di Matt Stoller

“I nostri fondatori non si chinarono davanti a un re e noi dovremmo chinarci davanti agli imperatori dell’economia in rete”. E’ così che il parlamentare David Cicilline ha avviato la rimarchevole audizione di mercoledì del sottocomitato antitrust, in cui quattro amministratori delegati della tecnologia – Tim Cook di Apple, Mark Zuckerberg di Facebook, Sundar Pichai di Google e Jeff Bezos di Amazon – hanno finalmente dovuto rispondere a domande riguardo a come operano le loro attività. E le risposte da loro offerte non sono state piacevoli. Il termine usato sia da Repubblicani sia da Democratici per descrivere le loro imprese è stato dominanza e con i membri che hanno scodellato le prove che avevano raccolto in un’inchiesta dello scorso anno è facile capire perché.

Quasi ogni momento delle quattro ore di audizione ha offerto un’illustrazione sorprendente della misura del cattivo comportamento di queste imprese. Si prenda Amazon, il cui CEO, Jeff Bezos, è parso spesso preso alla sprovvista e inconsapevole delle pratiche della sua stessa azienda. La parlamentare Lucy McBath ha fatto ascoltare un audio di una venditrice su Amazon che descriveva in lacrime come la sua attività e i suoi mezzi di sussistenza erano stati arbitrariamente distrutti dalla restrizione delle vendite del suo prodotto da parte di Amazon, per nessun motivo che la venditrice potesse identificare. Bezos si è mostrato sorpreso, come ha fatto spesso. Il parlamentare Jamie Raskin ha presentato una e-mail di Bezos che, a proposito di un’acquisizione, affermava che: “Stiamo comprando posizioni di mercato, non tecnologia”. Bezos ha poi ammesso che Amazon compra società puramente per la loro “posizione di mercato”, dimostrando che molte delle centinaia di acquisizioni attuate da queste società tecnologiche sono state probabilmente illegali.

Mark Zuckerberg ha dovuto confrontarsi con sue stesse e-mail in cui aveva segnalato che l’acquisto di Instagram da parte di Facebook era stato attuato per rilevare un concorrente. La sua reazione è stata che non ricordava, ma che immaginava di star probabilmente scherzando quando aveva scritto ciò. Una parlamentare nella rosa dei candidati alla vicepresidenza di Joe Biden, Val Demings, ha chiesto a Zuckerberg perché limitava gli strumenti di Facebook a concorrenti quali Pinterest, ma non a non concorrenti come Netflix. Non ha avuto risposte. Il parlamentare David Cicilline ha chiesto della promozione di discorsi incendiari da parte di Facebook e degli utili realizzati dalla successiva vendita di pubblicità. Zuckerberg ha deviato su punti di discussione riguardanti la libertà di espressione e Cicilline lo ha bloccato: “Questo non è un problema di espressione, si tratta del suo modello aziendale”.

La dominanza dell’alta tecnologia ha conseguenze gravi. Gli Stati Uniti hanno perso migliaia di canali mediatici a causa della concentrazione delle entrate pubblicitarie nelle mani di Google e Facebook; due terzi delle contee statunitensi oggi sono privi di quotidiani. La nazione ha perso 100.000 imprese indipendenti dal 2000 al 2015, un crollo del 40 per cento, in gran parte dovuto allo sfruttamento da parte di Amazon di vantaggi legali, dall’elusione dell’imposta sulle vendite alla sua apparente violazione delle leggi antitrust offrendo prezzi più bassi dei rivali. Centinaia di migliaia di commercianti dipendono oggi dalla piattaforma di Amazon per vendere merci e Amazon ha sistematicamente aumentato loro le commissioni. Solo pochi anni fa questi commercianti terzi pagavano ad Amazon il 19 per cento delle loro entrate; oggi arrivano al 30 per cento che, per coincidenza, è quanto la Apple chiede a centinaia di migliaia di produttori di applicazioni che devono arrivare agli utenti di iPhone. Non è un segreto il motivo per cui la creazione di piccole aziende è crollata dall’ultima crisi finanziaria; l’innovazione fiscale di queste piattaforme giganti. E poi c’è la paura. Ho scritto di aziende piccole e medie timorose di farsi avanti con racconti di come sono state prevaricate mediante contraffazioni o commissioni inique da parte dei Golia. Come una mi ha raccontato della sua relazione con Amazon: “Sono un ostaggio”.

Fortunatamente le voci di piccoli uomini d’affari timorosi di rappresaglie sono arrivate attraverso i loro leader eletti. “Pago il 20 per cento del mio reddito alla Zio Sam e il 30 per cento alla Apple”, ha segnalato un membro del Congresso di aver saputo da uomini d’affari. Il parlamentare Ken Buck, Repubblicano del Colorado, ha parlato di uno dei pochi uomini d’affari coraggiosi che hanno testimoniato apertamente mesi fa, il fondatore di PopSockets, che era stato costretto a pagare due milioni di dollari alla Amazon solo per farle smettere di consentire che sulla piattaforma fossero vendute contraffazioni dei suoi articoli. Un’altra parlamentare Repubblicana, Kelly Armstrong, è entrata in dettagli sull’uso di Google del tracciamento per svantaggiare i concorrenti nella pubblicità, con l’adesione della Democratica Pramila Jayapal, che ha chiesto al CEO di Google perché la società continui a dirigere le entrate pubblicitarie alla propria rete di proprietà invece di trasmettere il traffico pubblicitario al risultato migliore disponibile.

In continuazione i CEO hanno avuto risposte simili. Non so. Mi informerò. Non sono a conoscenza di ciò. O lunghi tentativi sconclusionati di deviare, seguiti da membri del Congresso che li interrompevano per ottenere risposte alle domande precise. Ho imparato due cose dalle reazioni sorprendentemente fiacche di questi uomini potenti. Prima: per anni non avevano dovuto avere a che fare con domande reali a proposito del comportamento delle loro imprese, se mai era accaduto, e dunque non erano pronti a rispondere. E, due, i responsabili dell’antitrust degli ultimi quindici anni, risalendo alle amministrazioni Bush e Obama, sono fortemente colpevoli della concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di queste società. Le e-mail e le informazioni che il Congresso ha scavato fuori erano disponibili a tali responsabili che ciononostante hanno provato una fusione dietro l’altra e si sono rifiutati di opporre censure al comportamento anticoncorrenziale.

E’ raro vedere il Congresso coprirsi di gloria ma, che lo crediate o no, questo è ciò che è successo. Anche se alcuni Repubblicani, come il membro di base Jim Jordan, hanno trascorso l’audizione strillando a proposito della presunta persecuzione dei conservatori sui media sociali, la maggior parte del sottocomitato si è concentrata su problemi aziendali reali. Persino la maggior parte dei Repubblicani concentrata su pregiudizi anticonservatori ha riconosciuto che la capacità di limitare voci conservatrici è emersa in funzione del potere del mercato.

Come ha detto David Cicilline: “Queste società, come esistono oggi, hanno un potere monopolistico. Alcune devono essere frazionate, tutte devono essere disciplinate appropriatamente e chiamate a rispondere”. E poi ha citato Louis Brandeis che disse: “Possiamo avere la democrazia in questo paese, oppure possiamo avere grande ricchezza concentrata nelle mani di pochi, ma non possiamo avere entrambe le cose”.

Matt Stoller è l’autore di ‘Goliath: The 100-Year War Between Monopoly Power and Democracy’.

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/big-tech-moguls-and-misdeeds-in-the-spotlight/

Originale: The Guardian

Traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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