Ad agosto c’è che riposa sul balcone di casa, chi va in vacanza in Croazia o in Grecia e ne ritorna col souvenir del Covid-19, chi è troppo giovane per badare a tutte le precauzioni contro il virus e si lascia andare al disordine inevitabile della movida, della necessità del contatto fisico, dello struscio discotecaro, magari anche del ballo romantico.

Tante elusioni delle limitazioni di movimento, di divertimento e di fuoriuscita dalle case e dall’asfittica presenza della mascherina sono state incentivate dall’irresponsabilità personale dei cittadini e dal difficile dialogo tra Stato e Regioni che, reclamando queste ultime la propria autonomia, finiscono per agire in ordine sparso. Se sarà gloria, se la terranno; se sarà infamia, la riverseranno sulle responsabilità di governo. E’ così semplice il giochetto dello scaricabarile…

Una responsabilità non da poco la hanno anche i cosiddetti “negazionisti“, comunque l’area dei critici verso le spiegazioni scientifiche, di chi pensa che esista tutto un grande complotto e che magari la Terra sia pure piatta mentre tutti gli altri pianeti del sistema solare sono belli tondeggianti. Di per sé tutti costoro sarebbero classificabili nella categoria dei buffoni di corte moderni: nuovi giullari che saltimbancano per alimentare le insicurezze sociali e per alterare anche quel minimo di affidamento alle cosiddette “evidenze scientifiche“. Un gioco alla destabilizzazione democratica, fatto con altri mezzi, ma dal sapore antico…

Nel definire il quadro delle cause di una nuova risalita dei contagi, evidenti nel tracciare la curva degli attualmente positivi al nuovo coronavirus, tanto i comportamenti di ognuno di noi quanto la caotica gestione politico-burocratico-tecnica da parte dell’esecutivo e dei presidenti di Regione sono a fondamento di una mancata linea nazionale di difesa contro quella che viene definita “la seconda ondata“. Che è probabile, che si sta verificando a macchia di leopardo in molti Stati europei e che preoccupa per tutti gli effetti morali, civili, democratici ed economici che potrà determinare.

Fino ad oggi, con tutta probabilità, abbiamo vissuto di rendita: i mesi della quarantena, marzo, aprile e metà maggio, hanno circoscritto la diffusione della pandemia e l’illusione della protezione dal virus dataci dal calore estivo ha giocato emozionalmente, portando moltissimi a ritenere ormai conclusa la fase più dura di lotta contro il pericolo del contagio.

Si è avuto timore di organizzare sagre e feste di paese, che potevano benissimo svolgersi con tutte le dovute tre precauzioni di base (distanziamento di almeno un metro, mascherina da indossare laddove non si può ottemperare al primo dettame sanitario e, infine, lavarsi per bene le mani tante volte al giorno), e ci si ritrova ora davanti ad un interrogativo che nemmeno sarebbe da porsi se balenasse un poco di senso civico negli amministratori, piegati invece nella genuflessione verso quelle che, molto enfaticamente, vengono chiamate “responsabilità economiche”.

La domanda che rimbalza da Roma verso i capoluoghi regionali è: tenere aperte o chiuse le discoteche? Attorno a questo amletico dubbio ne ruotano altri minori ma pur sempre importanti. Perché, si sa, a Ferragosto, discoteche aperte o chiuse, la gente si riversa nelle spiagge anche di notte, accende grandi falò e fa grigliate, beve, prova a divertirsi in tutti i modi. Legittimamente, se non ci fosse il Covid-19.

In questi giorni basta girare un po’ per le riviere per rendersi perfettamente conto che siamo oltre il periodo di preoccupazione che riguardava i cosiddetti “assembramenti dei Navigli“. La situazione è sfuggita di mano, è ingestibile soprattutto perché non esiste una direttiva unica, che valga su tutto il territorio della Repubblica e che assuma i connotati di una norma civica, di rispetto reciproco che, se messa in pratica dall’inizio, avrebbe probabilmente evitato la timida risalita della curva degli attualmente positivi che, giorno dopo giorno, marca sempre il segno positivo davanti ai numeri registrati.

Questa norma avrebbe dovuto essere la decisione di far indossare le mascherine sempre, anche all’aperto, visto che vivendo quotidianamente in città affollate, è ovvio che dietro l’angolo ci si possa incrociare e scontrare con una o più persone o che si debba passare su un marciapiede tra corridoi di gente che conversa qualcuno con, qualcuno senza la mascherina.

Chi indossa la mascherina all’aperto sempre, è l’esatto opposto dell’ipocondriaco: è semmai il simbolo dell’altruismo e del senso di responsabilità tutto altruistico. Chi si copre naso e bocca, infatti, protegge soprattutto chi non porta alcuna mascherina, ma da quest’ultimo non è affatto, per nulla protetto.

Non è stata fatta una campagna di comunicazione adeguata soprattutto nei confronti delle famiglie e dei giovani: su cento che incontro per strada, almeno 95 si comportano come se tutto fosse normale, come se esistesse una sorta di immunità speciale per loro. Continua la moda di indossare la mascherina al braccio che, va detto, non starnutisce, né tossisce mai. Il braccio no, proprio mai.

Preoccupante è l’incapacità da parte del governo di prendere decisioni in merito che uniformino i comportamenti senza essere imposizioni rigide. Se, del resto, esistesse anche un univoca voce scientifica in merito e i virologi parlassero, almeno sull’utilizzo dei dispositivi di prevenzione, chiaramente, senza troppi se e senza tanti ma, è probabile che i cittadini ascolterebbero. Sicuramente molto di più sarebbero presi in considerazione i messaggi dei medici rispetto a quelli dei tanto odiati “politici“.

Tutta, ma proprio tutta la mala gestione nell’indirizzo politico di un civismo da mettere in pratica da nord a sud la si riscontra nella contraddizione che ci vede in pieno stato di emergenza, prorogato tra mille polemiche, e il mantenimento delle discoteche aperte, il consentire che le mascherine siano usate a discrezione, secondo valutazione soggettiva. Mentre incalza l’ennesimo sfruttamento di una situazione infelice per scopi meramente elettorali, mentre le destre sovraniste attribuiscono ai migranti la nuova ondata di contagi, sono proprio i nostri connazionali ad introdurre il virus nel Paese dopo essere stati in vacanza in Grecia, Croazia o dopo aver fatto grigliate affollate da oltre quaranta persone.

Intanto la curva degli attualmente positivi sale un pochino ogni giorno e si vede una tendenza che, naturalmente, si spera si stabilizzi, si fermi e torni a scendere. Ma se così non fosse, non accusate i migranti di aver portato il virus in Italia: accusate voi stessi che non avete, nemmeno in questo momento, un briciolo di coscienza civica, di responsabilità morale, di solidarietà sociale e civile.

Il Presidente Mattarella ha coniato una frase che dovremmo ripeterci spesso in quel che resta di questo disgraziato 2020: “La libertà non è il diritto di far ammalare gli altri“. Niente altro da aggiungere. Buona estate, comunque.

MARCO SFERINI

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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