Zurigo, 14 giugno 1917

Cara Nadja,

sono davvero molto arrabbiata. So bene quanto sia difficile la condizione di noi donne, quanta fatica faccia ciascuna di noi per dimostrare quello che vale, ne abbiamo parlato tante volte, però quando ascolto una storia come quella di Mileva divento davvero furiosa. E mi prende anche lo sconforto: non so se riusciremo a sconfiggere questo stato di cose. Non so se la vita di Lotte, di Margit e delle bambine della loro età sarà diversa.
Oggi ho conosciuta Mileva. È venuta da Franziska per farsi aggiustare un vestito e ci ha raccontato la sua storia. È una donna molto forte e determinata, nonostante tutto quello che le è successo: ti sarebbe piaciuta. Ma è anche molto amareggiata.
È nata in Serbia. Il padre era un ufficiale dell’esercito austro-ungarico e quindi la sua famiglia si è spesso spostata da una città all’altra, ma, nonostante questo, è sempre riuscita a studiare. Con ottimi risultati. A diciassette anni è stata ammessa al ginnasio reale di Zagabria: la prima ragazza a poter frequentare quella scuola. Dopo due anni, ha deciso di trasferirsi qui in Svizzera, perché le università sono aperte anche alle donne. A ventun’anni è stata ammessa al Politecnico, la quinta donna a superare quell’esame. In quell’anno era l’unica donna e con lei c’era anche Albert Einstein. Ha sempre avuto ottimi voti, per un semestre è stata anche in Germania, all’università di Heidelberg: lì era solo un’uditrice, perché le donne non sono ammesse come studenti. Tornata qui a Zurigo ha continuato a studiare, sempre con ottimi voti, intanto si è fidanzata con Einstein. Però alla fine non è riuscita a laurearsi. Al momento dell’esame aspettava un bambino e si vedeva, non era sposata, e la commissione, tutta di uomini naturalmente, l’ha bocciata.
A questo punto è stata costretta a tornare dai genitori per far nascere sua figlia. Credo tu possa immaginare cosa è successo: per evitare la scandalo la bambina è stata affidata a una nutrice e Mileva non sa più nulla di lei. Quindi è tornata a Zurigo e si è potuta sposare. E da quel momento quella donna così brillante è stata soltanto la moglie di Einstein e la madre dei suoi figli. Ne ha due, che adesso hanno tredici e sette anni. Sono stati prima a Berna, poi a Praga, ancora a Zurigo, infine a Berlino, seguendo la carriera universitaria di Einstein. E non solo lei cucinava, teneva la casa, si occupava dei figli, ma aiutava anche il marito nelle sue ricerche. Nel periodo di Berna in particolare Einstein per vivere lavorava all’ufficio brevetti e questo non gli lasciava il tempo per il suo lavoro, che Mileva conduceva a casa, tra una faccenda e l’altra.
A Berlino Mileva ha scoperto che il marito la stava tradendo e, nonostante questo, Einstein le voleva imporre di rimanere con lui, come una serva. Ci ha detto della lettera che il marito le ha scritto nel ’14. Mileva avrebbe dovuto far finta di nulla: continuare a preparargli i pasti, a pulire e a tenere in ordine i suoi vestiti e la sua stanza. E non avrebbero dovuto più avere alcun tipo di relazione, addirittura la lettera si chiudeva con: “smetterai di parlare, se io ne farò richiesta.”
Per fortuna Mileva ha avuto il coraggio di lasciarlo e adesso vive con i figli qui a Zurigo. Sta portando avanti le pratiche per il divorzio, ma la sua situazione è davvero difficile. Einstein non le manda soldi per mantenere i figli e lei adesso non riesce più a lavorare. E poi Einstein è un uomo famoso, presto gli daranno il premio Nobel, e lei è solo una moglie tradita e frustrata, lei è solo una donna. Nel mondo accademico, tra i vecchi compagni di università, sono tutti dalla parte di Einstein. Mileva è una donna sempre più sola. E poteva diventare una grande scienziata, poteva vincere lei il Nobel. Pensa che talento sprecato: cosa avrebbe potuto scoprire. E quante donne vivono la sua stessa condizione. Non possono studiare. Non possono lavorare. Quante donne come Mileva abbiamo perso. E anche nel partito non riusciamo a far passare queste tesi. Ho provato a parlare con Giulio di quello che è successo e lui ha alzato le spalle, ha detto che Einstein è un grande uomo. No, Einstein è un bastardo.
Scusa per questo sfogo, ma non so a chi altro poter raccontare la mia rabbia.

Helga e Franziska ti abbracciano.

Tua “sorella” Adelaide

continua… 

per chi se le ha perse, ecco la “puntate precedenti“…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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