dalla visione sempre più spericolata dell’America sulle armi nucleari, possono costruire una nuova architettura politica per creare controlli ed equilibri riguardanti le nuove armi nel contesto della deterrenza nucleare. Ciò minerebbe ulteriormente gli attuali interessi particolari che guidano la politica americana e li esporrebbe ancor più come irresponsabili e come criminali e ladri internazionali, facendo pressione su di loro o su coloro che potrebbero sostituirli affinché adottino nuovi e più efficaci controlli sulle armi nucleari.

In caso contrario, si potrebbe avere un effetto a cascata tra le nazioni alla ricerca di armi nucleari nel disperato tentativo di creare una deterrenza contro una minaccia militare statunitense sempre più allarmante, sia nucleare che convenzionale. Gli investimenti in armi a livello globale reindirizzano le risorse lontano dalle infrastrutture e dal progresso socio-economico reale e sostenibile.

Pertanto, anche se l’attuale minaccia alla guerra nucleare è minima, l’attuale politica di belligeranza di Washington è ancora molto costosa per la pace, la stabilità e il progresso globali. È costoso non solo per gli avversari di Washington, ma anche per il popolo americano che continuerà a sovvenzionare società come Lockheed e Raytheon mentre, all’interno, le infrastrutture civili, l’assistenza sanitaria e l’istruzione continuano peggiorare.

*****

Articolo di Gunnar Ulson pubblicato su Land Destroyer il 22 gennaio 2020
Traduzione in italiano di Pappagone per SakerItalia

[le note in questo formato sono del traduttore]

http://sakeritalia.it/mondo/la-disperazione-di-washington-porta-alla-proliferazione-nucleare/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy