Gabriele Germani

Il vecchio centro a trazione anglo-americana sta vedendo l’ascesa di un nuovo polo, l’area estremo-orientale in particolare, e le dinamiche di azione e reazione stanno generando gli effetti che vediamo, dall’Ucraina, al Niger, passando per il Medio Oriente.

Il nuovo ciclo multipolare

Ci sono almeno due livelli di dinamiche sociali rilevanti per l’equilibrio del potere in una società:

– La dinamica interna: a sua volta divisa in lotta di classe (lotta tra chi detiene il potere economico e chi non lo detiene); lotta tra capitalisti (competizione tra aziende private dello stesso paese); lotta dentro la classe dirigente (questa è più rara e di solito avviene nei periodi di crisi, sarebbe più corretto forse parlare di “spaccatura della classe dirigente”):

– La dinamica esterna: lotta tra stati, aziende, gruppi di capitalisti o gruppi finanziari di Stati o alleanze rivali.

La storia degli ultimi 150 anni ci mostra chiaramente come le rivoluzioni siano possibili unicamente durante periodi di spaccatura della classe dirigente globale (URSS I Guerra Mondiale, Cina II Guerra Mondiale, Vietnam e Cuba Guerra Fredda). Nei periodi di unione, gli Stati del centro (i più potenti economicamente e militarmente) tendono infatti a ristabilire l’ordine reazionario (dalla Comune di Parigi fino al Guatemala nel 1954).

Questa valutazione è fondamentale per capire l’importanza del nuovo ciclo multipolare anche all’interno delle dinamiche sociali interne.

Il vecchio centro (tradizionalmente rappresentato dall’area Nord Atlantica di Europa + Nord America) sta vedendo l’ascesa di un nuovo polo (l’area estremo-orientale in particolare).
Abbiamo visto come durante un ciclo egemonico, una determinata area raggiunge l’apice e poi il declino del proprio potere e benessere:

– Migliora il tenore di vita generale, aumentano i salari e i consumi; – Questo fa calare la competitività del lavoro e degli investimenti che si spostano dalla produzione alla finanza;
– Lo spostamento finanziario genera bolle e disoccupazione;
– Nuovi centri egemonici si affermano nel mondo spingendo in alto la spesa militare e diplomatica;
– Le tensioni interne portano all’affermazione di leader radicali per risolvere la crisi interna e estera;
– La classe dirigente si spacca: default, guerre, guerre civili, rivoluzioni, colpi di stato.

Il centro del presente (passato prossimo?) ordine mondiale è stata l’area Nord Atlantica degli USA (anche all’interno dei singoli Stati si possono trovare un centro, una semiperiferia e una periferia) che ora vede sorgere rivali esteri (CinaBRICS), i rischi di una crisi economica globale, rischi interni (terrorismo) e un paese spaccato (gli stati repubblicani dell’interno sono contro quelli della costa).

Il capitalismo da sempre pone in essere i germi della sua crisi:
Sul finire degli anni ’60, gli USA raggiunsero l’apogeo del proprio potere (missioni Apollo e diffusione della musica pop e del cinema USA nel mondo), da lì -inclusa l’illusione unipolare degli anni ’90- è stata una battaglia di contenimento.

Negli anni ’70, in sequenza si vide la guerra dei 6 giorni (Arabi VS Israele), la crisi petrolifera (OPEC vs OCSE), Allende in Cile, la morte di Franco (fine fascismo in Spagna), la rivoluzione dei garofani in Portogallo (quasi socialismo), l’indipendenza delle colonie lusofone (socialismo in Mozambico e Angola), la rivoluzione iraniana, i sandinisti in Nicaragua, lo scioglimento della CENTO.

La reazione della classe dirigente americana fu: lo stop alla conversione dollaro-oro; la diplomazia del ping-pong con la Cina comunista (l’introduzione della Cina nel mercato mondiale e un fiume di denaro), il sostegno assieme alla Cina a Pol Pot contro i comunisti filo-vietnamiti in Cambogia; la distruzione della Teologia della Liberazione in Latam (finanziamenti e sostegni programmati alle missioni protestanti).

Negli anni ’80 e ’90, la politica neoliberista generò una serie di crisi valutarie in tutti i paesi del Terzo Mondo (Messico, Brasile, Asia) e visto che le due dinamiche (interna ed esterna) sono sempre collegate, il centro cercò di recuperare in competitività tagliando i servizi e comprimendo i salari (lotta di classe vinta dai ricchi).

Oggi con l’ascesa dei BRICS e la grande crisi (prima di tutto sociale) che scuote l’Occidente raccogliamo i frutti di questo tramonto prolungato. La Cina aiutata in funzione anti-sovietica è oggi attore di primo piano; il Brasile dopo le crisi valutarie è diventato un produttore agricolo e manifatturiero competitivo; l’opinione pubblica occidentale impoverita non compra più e non fa più figli

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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