Nell’articolo di fondo di Andrea Fabozzi apparso sulle colonne del “Manifesto” il 26 agosto , prendendo spunto dall’intervento del Presidente della Repubblica al meeting di Rimini, si pongono i temi decisivi della convivenza politica e sociale in un quadro, come quello italiano, contraddistinto da tempo da una crisi verticale delle forme delle democrazia: crisi che sta fornendo un pericoloso sbocco a destra (descrizione semplificata, ma certo efficace).
Si scrive di ricchezza alla diversità, di “no” ai muri, solidarietà, antifascismo e Costituzione.
Il punto che deve essere compreso che tutto ciò va riconquistato con il conflitto, non può essere garantito da una qualche figura istituzionale: questi temi debbono vivere nella lotta politica, corrispondere a identità ideali, muovere nel profondo la società.
Si pone la questione delle modalità del conflitto a tutti i livelli istituzionale, politico, sociale.
Debbono essere poste in discussione sia le capacità di produrre iniziativa da parte dei nuovi movimenti sociali, sia la dimostrazione di sintesi tra conflitto e proposta storicamente esercitata dai partiti (compito cui hanno abdicato ormai da tempo) quanto l’espressione istituzionale della rappresentanza politica.
Ci si trova, insomma, a un punto di svolta della stessa crisi della democrazia liberale.
Si evidenziano così domande non facili cui fornire risposte lineari:
Dove possono stare i termini del conflitto, superata la stagione della materialità immediata della contraddizioni sociali ormai estesisi a una complessità di “fratture” fin qui non valutate nell’elaborazione dell’analisi teorica e politica? . Dove potrebbero stare, in questo quadro, i termini della ribellione?
In una sottrazione individuale ai canoni della sorveglianza imposta o in un recupero dell’identità collettiva legata alle contraddizioni sociali?
Potrà risultare ancora possibile il richiamo all’organizzazione politica intesa come strumento per la realizzazione di una mediazione intesa come collocata oltre, come si vorrebbe oggi, al tecnicismo giuridico, alle “regole” (si confronti la risposta fornita qualche giorno fa dalla Presidente del Consiglio alla Segretaria del PD sul tema della “disumanità”?
Vanno poste le domande decisive sul nodo della legittimità del potere e del conflitto.
Ed è su questo che, a mio giudizio, sarebbe necessaria una riflessione teorica adeguata, anche se l’urgenza della quotidianità impone visioni di ben più corto respiro.